8. Un giorno da non dimenticare

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Alla fine andrà tutto bene.
Se non andrà bene, non è la fine.
-John Lennon

I'm baaaack.
Premessa. I know mi sono ossessionata con le premesse MA sono necessarie. Alcuni capitoli avranno una canzone scritta prima del suo inizio. Altri soltanto prima di determinate scene. Perché ? Perché molte canzoni riescono a rendere meglio la scena.

-Till Forever Falls Apart.

Leo
Mi svegliai molto prima di lei. Non riuscivo a pensare ad altro che a ciò che lei stesse provando, a come si dovesse sentire. Mi alzai sgusciando da sotto di lei. Misi una felpa e provando a fare il minimo rumore sgattaiolai nelle cucine.
Salutai i cuochi come ogni mattina poi cercai chi mi interessava.
«Joe ho bisogno del tuo aiuto» ammisi facendo capolino nella terza cucina. Era sempre lì perché da essa partivano tutti i piatti, che venivano controllati minuziosamente in modo da essere perfetti.
«Leo ragazzo, come posso aiutarti?» Si girò di scatto sorridendomi. Avevo un bel rapporto con Joe, era un buon uomo ma soprattutto un grande esempio. Aveva sempre la risposta giusta per tutto.
«Vorrei che Juliette passasse una giornata spensierata, per quanto possa esserlo» mi incupii.
«Già, so tutto, povera ragazza» ammise diventando anche lui triste.
«Ma poteva andare molto peggio» provò a trovare il lato positivo. Ma io riuscivo solo a vedere come stesse lei.
Non c'era nulla di positivo. Anche se non aveva abusato di lei una molestia, soprattutto di quel genere, ti segna per tutta la vita.
Come una cicatrice invisibile. E se potevo renderla meno dolorosa allora avrei fatto di tutto.
«le voci girano in fretta» quanto fossero pettegole le cuoche e le cameriere era impossibile da quantificare.
«mi dispiace Leo, allora cosa ti serve?» sviò il discorso per pensare ad altro.
Iniziai a elencargli la colazione perfetta per Juju. Nell'ultimo periodo mi ero avvicinato a lei e avevo imparato e conosciuto lati di lei che la rendevano ancora più bella. Ma bella era riduttivo, quella ragazza era indescrivibile. I suoi amici erano lontani e Lucas non le permetteva di vedere molto quei suoi compagni. E con il segno di poi aveva anche ragione.
Joe mi diede tutto il necessario e io lo assemblai. Inoltre le preparai i biscotti di mia nonna che aveva tanto adorato. Tutto ciò che c'era sul vassoio l'avevo cucinato io. Amavo cucinare e se ciò rendeva felice qualcuno mi faceva amare ancora di più il tutto. Tutta colpa di nonna Dáireen (Doreen).
Preparai prima l'impasto dei cornetti e poi quello dei biscotti per approfittare del momento in cui dovevano riposare per cucinare l'altro impasto. Tutto perfetto. Nel frattempo chiesi a Joe di mandare qualcuno a prendere dei fiori. Specificando che avrebbero dovuto avere un significato.
Tornò poco dopo con un grande mazzo di garofani. Rossi, rosa, bianchi con i bordi fucsia, bianchi.
«sono andato io stesso, per Juliette questo ed altro, e ovviamente hanno un significato: amore, fascino e distinzione»
Cavolo è perfetto. Pensai.
Era il suo fiore. Rosso come lei, che trasudava amore, fascino ma soprattutto distinzione. Perché lei era diversa.
Ne presi uno di ogni tipo dicendogli di posare il resto nella sua camera di pomeriggio, quando saremmo usciti, così da avere una bella sorpresa al ritorno.
Presi un piccolo vaso e li misi all'interno.
Una volta sfornati anche i biscotti iniziai ad assemblare il tutto.
Un piattino a destra e uno accanto. Nel primo i biscotti e nel secondo i cornetti salati che avevo farcito con dei salumi, dell'insalata e del formaggio. In alto a sinistra misi i fiori e sotto una ciotola di cioccolato. Poi cambiai idea e la misi tra i due piatti. Infine un cappuccino. Più caffè del solito però. E soprattutto fatto nella moka.
Con le mani tremolanti e senza rovesciare niente a terra andai verso la sua camera. Aprii la porta ed adagiai il vassoio sul suo comodino facendo spazio tra il suo caos.
Mi sedetti sul letto accanto a lei. Iniziai a svegliarla dolcemente. Delle carezze e dei sussurri. Ma l'unica risposta che ricevetti furono dei versi contrariati e una girata di spalle.
«ti giuro che ne vale la pena» le promisi.
E l'avevo svegliata ore dopo, io mi ero alzato molto prima.
«altri cinque minuti, poi vado mamma lo giuro» mi supplico pensando che fossi qualcun altro.
La presi di peso facendola sedere su di me. La sua schiena aderiva al mio petto.
«troppi muscoli non sei mia madre» scherzò.
Si appoggiò ancora di più sporgendosi all'indietro per vedermi.
«mamma da quando hai la barba?» non resistei e scoppiai a ridere anche se mio fratello dormiva ancora.
«shh cretino» mi rimproverò dandomi una botta sul braccio.
«ho un'arma e non ho paura di usarla» alla fine si era svegliato il principe azzurro.
«buongiorno bell'addormentato» lo prese in giro Juju.
«se qualcuno mi avesse detto che lei faceva le corse nel letto e che tu russi come un bisonte non avrei mai accettato» si tirò su a mezzo busto.
Juliette notò la colazione accanto a se. Rimase sbalordita portandosi le mani davanti la bocca. Sorrise. Un sorriso a trentadue denti. Si girò abbracciandomi. Mi saltò addosso facendomi cadere all'indietro sul letto.
«grazie» disse con un tono che diceva tutto. Non c'era bisogno di aggiungere altro. Lei sapeva perché l'avessi fatto e io sapevo quanto lo apprezzasse.
«no scusami eh, hai preparato tutte queste cose per lei e per me niente?» anche Lucas, nel suo modo strano e discutibile, provava a distrarla.
Juliette gli diede un cornetto e dei biscotti. Erano tre i croissant e avevo fatto dei biscotti in più. Non conoscessi mio fratello.
Ma il caffè se lo sarebbe dovuto andare a prendere. Lo rendeva scorbutico. Ma insisteva a berlo.
La colazione le piacque molto. E per tutto il tempo rimase seduta su di me. Nella stessa posizione. Era tutto confortevole.
Decise di vestirsi diversamente dal solito, niente gonna, maglione o altro. Felpa e tuta. Ma le converse e le trecce non le abbandonava. Felpa verde con i fiori e pantaloni neri. Ma ciò che rendeva il tutto bellissimo era l'abbinamento delle scarpe con la felpa. Fiori ovunque. Pensai che avrei potuto rendere il tutto ancora più bello.
«oggi usciamo» ammisi senza permesso di protesta.
Mi guardò dispiaciuta, perché sarebbe voluta uscire ma non ce la faceva:«in realtà non me la sento molto».
«immaginavo, per questo rimarremo dentro la tenuta, si possono fare molte cose qui sai?» un accenno di sorriso spuntò sul suo viso.
Non avrebbe dovuto avere neanche un secondo libero per pensare a ciò che era accaduto. E al fatto che domani sarebbe stato lunedì.
Sapevo che poco fuori il giardino della tenuta, e dopo il labirinto di siepi alto 2 metri, c'era un intero campo di fiori. C'erano tante cose che non sapeva su quel luogo e gliele avrei fatte conoscere tutte. Mi sentivo in dovere. Era sola, la sua famiglia distante, sua nonna sempre in viaggio e i suoi migliori amici lontani. E poi con Lucas che faceva lo stronzo la situazione non era delle migliori. La trattava bene solo quando stava male.
La presi per il polso trascinandola via. Correvamo per i corridoi della tenuta in silenzio. L'unica cosa che riempiva quegli spazi
erano i nostri passi e le nostre risate.
Mi girai per guardarla. Occhi felici, risate, capelli che svolazzavano e anima leggera.
Attraversammo il giardino. Evitammo la strada passante per il labirinto e davanti a noi trovammo un'immensa distesa di fiori.
Ogni tipo, ogni genere, tre strisce di ognuno.
Prima di arrivare le misi le mani davanti agli occhi. Inciampava un poco ma ero dietro di lei quindi non si sarebbe fatta nulla.
Mise le mani sulle mie e le spostò per poter guardare.
Rimase sbalordita. Per poco non le cadeva la mandibola a terra.
Le passai un cestino lì vicino e la incitai a prenderlo.
«dobbiamo raccogliere dei fiori» lo avvicinai ancora di più verso di lei, non voleva prenderlo.
Alla fine cedette «perché ?» ma la lasciai con il dubbio evitando la sua domanda.
Prese un fiore di ogni tipo. Era pur sempre inverno quindi la maggior parte del campo era seminata da boccioli. Ma riuscì a trovare il gelsomino invernale, il ciclamino, il narciso, delle rose piccole, l'amamelide.
Le feci qualche foto per immortalare il momento. Le sarebbe piaciuto avere un ricordo. Immortalare tutto in uno scatto.
Il tempo era comunque grigio quindi per sicurezza la incitai a tornare il casa. Ovviamente protestò come i bambini. Decisi allora di concederle qualche altro minuto. Lei raccoglieva tutto ciò che le piaceva e io la osservavo seduto su una panchina li vicino.
«sai cosa ho sempre sognato?» disse dal nulla, nel silenzio più totale.
«no» la sua era una domanda retorica ma decisi di risponderle lo stesso.
«nemmeno io» e quella confessione mi lasciò stordito.
«era sempre un vorrei, vorrei, vorrei ma poi appena ci pensavo realmente e ci riflettevo su, era tutto futile» e caspita se aveva
ragione.
«desideravo un ragazzo ma appena mi concentravo capivo che stavo bene da sola, volevo essere come le altre ma era la mia diversità a rendermi unica, volevo essere ricca ma poi sarei stata accecata non notando le cose belle delle vita, pensavo di essere sfigata ma cosa mi mancava? Un tetto ce l'avevo, il cibo in tavola anche e non avevo problemi di salute. Quindi alla fine cosa mi mancava? Non care shopping pazzo ogni weekend scordando anche di avere certi vestiti, che poi inevitabilmente finivano in un angolo dell'armadio con ancora il cartellino?» il suo discorso la sera stessa mi portò a riflettere molto intensamente. Su me stesso e sulla mia vita. E capii che per quanto sembrava assurdo a qualcuno quelle parole erano piene di verità, nella vita le cose che contano sono i piccoli gesti. Sono loro a fare la differenza.

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