Consumati dai sentimenti

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Capitolo II

Ram si svegliò infastidita dal formicolio del braccio, era penzolante fuori dal letto, si tirò su con gran fatica e facendo uscire mugolii dalla sua bocca.

Si girò, stropicciandosi ancora gli occhi per vedere l'ora sulla sveglia.

Mezzogiorno e mezza.

Dopo aver letto l'ora si rituffò con la testa sul cuscino.

Solo dopo due secondi entrò dentro la camera la madre urlante, chiamò diverse volte il suo nome e contemporaneamente raccoglieva i vestiti della sera precedente da terra e riponendoli nell'armadio dove per ogni cosa messa a posto ne cadevano tre, lanciò un'ultima minaccia a Ram e poi uscì.

Arrivò in camera sua, si posizionò davanti allo specchio, sospirò e cominciò a ripetere a voce alta

"Stai calma Nancy, stai calma, Ram si comporterà in modo ragionevole e non rovinerà tutto come di suo solito, forza, devi essere forte!" dopo il monologo scese in cucina dove finì di sfornare la teglia di lasagne che aveva preparato per il pranzo.

***

Ram aprì gli occhi, davanti a lei il soffitto bianco, odiava quel colore, le dava il mal di testa, era così semplice e a lei piacevano le cose contorte, dove dovevi trovare la via d'uscita per forza, le piaceva essere motivata.

Sorvolò sul monocromatismo del soffitto e uscì dal letto, le tornarono in mente le urla della madre, alzò gli occhi al cielo, sperava che quel giorno non sarebbe mai dovuto arrivare. Accettare una nuova figura maschile nella sua vita voleva dire accettare la morte del padre e lei non voleva farlo, aveva bisogno di sapere che lui c'era ancora, aveva bisogno di qualcuno a cui affidare tutti i suoi problemi e poi ritrovarli risolti, come faceva da piccola: bastava che si lamentasse con il signor Leeroy e lui tornava con una soluzione fra le mani. Dopo la sua morte ha sempre dovuto risolvere i suoi problemi da sola, di certo non poteva contare sulla madre, era solo una figura fantasma per lei, c'era sempre per quelle cose materiali come i vestiti o i soldi, ma quando a Ram mancava il fiato per il dolore che provava dentro, nessuno c'era a dirle che si sarebbe tutto sistemato, l'apatia di Ram verso i propri sentimenti era solo il frutto di un buco che si sarebbe dovuto riempire con l'affetto materno.

Aprì un'anta dell'armadio ed invece di prendere una delle sue solite magliette con delle frasi le quali contestavano la politica del suo paese e che aprivano polemiche con sua madre, scelse un bellissimo vestito bianco, le All Star bianche e coordinò il tutto con una collana con al centro una bellissima pietra verde che si abbinava ai suoi occhi, qualcosa in lei le diceva di essere bella quel giorno.

Ed in effetti quando Ram voleva esserlo, lo era.

Non si era mai guardata a lungo allo specchio per accorgersi della sua bellezza, ma il resto delle persone, David, sua madre, le sue migliori amiche e i passanti per la strada se ne accorgevano e puntualmente ne rimanevano abbagliati di fronte a tanta perfezione. La sua era anche una bellezza quasi perfida, le ragazze quando la vedevano si deprimevano, erano coscienti del fatto che anche con milioni di interventi chirurgici non sarebbero mai diventate belle come lei, ed i ragazzi erano consapevoli che non sarebbero mai stati abbastanza per conquistare una ragazza del genere. Questo comportava l'assenza di un fidanzato nella sua vita, come è stato già detto non è che Ram non interessasse a nessuno, ma non avevano il coraggio di provarci con lei, non volevano rimanerne delusi anche perché Ram non aveva bisogno di un ragazzo o almeno questo è quello che pensava lei, cercava uno di quei ragazzi con una storia, già pieni di cose da dire appena l'incontri, voleva una storia d'amore mal definita, voleva troppe cose e molto spesso non riusciva a capire quali. Quindi si era rassegnata alla ricerca di quel ragazzo quasi mitologico poiché non sapeva ancora se esistesse.

Uscì dalla sua camera con le labbra rosse, quel rossetto non l'aveva mai messo, in effetti era della madre ma quel giorno sentiva di averne bisogno.

Si posizionò su una delle sedie poste attorno alla tavola da pranzo, era impaziente e non riusciva a spiegarselo, forse quelle sensazioni erano dovute da una sindrome premestruale, pensò. Impossibile, le era finito la settimana prima, ma allora cos'era? Le sensazioni nel suo stomaco erano come le farfalle, scosse la testa, come una scarica elettrica, il cuore le pulsava troppo, voleva quel sentimento fuori da lei.

E all'improvviso il campanello suonò.

***

Più lo guardava e più si convinceva, era proprio il ragazzo della sera prima, l'angelo, così aveva definito la sua bellezza: il viso era spigoloso, gli occhi azzurri di uno sguardo tagliente, le labbra piene, i capelli biondo cenere e ricci andavano a raggiungere quasi le spalle.



Era davanti a lei, indifferente verso quello che stava provando Ram ed intento a mangiare un piatto di lasagne.

Lo stava fissando da quando si erano seduti a tavola. Si sentiva sempre più debole ogni volta che assaporava una nuova visione di lui ma qualcuno interruppe questo momento schiocchiandole le dita davanti agli occhi e riportandola alla realtà.

"Ram, tesoro, ti posso parlare?" la madre fece cenno di andare verso la cucina.

Raggiunta si dovette sedere, le ginocchia le stavano quasi per cedere.

"Ram, potresti fare a meno di fissare in quel modo Jamie?"

Ram era senza parole, non sapeva dare una spiegazione a quei sguardi, sapeva solo che Jamie le faceva un effetto strano, quasi fastidioso.

"So che non ti piace, serve solo un po' di tempo." disse nuovamente la signora Leeroy, Ram rimase zitta, la madre tirò un sospiro di sollievo, era contenta che Ram non contestasse, le accarezzò delicatamente il mento e tornò nella sala da pranzo.

Quando Ram vide la madre sedersi, davanti a lei c'era Jamie che la fissava, come si fissa un'opera d'arte alla quale non riesci ad attribuire un senso.

Ram non sapeva cosa fare, se sorridere, fare un cenno o semplicemente ignorarlo.

Scelse d'ignorarlo perché era la cosa più facile.

Se ne tornò di corsa in camera sua senza dire una parola.

Si distese sul letto con il viso sul cuscino e fece uscire un grido disperato dalla bocca.

Si mise a gambe incrociate e iniziò a fissare la sua stanza.

Era tutto così disordinato, come lei, era fiera della sua camera, non aveva bisogno di arredarla in modo particolare per far capire il suo carattere, le bastava solo rovesciare il cesto delle carte, far scoppiare l'armadio e non rifare il letto, sì, era contenta.

Il suo sguardo passava su ogni cosa posata sul pavimento, sorridendo perché ogni cosa racchiudeva un bellissimo ricordo, poi il sorriso svanì quando vide il diario, si alzò, lo prese e tornata sul letto aveva già una penna in mano e stava scrivendo.

Londra, 24-09-14

Non ho davvero idea del perché sto scrivendo, non ho alcun problema con me stessa, alcun disturbo alimentare e tanto meno mi autolesiono,  ho solo bisogno di qualcuno che mi spieghi perché ancora prima che entrasse in casa mia il mio cuore stava già pompando al massimo e perché le farfalle nello stomaco si sono trasformate in api assassine!

Ho bisogno di uscire e sballarmi, addio, molto probabilmente non scriverò mai più.

Ram.

Il diario di Ram || Jamie Campbell BowerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora