"Mi ha preso la mano e mi ha portata a vedere com'è fatta la felicità."
Bukowski«sei sicura di quello che hai visto?» mi chiese per l'ennesima volta Lucas. Continuava a camminare avanti e indietro per l'ufficio di mio nonno, cosa che, tra l'altro, gli avevo già fatto presente mi desse alquanto fastidio.
«ma perché non mi credi?» gli urlai contro alzandomi dalla nicchia e avvicinandomi minacciosamente a lui. Quei 20 centimetri di differenza scomparirono, anzi mi sentii addirittura più alta di lui in quel momento.
«perché non ti conosco mocciosa» gli diedi una spallata sorpassandolo. Se non me ne fossi andata non sarei riuscita a controllarmi e avrei reagito in modo avventato, non sarebbe finita bene.
Mi chiusi a chiave in camera mia. Questa volta però non volevo stare sola per mia spontanea volontà.
Un momento prima ero seduta a terra con la schiena appoggiata alla parte terminale del letto, il momento dopo ero con un pugno dentro il muro e Lucas fuori dalla camera che urlava chiedendomi di aprire perché pensava ci fosse qualcuno.
Aprii la porta. Capì subito che non ci fosse nessuno e che il rumore che aveva sentito era il mio pugno nel muro. Questo lo portò a urlare di nuovo.
«hai finito?» mi guardò sbigottito ancora sull'uscio della porta.
«si» rispose imbarazzato.
«perfetto ora esci» provai a buttarlo fuori ma lui non cedeva. Restava irremovibile.
«no, io resto» provai a spingere anche con la spalla, ma nulla.
«perché?» la mia frustrazione nei suoi confronti continuava a crescere. E più cresceva più sentivo la mia forza aumentare. Come se fossero direttamente proporzionali.
Non rispose alla mia domanda. Mi sorpassò e basta.
Chiusi la porta dietro di me per poi appoggiarmici. Incrociai le braccia. E ad alcun tempo continuavo a muovere la gamba per la frustrazione.
Rimanemmo per molto in silenzio. Senza che nessuno dei due avessi il coraggio di proferire parole o di scontrarsi con lo sguardo dell'altro.
«contento di questo silenzio imbarazzante?» sbottai ringhiando dopo vari minuti.
«no ma almeno evito che tu dia altri pugni al muro o che ti rechi delle ferite, sai è il mio lavoro» rispose sprezzante alla mia provocazione.
«è solo una scusa» alzai gli occhi al cielo distogliendo lo sguardo da lui.
«ti piacerebbe?» eh?
Lo guardai sbigottita e il suo ghigno crebbe ancora di più.
Mi sedei accanto a lui e con lo sguardo chino, sussurrando rassegnata, glielo dissi di nuovo «ti giuro che l'ho vista»
«ti credo»Quel mattino ero andata da mia nonna per raccontarle di Oizys. I ragazzi mi avevamo accompagnata ed erano rimasti davanti la porta.
Appena pronunciai il suo nome si lasciò sfuggire una sfumatura di terrore poi ritornò impassibile come se si fosse lasciata scappare un'indizio di troppo. A qualcun altro quel dettaglio sarebbe sfuggito ma a me no. Da bambina avevo preso troppo alla lettera la frase "i dettagli fanno la differenza" e quindi avevo imparato e notare tutto, ogni singolo dettaglio, ogni singola sfumatura.
«staremo attenti, ma è una ragazzina» aveva proferito. Ma non le credetti. Non so se perché nel suo tono scorsi una traccia di incertezza o per la sua reazione che precedentemente mi aveva lascia dubbiosa.
«chi è?» la presi alla sprovvista facendola trasalire.
«chi?» mi domandò allarmata provando a camuffarlo con finta ingenuità.
«Oizys» risposi duramente. Mi stava mentendo potevo sentirlo e tutti quei piccoli comportamenti bizzarri erano solo prove a sostegno della mia tesi.
Sbuffò, si portò una mano alla tempia, aveva capito che avevo capito, non avrebbe più potuto mentire.
«chi altri sa di lei? Leo? Lucas?» aprì un fascicolo e fece scattare una penna.
Non esitai, se lo avessi fatto avrebbe capito:«nessuno, solo io» non so perché lo feci ma sentivo di non potermi fidare. E sapevo che se non avessi ascoltato il mio sesto senso non sarebbe finita bene.
«meglio» concluse abbandonandosi sulla sedia.
«perché?» mi morsi la lingua per quella domanda, la dissi prima che il mio cervello potesse elaborare.
«meno sai meglio è» tagliò corto.
Ma allora di chi potevo fidarmi?
Mi accompagnò fuori. Leo e Lucas si misero composti davanti a noi:«accompagnatela non ha niente per la scuola» poi rientrò nello studio sbattendo la porta. Oizys sventura. La aveva turbata e non poco.
Lucas si defilò subito dopo con una scusa banale «devo andare, ho una riunione con gli altri» senza lasciarsi andare a nessun dettaglio.
Presi Leo sottobraccio facendomi guidare verso il nostro pomeriggio insieme.
STAI LEGGENDO
Princess Treatment
ChickLitSono cresciuta in una famiglia che per diciotto anni mi ha amata. Ma solo ora scopro che era tutto una menzogna. Mi chiamo Juliette Molinari-Windsour e sono l'erede al trono d'Inghilterra. Mia madre e mia nonna mi hanno cresciuta distante da quel m...