Capitolo 100. Carta maledetta

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N/A: mi scuso per l'orario ma avevo l'università stronza e un progetto che devo ancora finire e sono in ✨ansia✨.

Come se prima non avessi ansia già per l'università.
GRAZIE MONDO.
Vabbè.
Buona lettura!


<Sembra una qualche sorta di sensore.> tentò Kiku.
<Beh, c'è solo un modo per scoprirlo!> esclamò Rosa, sorridendo maniacale. Roteò le falci evocate poco prima, per paura che più tempo trascorrevano lì, più il blocco anti-magia si rafforzasse.

Corse contro il muro, spiccò un salto e iniziò a scalare, facendo leva sulle braccia, contratte dallo sforzo, slanciandosi con i piedi nei piccoli pertugi che aveva appena creato con le sue falci.

In fretta, ben più abile d'un qualsiasi scalatore umano, anche professionista, s'avvicinò al sensore.
Fino a che questi non pulsó di una luce nerastra e non la scacciò via come una mosca molesta con una forte onda d'urto.
Tanto forte che venne sbalzata dal muro e cadde nel vuoto tra le urla sue e dei sottostanti, incapaci di fare magia o bloccati.

<Rosa! > fu l'urlo più forte degli altri mentre una scia rossastra si avvolse attorno a Rosa, rallentando la sua caduta.
Tutti si girarono mentre osservarono Rita, faccia contratta, mentre faceva levitare la ligure fino a terra. Quando interruppe la magia si appoggiò al suo bastone ed esaló un profondo respiro.

In fretta venne raggiunta dal resto del gruppo. E qualcuno (ossia Carmela, Vincenzo e Michele) si fiondarono sugli altri due della famiglia, entusiasti, mentre il resto del gruppo era occupato con altro.

<È scappato il morto?> domandò infatti Alfred.
<Ehi, mi volevi morta?!> s'infuriò Rosa, per cercare di ignorare come il suo cuore battesse ai mille all'ora per la scampata morte.

<No!?> si difese argutamente lo statunitense. Intanto il resto dei due gruppi si riavvicinò e si unirono e mischiarono.

<Riesci ancora a usare la magia?> si stupí invece Sofia, ispezionando Rita alla ricerca di qualcosa.
La sarda fissò un attimo il proprio bastone e poi scosse la testa. Confessò: <No, già sento il legame debolissimo.>

<E stessa cosa vale per me. Suppongo anche per te sia la stessa cosa, mate?> indagò Arthur, guardando Angela.
L'umbra strinse le mani a pugno e, dopo lunghi secondi, dovette annuire.

<Comunque sono solo io o non sembra casuale che entrambi i nostri passaggi portassero qua?> chiese Vincenzo, cambiando discorso.
<Assolutamente no. Ci vogliono mettere tutti insieme così siamo più facili da distruggere.> borbottò Yao.

<Ma militarmente è sempre o quasi valso il motto "Dividi et impera".> ribatté Maurizio.
<Beh, non è questo il punto!> contrattaccò il cinese, incrociando le braccia al petto <Il fatto che nessuno qua dentro riesce a fare magie, siamo bloccati e non riusciamo ad avvicinarci a qualcosa che potrebbe aiutarci!>

<Come sapete del sensore? Siete appena arrivati-> notò Henrique.
<Si sentiva dalla galleria che parlavate. Ci dispiaceva interrompere il vostro ragionamento.> illustrò Francis.

<A me sembrava che te ed Alfred e qualcun altro volevate-> ma Matthew venne interrotto da un secco, mascherato da frivolo, «Non è importante!» di Francis.

<E comunque!> s'introdusse Giorgio <Non è che siamo totalmente a corto di magia! Ci sono io!>
E dopo qualche secondo aggiunse: <E anche Bruno, anche se meno bene. E anche tutti voi che normalmente avete la magia, ma con molta più fatica. Basta dire che carta serve e, se ce l'ho, sarò così gentile da darvela!>

<Come se non riguardasse anche te.> lo punzecchiò Aleksander che, "stranamente", rimase impunito.
<Beh, quell'oggettino ha respinto la piccola furia.> obbiettó Ivan <Bisogna capire come evitare che riaccadda.>

<Secondo me ha una qualche sorta di campo che respinge qualsiasi essere estraneo al suo creatore. Basta un semplice incantesimo di disillusione o confusione o trasformazione e il gioco è fatto.> tentò Arthur.
<Di sicuro è la migliore opzione. E non mi sembra così assurda.> lo supportò Angela.

<Quindi la domanda è banale: Giorgio, hai una carta che confonda, trasforma o qualsiasi cosa era l'altra parola difficile?> domandò Giuseppe, mentre Giovanna borbottava che sapeva benissimo come si diceva "disillusione" e che sapeva benissimo cosa significava, anche se venne ignorata.

A tale domanda tutta la spavalderia del veneto se ne andò per un istante, il volto che impallidì. Poi s'accigliò e mentì: <Non ho una carta del genere!>

<Perché cazzo stai mentendo?> fu l'onestà domanda di Francesca.
<Non sto mentendo!> ribatté il settentrionale, petulante come un bimbo.
Aleksander, avendo intuito il perché, provò a poggiare una mano rassicurante sul braccio di Giorgio.
Provò pure a distogliere l'attenzione, ma prima che potesse effettivamente parlare, arrivò la provocazione tagliente di Carlo: <Che problemi hai? Perché non vuoi darci questa benedetta carta? Vuoi trovare Feliciano o no?>

<Certo che lo voglio ritrovare!> esclamò Giorgio, offeso che il lombardo avesse insinuato il contrario.
<E allora perché non ci dai questa insulsa carta?> incalzò Carlo.

<Perché la sto già usando!> strillò il veneto.

Un attimo di silenzio. Carico. Impreciso.
Aleksander osservava il fidanzato con occhi strabuzzati e questi, forse sentendo lo sguardo preoccupato dell'altro addosso, voltò leggermente il volto nella sua direzione. Era chiaramente terrorizzato dalle sue stesse parole.

<Quindi non la possiamo utilizzare subito?> inquisì Antonio <Possiamo sempre aspettare. Finché non sono ore.>
Giorgio si strinse nelle spalle, scosse energeticamente la testa, e ribatté: <No, no! Se la tolgo si rigenera in fretta, uno o due minuti.>

<Allora toglila! Così la uso e torno lassù a distruggere quello stronzetto!> lo incitò Rosa.
<Perché mi stupisco che tu non ti sia spaventata nonostante la caduta fatta?> chiese retorico Roberto, provando ad alleggerire la tensione (fallendo abbastanza).

<Ovvio! Per chi mi hai presa?! E su Giorgio, dammi quella carta!> attaccò ancora la ligure.
Il veneto la fissò torva e incrociò le braccia al petto. S'era chiuso come un riccio. Buona fortuna a chi lo riapriva!

<C'è qualcosa che non ti va di farci vedere?> Domenico domandò premuroso al settentrionale, a mezza voce. Purtroppo la sua voce quasi riecheggiò nell'ampia stanza.

Aleksander strinse vagamente la presa che aveva sul braccio di Giorgio, rifiutandosi di accarezzarlo lì, davanti a quella platea, mentre il suo amore sembrava sul punto di scoppiare.
Di rabbia o dalla disperazione era pura speculazione.

<Tu ne sai qualcosa.> commentò Giovanna, scrutando il friulano.
<Non sta a me dire niente.> fu la risposta secca di questo.

Giorgio si scostò dalla presa di Aleksander e prese un respiro profondo. Che senso aveva nascondersi?
Avrebbe mandato all'aria la sua meticolosa maschera, si sarebbe -distrutto-, se avesse significato salvare Feliciano.
E allora che lo spettacolo vada in scena, ma senza la sua maschera più fidata, più in vista, addirittura ben più del suo caratteraccio.

Posó una mano sull'occhio sinistro e con un gesto rapido l'allontanó, ma ora il pollice e l'indice tenevano stretta una carta quasi traslucida per la poca magia che scorreva in essa.
La carta che lo aveva salvato per secoli e per secoli gli ha ricordato il suo grande segreto.

La maschera.




N/A: ZAN ZAN ZAAAAN.
Mi scuso ancora per l'orario.
Buona settimana

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