CAPITOLO 3 - COMPERE

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21 DICEMBRE

L'indomani Ambra e suo padre salirono in carrozza e si diressero in città a fare compere. Ambra indossava un grosso cappello di lana bianco con il pon pon, suo padre un colbacco grigio topo (che Ambra era convinta si chiamasse così più per la pelliccia  usurata e la tinta sbiadita, che per il colore in sé ormai).
La ragazza sgambettava dalla gioia, era raro passasse momenti così con suo padre, di solito era sempre molto preso dal lavoro. Il signor Disigny gestiva il carcere della città, ed era un uomo della massima rispettabilità, perciò non c'era da stupirsi che tutti in città lo salutassero.
Giunti alla boutique, Ambra passò in rassegna tutti gli abiti, ma nessuno sembrava convincerla a pieno. Anzi, la ragazza sembrava più che altro interessata ai gioielli.
«Sono tutti così scomodi e... femminili» disse riferendosi ai corpetti che le davano un senso di claustrofobia solo a vederli.
«Fun fact, Ambra. Tu hai la vagina. Quindi i tuoi vestiti devono essere femminili»
«Sì, ma quando Dio distribuiva la femminilità io ero in coda per birra e patatine fritte!»
«Signore dammi tu la forza» Walt si stropicciò gli occhi con il pollice e l'indice a metà tra la risata e l'esasperazione.

«Ti chiami Ambra ho detto giusto?»

Intervenne una donna sulla trentina con una piccola chiave al collo.
«Io? Sì...»
«Forse ho quello che fa per te».
La donna sparì per un paio di minuti attraverso una porta che stava dietro al bancone, e tornò con in mano l'abito perfetto. Era più corto del normale, ma comunque lungo da reputarsi decente; il tessuto era nero, ma sulla gonna vi erano ricamate delle rose rosse; infine, sul corpetto, vi era cucito un panciotto con bottoni rossi e scintillanti.
Non appena Walt si accorse di come Ambra accarezzava le cuciture del vestito si affrettò a dire: «Lo prendiamo!».
«Aspetta, papà. Voglio prendere anche questo» indicò dietro a una vetrina un anello argentato. La donna prese la chiave che teneva al collo e la usò per aprire la vetrina, poi incartò l'anello che la ragazza aveva scelto e lo ripose nella busta con l'abito. Padre e figlia ringraziarono, salutarono e si diressero verso l'uscita.
«Prego e buona giornata» rispose la donna.
Uscendo, aveva iniziato a nevicare, quindi lasciarono la borsa con il vestito in carrozza e passeggiarono ancora un po' sotto la neve, finché un odore di ciambella e cioccolata calda invase le loro narici. Entrarono nella caffetteria, presero una ciambella e un paio di caffè da portare via. Finalmente si era accumulata un po' di neve sulla strada e sentire lo scricchiolio del ghiaccio sotto i propri stivali riempì ad Ambra il cuore di gioia.
«Sai John? Il primogenito dei Danbury?»
«Sì» rispose Ambra masticando un grosso pezzo di ciambella.
«Penso potreste andare d'accordo, ha la tua stessa passione per la poesia»
«Davvero? Be' si potremmo essere amici»
«Potrai farci due chiacchiere al ballo»
«Papà se ti serve che ci vado d'accordo per qualche tuo interesse dillo subito, non ho problemi a usare il mio bel visino per quegli scopi. L'ho già fatto»
«No, no... te lo dicevo così, per tua informazione»
«Va bene» Ambra lo guardò con sospetto, ma alla fine cambiarono discorso.

Valery era in negozio con suo padre, seduta dietro al bancone confezionava dei graziosi pacchetti, regali di Natale dal destinatario a lei sconosciuto che presto qualcuno sarebbe passato a ritirare.
«Pacchetti eccellenti, Valery»
«Ti ringrazio papà»
«Potresti confezionare anche questo? È per i Danbury»
«Certo, a chi lo indirizzo?»
«William Danbury»
«AH! Quell'idiota»
«Valery Smith! I termini...»
«Scusa»
«Sono sicuro che andrete molto d'accordo questo sabato alla festa»
«Ultimamente me ne parli spesso, ti ho già detto che non mi interessa quel tipo di uomo»
«Sono sicuro che cambierai idea non appena lo conoscerai»
«Non mi interessa conoscerlo, è un'idiota, punto!»
«Tu lo conoscerai, fine della questione! E cercherai anche di fartelo piacere. Ho deciso»
«Ma...»
«Niente ma!»
Valery si sentì tradita, finì di confezionare il pacchetto e poi corse a casa, lasciando che le lacrime le rigassero il viso durante il tragitto, sotto la neve.

LA SERA
Nel bosco tirava, come sempre, un'aria fredda e gelida. Quando Ambra arrivò, Valery sedeva sul loro ceppo, indossando un elegante mantella verde scuro con il contorno bianco in pelo.
«Alla festa sarò un gatto!» le comunicò Ambra.
Valery si limitò a sorridere, poi volse di nuovo lo sguardo altrove.
«Che ti prende, amore?»
«Mio padre... ho il forte sospetto che voglia darmi in sposa molto presto. Io- io non ce la faccio» scoppiò a piangere «Voglio uccidermi Ambra, voglio morire» disse nascondendo il viso tra le mani.
«Oh povera anima, Valery...» la abbracciò restando in piedi e le sollevò il mento per baciarla. Un bacio tenero, privo di eros, dettato solo dall'amore più puro e sincero.
«Sono seria Ambra, mai stata così seria, se non possiamo stare insieme io morirò, ho deciso»
«E allora io verrò con te. Se non possiamo vivere a modo nostro almeno moriremo a modo nostro».
«Dici sul serio?»
«Certo. Ora però non piangere più» Ambra le sorrise, sperando di contagiarla, ma non funzionò. Allora la prese in braccio senza dire niente, e iniziò a ondeggiare e a cantare: «LaLaLallalalaalala».
«Ambra sei pazza! Attireremo qualche animale!»
«Io penso che sono così stonata che al massimo scappano. LallaLallaLaLaLa»
«Smettila!» urlò ridendo.
«Finalmente un sorriso!» e allora accettò di metterla giù.
«Sei scema!»
«Sento già tuo padre dire "I termini Valery!"» disse mimando il gran vocione di suo padre. Valery rise ancor più di gusto e la abbracciò per ringraziarla.
«Amo quando fai la scema per farmi stare meglio».

A modo nostro - Racconto di Natale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora