Rosevelt.
13 anni fa.
Ricordo fossero le 9 di sera.
Al cipiglio vidi il tetro di un salone.
Con una sala totalmente oscurata dalle ombre.
Non ebbi sonno, non sapevo neanche cosa significasse dormire.
Mamma, era esigente però.
La sua paura, nacque un giorno; quando mi addormentai distrattamente in classe.
Il rimprovero della maestra, segnò particolarmente mia madre.
<<Mamma.>> Sussurrai in un filo di voce poco acuta.
Non passò molto tempo, quando si precipitò in mia direzione.
Fu inquieta.
Chinai il capo giù, avanzando un piccolo libro rettangolare che stringevo con amore fra le manine.
"Le 10 favole per una buonanotte spaziale."
Mamma lo prese fra le mani e, sorrise.
Il suo labbro era secco, con qualche screpolatura.
Lo sguardo era stanco, lei aveva più sonno di me.
Si rifugiò in quella vestaglia di finta seta grigio spento. Che comprò il giorno prima, in un negozietto sotto casa nostra.
Notai, non avesse indossato nulla sotto il tessuto superficiale.
Io dal canto mio, invece; avevo addosso un pigiama molto pesante.
Era lana, ricamato con cura dalla stessa donna che con riluttanza mi guardava con un espressione persa.
<<Vuoi che te ne legga una?>> Chiese, conoscendo già la risposta.
Annuì, con una scintilla imprudente di speranza nata dal piccolo desidero che portavoce, nascondevo ad ogni essere vivente.
Mi diede la sua grande mano, il primo impatto fu il freddo.
Era gelida, tanto che strinsi il palmo pur di donarle il mio calore.
Condummo la strada che portava nella mia microscopica stanza.
Non proferì parola mamma e, di conseguenza nemmeno io.
Lasciai al vento, il buon motivo per ululare.
E alla pioggia, l'onore di un canto esoterico.
Mi gettai sul letto, non troppo comodo.
Fino a sotterrarmi di coperte a non finire.
Temevo i fastidiosi brividi, insinuanti.
La donna accanto a me, si distese vicino al mio corpicino imbottito.
E percepì il viso più rilassato, quando venne avvolta da un mesto calduccio.
<<Oggi ti racconterò la storia più bella di tutti.>> Promise con un luccichio al tono di voce.
Entusiasta, sorrisi naturalmente come mai capitava.
<<Tanto tempo fa; esisteva un mondo dove la natura forgeva una guerra contro l'industrializzazione. Che frettolosamente, stava compiendo giri remoti intorno alla realtà degli abitanti.
Macchine volanti, con ali intagliate oro.
Teletrasporti con tanto di capello parlante, dove elencava le destinazioni prefissati. Insomma, la tecnologia stava conquistando le case degli ormai, schiavi padroni di questo immenso circuito. Ma fortunatamente, o forse. Per grazia di un buon Dio, a cui prese cuore un destino in particolare; in quel delirio di caos, perdite di alberi a capofitto e fauna straziata da un urgente fame. Malattie incombenti l'intera società. Viveva una ragazzina, con un talento soprannaturale; per molti. Altri invece, pensavano fosse un angelo mandato dal paradiso per salvare la terra. Lei era un tutt'uno con ciò che più di verde. Non si ammalava mai, perché l'ossigeno che le sue piante le regalavano era sufficiente per abbattare i microbi e i batteri del tossico marcio fumo, che pullulava le città. Era ritenuta immortale, come i suoi splendenti capelli biondi lucenti. E le sue meravigliose iridi, che ricordavano profondamente l'ebrezza marina. Una volta, ella stava passeggiando con spensieratezza in un piccolo prato. Con un cane al suo fianco che seguiva ogni suo passo. E un sorriso tanto bello, quanto vero. Ad un certo punto, la ragazzina vide una signora poco più avanti di lei. Che la osservava, con una beata sensazione. Le due si guardavano e, ed ella capì che quella donna fosse la proprietaria di quel prato, molto probabilmente. Ma la signora esclamò una frase, che non aveva mai sentito da nessun altro. "Hai gli occhi di una gatta, signorina". Tutto si fermo, la ragazzina con i capelli biondi, ne uscì perplessa da quelle parole espresse. Cosa poteva mai significare? Occhi di gatto, era qualcosa di totalmente inaspettato. Tantè, che per un istante notò un gatto camminare allegramente d'avanti a lei. O magari, la riposta di quella domanda. Era dentro di lei. I gatti, sono animali molto furbi, seducenti ma ciechi, in qualche modo. Loro vivono dentro un mondo di fantasia. Creano loro, il posto dove andranno a vivere. Allora l'angelo capì, alzò lo sguardo sopra di lei. E la realtà, gli venne presentata con piatto molto caldo. Il fumo, le urla, il petrolio, era tutto un disastro. Osservò sotto di lei e, non c'era più un prato. Ma la terrà diventò arida, di un marrone molto essiccato. Il cagnolino alla sua destra, non era un animale. Ma una lattina di metallo, incollata in qualche strano modo sotto la sua scarpa. Lei non sapeva di questa vita. Tutte le sue certezze, erano crollate. La sua verità, era diventata bugia. Allora li, presa da un moto di rabbia. Decise di ribellarsi. Si rifiutava di diventare parte del sistema. Scappò via da tutto, si precipitò in quella che chiamava casa. Una capanna, che a poco, cadeva a pezzi con un soffio. Raccolse le sue cose, lo stretto necessario e, il cibo che le rimaneva. Trasportò la lattina fra le sue braccia, fuggendo con innumerevoli lacrime decadenti nelle sue iridi. Camminò per interi gioni, si dice addirittura che passarano mesi. La destinazione era un posto del tutto pieno di fauna e flora. Alcuni dicono che ci riuscì, che la lattina divenne un cane. E la terra arida un prato verde. Mentre gli oppositori ribadiscono che la ragazzina non riuscì a raggiungere il suo sogno. Questa storia sarà un mistero. Ma una cosa è certa, miei cari lettori: La ragazzina nella sua immaginazione, ha sempre vissuto nel suo posto preferito.">>
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Children of the night
Romance"Posizionò il coltello tagliente, di argento, nella mia falange. La lama, pericolosamente affilata. Era salda sulla mia pelle. Chi era lui? Intravedevo due grosse mani stringere il manico del pugnale. Sentivo, la sua presenza premere sul mio corpo...