6. Secondo round

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Considerando lo stato emotivo in cui versava, Angelica avrebbe potuto evitare di presenziare all'inaugurazione dei Banchetti, ma i risultati dell'intera promozione online, l'espressione fiera di Ian e Andreas al raggiungimento del loro obiettivo e il prevedibile rimorso di coscienza erano stati i fattori che l'avevano convinta a partecipare.

«Vedo che il nuovo nome funziona» si affrettò ad informarla Ian, dandole una gomitata.

Si riferiva al fatto che il nuovissimo slogan, per così dire, aveva fatto breccia nelle menti degli olandesi, dal momento che sia Ian che Andreas erano stati costretti a tirar fuori ben altre sedie e a doversi misurare con la famosa arte del Tetris.

In altre parole, il locale era ben più pieno del previsto.

Nonostante la gran stanchezza mentale non le permettesse di gioire come avrebbe voluto per la notizia, Angelica si sentì discretamente orgogliosa di esser stata parte di quella vittoria.

Si ripromise che avrebbe festeggiato con un ordine in tarda serata, in barba ai piani di risparmio che si era ripromessa per il mese.

Si guardò attorno, notando come le fasce d'età variassero e coprissero ben tre generazioni. Angelica invitò i partecipanti della giornata a disporsi nei tavoli preposti in modo casuale, allontanandosi il più possibile dai propri conoscenti. Non era mai stata al comando di nulla nella sua vita, non era mai stata nemmeno capoclasse, poiché non si era ritenuta all'altezza di tale compito.

Vedere un folto gruppetto di persone darle retta e seguire le sue direttive, la proiettò in una posizione del tutto nuova e incognita, una prospettiva che andava oltre il ruolo dietro le quinte che si era sempre riservata.

Nessuno considerava la ragazza dietro le quinte, per quanto si applicasse.

Per tutta la sua vita Angelica non si era mai esposta più del dovuto, non aveva mai oltrepassato il cono d'ombra che la separava dalle luci del palcoscenico e, d'altronde, non aveva mai avuto motivo di farlo.

Pur col cuore palpitante e il groppo in gola, per quanto assurdo potesse sembrare, Angelica si era messa per la prima volta in gioco e aveva abbandonato il suo comodissimo angolino.

Con ben più sicurezza rispetto a quella che sentiva dentro, Angelica aveva preso il comando della situazione e si era lasciata andare.

Era molto più semplice essere sé stessa, la sé stessa che avrebbe voluto davvero essere, al di fuori della sua realtà di provincia e in un contesto che non la costringeva a dover fare i conti con le aspettative e le pressioni sociali.

Angelica si sentì alleggerita: nell'assoluto caos che governava la sua vita al di là dei banchetti, era ancora al timone di qualcosa. Per quanto assurdo agli occhi dei più, quel qualcosa era ancora suo e non le sembrava a soqquadro.


Con quella ritrovata, seppur temporanea, serenità si avviò versò uno dei pochi banchetti rimasti semivuoti. Dall'altra parte, si profilava la figura di un anziano signore, il quale si stava guardando attorno con fare sprovveduto.

Notò che stringeva un bastone con una mano tremolante, non accennava a togliersi il cappello e non si era neppure tolto il cappotto. D'istinto, Angelica gli chiese se andasse tutto bene e si stupì nell'apprendere che parlava inglese.

«Sono qui solo per mia figlia» ammise, indicandola con l'indice da lontano.

«E ha deciso di accompagnarla?»

L'anziano signore ponderò per qualche secondo la sua risposta: «Più o meno. Non ha fatto altro che parlarne per una settimana.»

Angelica non poté fare a meno di notare un po' di ritrosia nelle sue parole.

Banchetti tra sconosciutiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora