INTRO (strumentale) - Capitolo 2

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Flavio, amico di vecchia data di Matteo, fa a questo punto la sua comparsa nella storia.
Un ragazzo estremamente tranquillo, totalmente assorbito dai suoi hobbies che, per brevi e lunghi
periodi, sono stati anche una discreta fonte di guadagno. È ancora in corsa per raggiungere una laurea in fisioterapia, che tarda ad arrivare per mancanza di stimoli, e che ultimamente, a seguito del fidanzamento con una giovane e insistente ragazza con la testa sulle spalle, non sembra più così lontana.
I due sono in macchina, alla volta di Brindisi, per consegnare delle canotte NBA "originali" che
Flavio si fa spedire da alcuni contatti che è riuscito a crearsi, nessuno sa come, nella lontana Cina (una delle sue ultime passioni).
Matteo lo sta accompagnando perché, a dirla tutta, non ha niente di meglio da fare. Non ha un
lavoro, si è iscritto a una serie di facoltà universitarie sperando di ritrovarsi sorprendentemente incuriosito, salvo poi scoprire che si tratta sempre della stessa solfa. Carte, giri, segreterie, burocrazia.
Una cosa che davvero non riesce a digerire. "Se il mio lavoro deve essere fare lo studente allora fatemi studiare e basta, non dovrei scervellarmi su come prenotare un esame o dove reperire il materiale di studio", era solito dire.
L'appuntamento era nel parcheggio di un condominio e vi arrivarono prima di quanto si potesse sperare, anche se a Matteo sembrava un'eternità, visti i pessimi, davvero pessimi, gusti musicali di Flavio. Non c'era posto dove lasciare la macchina, quindi si fermarono di fronte a un cancello automatico, in mezzo ad altre due auto.
«Siamo arrivati?», chiese Matteo.
«Sì, è qui».
La macchina parcheggiata accanto al lato passeggero era troppo vicina, quindi Matteo non provò neanche a scendere e decise di aspettare dentro, con i piedi sul cruscotto, mentre Flavio effettuava la consegna. Passarono non più di tre minuti prima che si cominciassero a sentire le voci di altre persone fuori dall'abitacolo. Si distingueva chiaramente quella maschile dell'acquirente, e fu anche il primo
che Matteo riuscì a intravedere dallo specchietto dell'auto. Un tipo sul quale non credo sia necessario spendere righe. Il classico ragazzo che compra una casacca NBA senza aver mai visto una partita di basket, ma solo perché è figa da abbinare al bicipite abbronzato, a un pantaloncino dal cavallo sbagliato e a un paio di calzettoni di spugna lunghi fino allo stinco. Flavio apre il bagagliaio e tira fuori la merce per mostrarla, lui si dice subito soddisfatto. Mentre osservano i dettagli delle cuciture, fa il suo esordio una voce femminile.
La voce più bella che Matteo abbia mai sentito fino a quel momento della sua vita, o almeno così
suonava alle sue orecchie. Catturato da quella tonalità, comincia a usare tutti gli specchi dell'auto per intravedere il volto a cui appartiene questa melodia e, dopo qualche tentativo, ci riesce.
Il cuore salta un battito, le pupille si dilatano e lui resta a bocca aperta, perché gli occhi si sono appena posati su qualcosa di meraviglioso.
Ha i capelli neri e lunghi, lunghissimi, gli occhi scuri, i lineamenti del viso sono ben definiti, a tratti spigolosi, il collo sottile si appoggia tra due spalle non troppo larghe. La canottiera che indossa lascia appena intravedere le forme di un seno perfetto. Le gambe sono infinite, Matteo ci si perde almeno un paio di volte mentre prova a seguirle con gli occhi in tutta la loro interezza, e sono un regalo, un favore, concesso da una minigonna di jeans che scende esattamente fin dove dovrebbe, non di più non di meno.
Una battuta le strappa un sorriso e a Matteo trema il mondo intero.
Quel giorno lei non si era accorta di lui.
Una volta rientrato in macchina, Flavio dovette rispondere ad alcune domande.
«Stai seriamente aspettando che te lo chieda o me lo dici e basta?».
«Maria, si chiama Maria».
«Non credo di aver mai visto nulla di simile... a essere onesto non credo mai di essermi sentito così stordito in vita mia».
«Addirittura, ti sei innamorato?», chiese Flavio con una smorfia di sorriso sul volto.
«Non ne ho idea, quando la posso rivedere?».
«Eh, rallenta Romeo... a parte che è fidanzata, comunque ogni tanto ci vediamo per mangiare
qualcosa tutti insieme, la prossima volta magari ti avviso così ti unisci, ma non ti assicuro niente».

Quella "prossima volta" tardò molto ad arrivare. Anni, nonostante le numerose insistenze di Matteo, che non passò quasi giorno o notte senza pensare a quell'incredibile donna e al modo in cui solo uno sguardo attraverso uno specchio lo aveva fatto sentire.
Ritorniamo, quindi, a quella giornata d'agosto.
La freschissima acqua di mare era un toccasana dopo la terribile sudata in bagno, e aiutava anche ad affogare i mille pensieri che, quasi costantemente, rapiscono Matteo dalla sua realtà.
Una volta tornato sotto l'ombrellone trova un pezzo di carta, chiaramente strappato da una pagina della settimana enigmistica, con sopra scritto un numero di telefono e, tra due cuori, una frase in allegato: "chiamami se ti va".
La ragazza dal costume blu se n'era andata, lasciando traccia di sé.
Matteo posa il pezzo di carta dove lo ha trovato, prende in mano il cellulare e scopre di avere una
chiamata senza risposta di Flavio. Lo richiama:
«Pronto Fla, dimmi ero in acqua».
«Sei a mare?».
«Sì, sto provando ad abbronzarmi anche nei punti più difficili, oggi ho messo il perizoma tanto non c'è molta gente».
«Sono contento di non essere li. Ascolta: ti ho chiamato perché questa sera ci stiamo organizzando per andare in un locale. C'è una serata di musica italiana, ci divertiamo sicuro. Stiamo prendendo un tavolo e un paio di bottiglie, siamo parecchi, ci sei?».
«Nooo, ti prego... queste cazzo di serate in cui non si capisce nulla, che io poi comincio a bere, mi viene voglia di parlare con qualcuno e nessuno riesce a sentirmi».
«Ok come vuoi, io lo so che non ti piace, ti ho avvisato solo perché ci stiamo andando tutti, anche Maria».
Il silenzio non fu nemmeno così lungo come potreste pensare.
«Ci sono».

Una canzone dagli accordi fuori tempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora