Prologo

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Il sole scaldava il giardino, i raggi filtravano sottili tra le foglie degli alberi.

Sdraiato di schiena, Jinhe si godeva insieme il tepore del sole e il lieve ondeggiare del vento.

Se ne stava lì, la mente sgombra e le palpebre pesanti, a dedicarsi al suo momento privo da impegni.

Aveva svolto gli esercizi con il precettore, si era allenato con suo padre, e fino all'ora di cena non ci sarebbe stato alcun motivo per alzarsi da quel luogo meraviglioso.

Perfino il piccolo laghetto nel giardino, con le sue onde quiete, sembrava approvare il suo desiderio di riposo.

«Jinhe!»

Un urlo belluino trapassò la quiete. La vocetta giovanile, accompagnata dal passo pesante della proprietaria, si avvicinò inesorabile, urlando a squarciagola il suo nome.

Con uno sforzo eroico, Jinhe riuscì a non alzarsi di scatto, ma nulla impedì alla ragazza di tirarlo in piedi, afferrandolo per le braccia.

Lui la lasciò fare, per poi ributtarsi subito a terra, un sorrisetto dispettoso in volto.

«Oh andiamo!» insisté Feihua, assestandogli una spinta giocosa col piede.

Jinhe non perse l'occasione, artigliò la caviglia dell'amica e le fece perdere l'equilibrio.

I due bambini si rotolarono nel prato, lottando e ridendo. Finì come sempre.

Jinhe era a terra, boccheggiante, con la scarpa dell'amica premuta sul petto; Feihua alzava le mani al cielo, in segno di vittoria.

«Va bene... cosa vuoi, Feihua?» si arrese lui. Sorridendo, si accorse che l'altra aveva qualcosa di diverso.

Indossava l'uniforme bianca da discepola, come lui; stessi pantaloni, stessa tunica, stesse scarpe, perfino la cintura era la stessa.

Scostandosi una ciocca di capelli scarlatti dal volto, Feihua rise, togliendogli il piede dal petto.

«Intanto aiutami con i capelli». Disse, indicando il groviglio che le avvolgeva il capo.

Jinhe non si fece pregare, iniziando a districare le ciocche dalle sue sottili corna ramificate.

«Attenta!» disse, un brusco movimento dell'amica per poco non l'aveva colpito all'occhio.

«Oh per favore! Non ti accecherò mica!» ribatté Feihua, scuotendo la testa.

Le corna della ragazza guizzavano, appuntite abbastanza da farlo preoccupare.

«Certo certo... vatti a fidare delle cerbiatte». Una gomitata, stavolta poco giocosa, sottolineò quanto Feihua amasse l'accostamento tra le sue corna cremisi e quelle dell'animale.

Jinhe finì di districare i capelli scarlatti dell'amica, e iniziò a fare lo stesso con i suoi.

«Ti serve aiuto?» domandò Feihua, accoccolandosi sui talloni

«So farlo da me, grazie». Ribatté lui, mentre le sue mani si muovevano a colpo sicuro, sciogliendo le ciocche scure dalle sue corna blu. La ragazza rispose con una linguaccia.

Per qualche momento rimasero in quelle posizioni, lui seduto a terra e lei inginocchiata davanti a lui.

Pur provando a nasconderlo, Jinhe non riuscì a impedire che un poco di imbarazzo gli colorasse le guance.

Sentiva gli occhi ambrati dell'altra sul volto, cosa che lo faceva muovere a scatti.

«Allora, perché mi cercavi?» disse, quando finalmente ebbe finito con i capelli.

Ai fiori non importaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora