Cap. 1- la svolta della mia vita

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- Mamma! Ho 20 anni! Ormai sono grande e quindi posso decidere ciò che devo fare! Lasciami vivere la mia vita!-

- Che lavoro pensi di fare andandotene via dall'Italia?-

- Ho studiato lingue e mi sono specializzata nelle lingue orientali in particolare il coreano... credo proprio che mi troverei bene come una traduttrice... pensi che non ce la possa fare?-

- Io credo in te. Per il primo mese ti aiuteremo io e tuo padre... ma dopo di che per le spese, te la caverai da sola.-

- Grazie mille mamma!- le saltai sopra abbracciandola e ricoprendola di baci.

Mi chiamavo Kethy e avevo 20 anni. Ero nata in una famiglia italiana ma con un padre coreano, trasferitosi in Italia dopo aver incontrato mia madre: anche lei, da giovane, andò a esplorare il mondo e proprio in Corea trovò la sua anima gemella. Mio padre, per amore, si trasferì in Italia perchè i genitori di mia madre non volevano che lei vivesse in Corea. Avevo 20 anni e mi sentivo pronta ad affrontare il mondo per quello che era. Sinceramente, io non amavo tantissimo l'Italia per cui volevo andarmene e scoprire il mondo come un tempo fece mia madre... e sì, speravo anche di trovare a mia anima gemella in qualche parte del mondo: mi ero appena ripresa da un amore fallito e crudele perchè avevo scoperto che il mio ragazzo mi tradiva. Non posso negare di esserci stata male per mesi e mesi, per cui decisi che alla fine degli anni di specializzazione avrei cambiato aria.

Il giorno della partenza, salutai mia madre e mio padre in coreano abracciandoli e con una valigia stracolma di vestiti, poster e oggetti vari, mi avviai verso l'aereo con il quale sarei finalmente andata via dalla mia città e da tutti i ricordi cattivi, portando con me solo quelli più dolci e commoventi. Sull'aereo iniziai a rovistare tra la mia borsa alla ricerca del mio cellulare e dei fogli per ripassare il coreano: con la musica nelle orecchie iniziai a rileggere più volte le regole e a ripetere i termini più complicati. Mio padre da piccola non mi parlava mai della sua città, dell'Oriente, conobbi il Giappone e la Corea grazie a una mia amica delle scuole medie e anche grazie alla sorella di mia madre che studiava giapponese. Furono loro a trasmettermi la voglia di cambiare e di provare cose nuove. Dalle scuole medie, iniziai ad ascoltare musiche giapponesi e coreane, guardando drama e scrivendo i nomi in coreano di quelli che erano i miei idoli. La musica che però, mi accompagnò fino alla fine fu quella degli Exo, dei BTS e di molti altri gruppi che amavo follemente. I miei poster in valigia raffiguravano proprio gli Exo e i BTS e anche molti attori visti nei drama come Kim Bum, Kim Hyun Joong o Lee Min-Ho di Boys Over Flower, Jang Geun-suk di You're beautiful e tanti altri di cui andavo pazza. Vidi il drama degli Exo che mi fece impazzire sin da subito e tutti gli show a cui avevano partecipato sia i BTS che gli Exo. Volli imparare il coreano dato che quasi tutti i video italiani riguardanti gli show degli Exo erano stati cancellati a causa dei copyright. Avevo 20 anni e affrontavo un periodo difficile per gli Exo: Luhan e Kris ormai avevano lasciato già il gruppo e in più la salute di Tao e la decisione sul da farsi teneva sulle spine tutte le fan compresa me e le mie migliori amiche.

Atterrata all'areoporto di Seoul, tirai un sospiro di sollievo e mi guardai attorno come se avessi davanti ai miei occhi un affollato e immenso paradiso. Promisi alle mie amiche che se fossi andata in Giappone o in Corea avrei baciato il suolo... lo feci. Una promessa era una promessa. Però non lo baciai veramente, mi inginocchiai soltanto: le persone mi guardavano stranite ma per me, essere sul territorio che sognavo sin dalle scuole medie, era una sensazione eccezzionale e straordinariamente rinfrescante. Faceva freddo e vedevo le persone con le mascherine, coppie che si riscaldavano a vicenda... e a quel punto mi ricordai del mio ex. Iniziai a rattristarmi, ma solo "i suoi occhi a mandorla" riuscirono a farmi ritornare sui miei passi. Sull'aereo mentre cercavo nella mia borsa le cuffie, mi caddero i fazzoletti e a raccoglierli fu un ragazzo con gli occhi a mandorla e con la bocca coperta da una mascherina nera. I suoi occhi mi rapirono: era come se li avessi visti da qualche parte, ma quell'immagine rapida e sfocata non mi permise di identificare bene chi fosse o chi mi ricordasse. Notai che scendeva dall'aereo con attorno altri ragazzi molto slanciati, anch'essi con delle mascherine nere. Lo fissai sia sull'aereo che all'uscita dell'areoporto. Mi guardai attorno, vidi delle coppiette e mentre ricordavo il mio ex, incrociai i suoi occhi così intensi e scuri e mi parve che sorrise. Rimasi imbambolata senza riuscire più a connettere il mio cervello, il mio cuore accellerò e i miei pensieri si rivolsero alla canzone che sentivo in quel momento: Love me right.

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