~ Capitolo 2 ~

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Durante il viaggio in auto verso il proprio appartamento, Stephanie dovette trattenersi molto. Nella sua mente ormai era affollata solo da una serie di brutti ricordi.

Iniziò a sentirsi a disagio. Stretta in quel corpo, in quella vita, in quel nome con cui era stata marchiata a pelle per tutti quegli anni.
Preda di quei pensieri, avvolta sempre di più da un velo di sconforto e agitazione, iniziò a sentirsi sempre più debole. Sola. Inutile. Sbagliata.
Le sembrava di non riuscire a respirare, e davanti a se non riusciva a vedere nient'altro che quella notte. Sentiva nelle orecchie i suoni, rumori, le urla che la circondarono. E tutto ciò che poteva fare per contrastare quelle sensazioni, fu il tentare di respirare regolarmente, dirottando sempre il pensiero su qualcos'altro.

Questo suo stato d'animo si fece così evidente che, durante il tragitto, Adrian se ne accorse. Era seduto di fianco a lei e, inizialmente, pensava fosse uno sfogo silenzioso di rabbia nei confronti del padre. Ma poi iniziò a notare la sua gamba tremare, tamburellare sul tappetino dei sedili posteriori come se stesse suonando la batteria; poi colse la direzione del suo sguardo che, con cadenza costante,  veniva spostato da fuori del finestrino alle sue mani strettamente intrecciate; infine, la vide torcersi le dita fino a far cambiare tonalità alle punte, tirare le pellicine sulle stesse facendo fuoriuscire piccole gocce di sangue.
Gli venne istintivo portare lo sguardo verso lo specchietto centrale, nella speranza di incontrare quello dell'autista, anch'esso un bodyguard. Era normale che si comportasse così? Ma dal collega non arrivò nessuna risposta. Né un cenno, né un'occhiata rassicuratrice. Niente.
Appena incontrò lo sguardo di Adrian, si limitò a riconcentrarsi sulla strada, come se niente fosse. Gli sembrò strano quel comportamento. Visto il rapporto che la giovane aveva mostrato con tutti i dipendenti della casa, e l'affetto che questi avevano mostrato di rimando, non si aspettava certo indifferenza davanti alla tensione della ragazza.

Ma dei pensieri, nemmeno tanto celati, dietro lo sguardo attento del bodyguard, Stephanie nemmeno vi fece caso. In quella macchina c'era solo lei. Lei e quel silenzioso e invisibile mostro che le faceva accapponare la pelle pur non vedendolo.
L'angoscia divenne così forte dentro di se che, quando finalmente la macchina si fermò, con un veloce saluto si fiondò fuori dalla vettura.

Con le dita tremolanti e il battito accelerato, aprì a fatica il portone. Voleva chiudere fuori tutto. Ogni cosa. Così, con un gesto secco, spinse il battente per richiuderlo. Il solo gesto l'aiutò a prendere fiato. Almeno fino a quando, con prontezza di riflessi, Adrian non ne bloccò la corsa a metà. Stephanie si voltò subito, non sentendo il classico rumore metallico e il conseguente echeggiare per l'androne.
Ebbe subito a che fare con il petto del bodyguard e, trattenendo il respiro, sollevò lo sguardo su di lui. Le sconfinate pianure contenute nei suoi occhi furono immediatamente prese ostaggio dal freddo, crudo e duro ghiaccio.
Adrian, nel momento in cui aveva visto fuggire la giovane verso il palazzo, si era affrettato a raccogliere il proprio borsone e a raggiungerla.
Era stato solo per un soffio se era arrivato a bloccare il battente in vetro prima che si chiudesse. Lui la sovrastava da ogni punto vista e, con le sue pozze gelide, congelava e distruggeva ogni tumulto interiore di Stephanie.
In quel breve intervallo di secondi ebbero la sensazione che il tempo rallentasse.

«Tuo padre ti ha affidato alla mia supervisione ventiquattr'ore su ventiquattro. - iniziò lui in tono di spiegazione, riconoscendo nello sguardo di lei della confusione e paura. - Perciò, spero che tu abbia due camere da letto.» Concluse cercando di essere simpatico.

Stephanie indurì la propria espressione. Aveva sperato che, pur avendo un bodyguard, ci sarebbe stato un confine ben delineato oltre cui lui non avrebbe potuto andare. Un confine segnato dall'ingresso del proprio appartamento. Stephanie sospirò irritata e sentì il proprio corpo riscaldarsi dalla rabbia repressa. Così, lanciando una rapida occhiata all'ascensore, si piegò in avanti per slacciarsi i tacchi.

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