Prologo

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4 anni fa.

"Se hai bisogno di aiuto rivolgiti a qualcuno che possa aiutarti.
Noi possiamo farlo.
Noi siamo il tuo aiuto.
Crollare è normale, il supporto richiesto è del tutto giustificato.
Ricorda, non sei solo. Hai solamente bisogno di comprensione."

Nella noia più totale, feci in rassegna ad ogni post motivazionale appeso su quella parete.

Scrutai i pazienti fuggire scossi, dopo una seduta da quel dottore.

Lo temevo, sapevo fosse la mia cura.

E ciò ingannava la mia mente.

Lei non voleva essere accudita.

Preferiva vagare dirompente in una giungla di problemi mentali.

Ero consapevole fosse profondamente contorto desiderare che scoppiasse un incendio proprio in quel momento.

Affinché le assidue e ripugnanti strilli di tutti; uomini, donne e bambini. Coprissero le mie di voci.

Forse, se tutti avrebbero disdegnato la vita, intricandosi in schiamazzi colmi di terrore, non le avrei più sentite.

Questi erano pensieri rivolti alla mia coscienza.

Non sarebbero usciti da me.

Oppure molto probabilmente mi avrebbero preso per un pericolo.

Magari lo ero veramente.

Un'assassina in fermo mentale.

Avevo deciso di andarci da sola, nonostante mia madre si fosse proposta di accompagnarmi, insistentemente.

Dietro il suo invito, giravano delle suppliche che preferì ignorare.

Solo un mostro poteva lasciare sua madre alle grinfie di bastardo, come mio padre.

Ma io lo ero. Non avevo nessuna intenzione di condividere con qualcuno i miei orribili pensieri, i pianti, le cadute, l'acqua bollente, la droga, l'alcol.

Quantomeno, quello psichiatra poteva arrivarci anche se io sarei stata in un selettivo silenzio.

Appoggiai il capo sul muro, tirando la testa indietro.

Avrei voluto schiantare la scatola cranica sul cemento. Ripetutamente, con forza. Asfissiando la capacità di poter formulare uno di quei pensieri.

La porta del suo ufficio, venne spalancata.

Un ragazzino, poco più piccolo di me.

Presentava chiazze di un rossiccio anomalo nelle pupille. Aveva pianto molto.

Rincorse sua mamma, che lo accolse a braccia aperte.

Stringendolo, come se avesse vissuto una vera e propria tortura.

<<Non voglio più ritornare da lui.>>

<<Mamma ti prego!>> Gridò silaniato sopra il collo della donna.

La signora esterreffata. Nel tragitto dimenticò la borsa, su una sedia al mio davanti.

Nessuno gli fece notare questo particolare, ognuno tacette, compresa io.

Mentre inghiottì un terzo pezzo della mia coscienza.

Di questo passo, ne sarei rimasta sprovveduta.

<<Signorina Hardy, tocca a lei.>>
Il tono di voce accogliente della segretaria.

Mi ricordò per cosa fui li.

Perché hanno tutti paura di lui?

Ammisi, di essere leggermente nervosa.

Gli ultimi avvenimenti, non mi avevano rassicurato molto.

Children of the nightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora