Due.

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È constatato che il lunedì sia la giornata dimmerda più dimmerda di tutta l'intera settimana.

Stamattina – infatti – essendo lunedì mi sono svegliata con un mal di testa lancinante, ho bevuto un caffè ghiacciato e amaro, ho trovato una macchia di non so esattamente cosa sulla manica della mia felpa preferita e, come se non bastasse, stanno facendo dei lavori nell'appartamento accanto al nostro. Sicuramente è il mix tra martello e trapano il principale motivo del mio mal di testa.

Quanto posso essere sfigata da uno a me stessa?

L'unica gioia è che il lunedì è il giorno di chiusura del bar, anche se al momento non so quanto questa cosa possa essere considerata una gioia.

Ma poi quale persona sana di mente si metterebbe a trapanare e martellare un fottutissimo muro alle 7 del mattino? Con che forza? Ma non hanno voglia di dormire?

Sbuffo e mi alzo dal divano, massaggiandomi le tempie cercando di alleviare un po' il dolore; dovrei anche andare a fare la spesa, ieri sera io e Leonardo a cena abbiamo fatto piazza pulita col frigo. Ora che ci penso, come fa a dormire ancora con tutto questo casino? Sbuffo di nuovo all'ennesimo martellamento e faccio una rapida lista delle cose da prendere al supermercato e striscio i piedi fino in camera, infilando poi un paio di jeans neri e una maglia a maniche corte del medesimo colore; afferro lo zaino e ci butto dentro giusto il portafoglio, una borsa riutilizzabile e le chiavi di casa, poi con telefono e cuffie alla mano esco dall'appartamento, assicurandomi di aver chiuso bene la porta mentre aspetto che arrivi l'ascensore.

La voglia di fare cinque piani di scale, nonostante siano a scendere, è sotto i piedi.

Una volta che l'abitacolo è al piano entro velocemente e premo il tasto zero. Infilo le cuffie e cerco una canzone che riesca a distendere i nervi, ancora a fior di pelle; esco definitivamente dallo stabile e raggiungo il supermercato poco distante da casa, armandomi di tanta pazienza.

Riempio il carrello con le cose segnate in lista e aggiungo delle schifezze, per la felicità di Leonardo. Una volta controllato di aver preso tutto, mi avvio verso la cassa a pagare tornando poi sui miei passi.

Spero vivamente che di fianco smettano di fare rumore almeno per un paio d'ore o a domani non ci arrivo viva. Ho come l'impressione che a lavoro sarò versione zombie, se non dormo.

**

Infilo l'ultimo pacco di pasta in dispensa e mi butto sul divano provando inutilmente a chiudere gli occhi. Non ho le forze necessarie per alzarmi fare qualsiasi cosa; Leonardo sospira e si siede di fianco a me, passandomi una mano tra i capelli.

«Vuoi che vado a bussare e chiedergli di smettere per qualche ora?» chiede. «Così ti riposi un po'.»

«Ma va, tranquillo. Al massimo se continuano fino a tardi, facciamo il cambio turno domani.» rispondo sorridendogli, continuando a tenere gli occhi chiusi. «Sempre se per te non è un problema.»

«Nel frattempo avviso Matteo e gli spiego la situazione, capirà.» dice. «Se vuoi che vada a bussare chiamami.»

Sento i suoi passi allontanarsi e mi rannicchio in posizione fetale, cercando invano un metodo per dormire un po'; all'improvviso mi alzo e mi fiondo in bagno. Come ho fatto a ricordarmene prima?

«Ti sei alzata tutto d'un colpo, stai bene?» mi chiede Leo, facendo capolino nella stanza.

«Avevamo comprato i tappi per le orecchie, li usavamo in vacanza quando papà russava troppo.» dico. «Ti ricordi per caso dove li abbiamo messi?»

«Nel mobiletto bianco.» risponde.

Prendo i due piccoli aggeggi gialli e, infilandoli, tiro un sospiro di sollievo. Forse riesco a farmi una dormita semi-decente.

**

Tre ere geologiche più tardi mi sento scuotere una spalla, apro lentamente gli occhi trovandomi faccia a faccia con mio fratello e tolgo i tappini.

«Scusa, non volevo svegliarti.» mormora dispiaciuto.

«Che ore sono?» chiedo mettendomi seduta.

«Quasi le 19.» risponde. «C'è un pacco di pasta in più per caso? Hanno bussato i vicini, quelli nuovi, e ce l'hanno chiesto.»

Ah, pure.

«Nel mobile di fianco al frigo.» dico, strofinandomi gli occhi.

Qualche secondo più tardi sento la porta chiudersi e mi alzo definitivamente dal divano, andando poi verso la cucina.

«Sei riuscita a dormire?» mi chiede mio fratello.

«Si, e il mal di testa sembra essersi placato.» rispondo.

«Te la senti di fare il mattino? Sai che non ci sono problemi.» dice.

«Non ti preoccupare, ancora qualche ora di sonno e torno come nuova.» rispondo facendolo ridere. «Basta che cucini tu stasera.»

«Sapevo che c'era la fregatura.» borbotta mettendosi ai fornelli.

Ne approfitto per farmi una doccia veloce, ripensando alle parole di mio fratello di qualche giorno fa. Non posso basare la mia vita su Leonardo che, per quanto possa volermi bene, è normale si voglia fare una vita senza avermi tra i piedi, come è giusto che sia.

E anche io voglio uscire con i miei amici come fa lui, perché girare da sola per le strade del centro è alquanto deprimente; la cosa è che sono troppo timida per iniziare una conversazione, troppo chiusa in me stessa per provare ad instaurare un qualsiasi tipo di relazione, soprattutto dopo la mazzata ricevuta a Torino. Però ci devo provare.

Chiudo il getto dell'acqua e mi avvolgo nell'accappatoio prima di infilarmi il pigiama, che poi alla fine non è altro che una maglietta di Leonardo e il solito paio di pantaloncini che usavo per ballare.

«Hai mai pensato di ritornare ad allenarti?» mi chiede Leo una volta a tavola.

«Ci penso sempre. Devo solo trovare una palestra come si deve.» rispondo.

«Posso provare a chiedere a Raffaele se ne conosce qualcuna.» dice, nominando un ragazzo del suo gruppo.

«Ti farei una statua.» dico.

«Mi basterebbe vederti con qualche amico, altro che statua.»

«Ci provo. Non ti assicuro niente, ma ci provo.»

Lo vedo sorridere e capisco di aver fatto la scelta giusta.

«Brava pulce.» dice, lasciandomi un bacio sulla fronte. 

everlong // iramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora