«Ci vediamo domani Stephanie. Fa attenzione ritornando a casa.»
Stephanie alzò la mano in un gesto di saluto verso l'amica e collega di studi dai capelli neri, mentre saliva in auto.
Non appena chiuse la portiera, posando sul sedile del passeggero la propria borsa, si legò in una coda disordinata i propri boccoli castani e inserì la chiave nel cruscotto.New York non è mai stata una città dalla facile viabilità. Non a caso chiunque vi abiti sconsiglia di muoversi per la città nelle ore di punta. Ma Stephanie poteva farci ben poco. Tra le lezioni dell'ultimo anno di medicina, quelle di pratica, e quelle che doveva recuperare a causa del lavoro, non poteva che immettersi in strada a quell'ora.
Vittima della stanchezza, la ragazza sospirò pesantemente. Il volume alto dell'ultimo brano degli Imagine Dragons copriva il fastidioso suono dei clacson impazziti e, soprattutto, e dell'incessante vibrazione del proprio telefono.
Stephanie si costrinse a guardare fuori dal finestrino, per distrarsi al nome che lampeggiava sullo schermo. Impegnò i propri pensieri, invece, a programmare la conclusione di quella estenuante giornata.
Spogliarsi. Infilarsi nella doccia. Togliersi di dosso la stanchezza fisica e mentale di due giorni intensi all'università. Fare un pasto, più o meno, decente. Se possibile studiare qualcosa. Mettersi a letto.
Ore dopo, quando finalmente riuscì a parcheggiare la propria auto di fronte casa, Stephanie salì i tre piani che la separavano dal suo appartamento velocemente. E altrettanto velocemente si precipitò in casa.
Ben presto l'acqua calda percorse svelta le curve morbide e piene del suo corpo.
Il vapore caldo appannava il vetro della doccia formando un lieve scudo contro il mondo esterno, ed ogni muscolo del proprio corpo si rilassò confortato dal tepore.
Sentiva scivolare via, giù per lo scarico, insieme al sapone e al sudore accumulato nelle ultime ore, ogni singolo problema e peso che si trascinava dietro.Fu difficile, una volta uscita dalla doccia, stabilire quanto vi fosse rimasta dentro.
Ma dovette rimanervi a lungo visto che, oltre alle consuete telefonate che si ripetevano da una settimana, ve ne erano anche svariate da una delle poche persone che contavano davvero qualcosa per lei.
Sorridendo serena, mentre si dirigeva in cucina, Stephanie richiamò l'ultimo numero nel proprio registro chiamate.
Tre squilli, non uno di più, furono necessari perché dall'altro capo del telefono le rispondesse una voce calda.
< Signori e Signore ecco a voi la resuscitata Stephanie Walker! - disse imitando la voce di una folla in visibilio. - Cara sorellina vuoi forse concedere ai giornalisti qualche ulteriore informazione sul tuo, momentaneo, decesso? >
Stephanie rise sommessamente a quelle parole e, sentendo il fratello fare lo stesso, non poté che chiudere gli occhi e immaginarlo come fosse lì di fronte a lei. I capelli sempre arruffati, gli occhi marroni, e il suo scintillante piercing al labbro che tanto fece arrabbiare il padre.
Stephanie ricordava nitidamente quel giorno. Suo padre, alla vista di quel ripugnante oggetto che adornava il volto del figlio, con gli occhi ridotti in due fessure l'aveva sbattuto fuori di casa per quasi un mese. Non che, in realtà, per il fratello fosse un problema. Viveva da solo da più o meno un anno in quel periodo. Ma l'evento era emblematico per comprendere il padre. Non a caso la ragazza lo considerava uno dei motivi predominanti per cui il fratello si era trasferito in Francia.
< Sai bene che ho un pessimo rapporto con la stampa. - rispose ridacchiando. - Occupatene tu fratellone. > Disse mentre, stancamente, apriva il proprio frigo in cerca di qualcosa da riscaldare.
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Bodyguard
ChickLitA New York, pochi sono i nomi che contano davvero qualcosa. Che sono sempre al centro dell'attenzione, che difficilmente passano inosservati. Uno di questi è proprio quello dei Walker. E nessuno sa cosa significhi essere un membro di questa famigl...