Cap IV

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Il maestro Zhong si era fatto pregare meno del previsto. Jinhe era arrivato alla sua scuola con passo frettoloso, sgusciando nel mercato come un pesce nel mare.

Aveva chiesto, con meno gentilezza del dovuto, a un discepolo di chiamargli il maestro.

Per una volta, Zhong aveva proposto di andare alla sala da the. Non era un buon segno, Jinhe lo sapeva.

Si erano fatti preparare una stanza sul retro, lontano dai rumori e dalle distrazioni della sala principale. Avevano anche mandato via la giovane quilin che doveva preparare il the, facendola sussultare. Sarebbe stata un'altra cosa da spiegare a Finlao.

Il maestro Zhong prese posto, sbuffando. Solo i capelli ricordavano l'aspetto della figlia, una cascata infuocata spezzata da due corna d'avorio.

Jinhe l'aveva sempre ritenuta una fortuna, perché padre e figlia usavano quasi gli stessi abiti, e un'eccessiva somiglianza gli avrebbe reso le cose ancora più difficili

«Allora, com'è andata coi mercanti?» chiese Zhong, senza convenevoli.

«Si sono decise le quote e gli indennizzi per quelli che vogliono sostenere l'esercito» fece Jinhe, mordendosi le labbra. Non era sicuro se poteva chiedere direttamente cosa voleva.

«Ah, a noi non è andata così liscia» sbuffò il maestro «troppa gente che non si vuole mettere d'accordo, per pura testardaggine»

«Ho saputo che il maestro Thang vorrebbe marciare sul castello»

«Si, come se potessimo decidere; se andremo con l'esercito, saranno i generali a decidere come e dove andare, se e quando dar battaglia; è qualcosa che molti non vogliono capire»

«Ma, se andrete in molti, avrete un bel peso sulle decisioni» fece Jinhe.

Tanto per far qualcosa, invece di fissare il maestro negli occhi, il qilin si mise a preparare il the.

Le sue mani si muovevano a scatti, e gli occhi continuavano a saltare dalle foglie all'altro qilin.

«Ah, lasciamo stare questa finta politica» Zhong si stiracchiò, accennando al piccolo mobile in fondo alla sala «e lascia perdere quell'intruglio, abbiamo bisogno di qualcosa di più forte»

Sorridendo senza volerlo, Jinhe annuì. Nelle sale interne c'erano alcolici migliori di quelli che si servivano nella sala grande, ma serviva pagare un generoso extra.

Uno dei vantaggi di avere quote della sala, per Jinhe, era il poter ignorare quelle regole, ogni tanto.

«Voi volete partecipare alla guerra?» chiese, mentre ispezionava le bottiglie.

«Io? Sono stato in guerra, e non voglio tornarci» disse Zhong, fissando un punto sul muro, il suo sguardo perso ben più lontano «i miei discepoli vorrebbero andare, ma ce ne sono molti che preferirebbero restare. Una in particolare ha un'idea molto chiara»

Jinhe non disse nulla, posò sul tavolo una bottiglia semplice, piena di vino scuro, e due bicchieri.

«Se posso, perché so che avrete un'altra riunione, ho delle informazioni» Jinhe versò il vino «i nemici non sono fermi a Dazha, i loro rinforzi sono arrivati prima del previsto»

Da quello che aveva intuito alla riunione dei mercanti, tutti avevano informazioni contrastanti. Anche se, in verità, forse per prudenza, molti sostenevano che l'esercito di Wu stesse davvero già marciando verso la città.

Il maestro Zhong si limitò a sospirare.

«Non è una notizia certa. C'è anche chi dice che i soldati di Dazha, invece di correre ad est come conigli, stiano facendo il possibile per rallentarli»

Ai fiori non importaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora