4. Famiglia

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Simone e Mimmo erano sul letto. Entrambi erano sdraiati e il biondo teneva la testa appoggiata al petto dell'altro che lo accarezzava dolcemente, in tanto che era al telefono.
Il silenzio regnava in quella stanza e ciò creava un'atmosfera perfetta perché i pensieri di Mimmo potessero iniziare a viaggiare.
Mentre Simone era concentrato a guardare un reel su posti da visitare almeno una volta nella vita, Mimmo si stava concentrando solo sui suoi pensieri.

Dopo poco si girò verso l'amico.
«Simò, - lo chiamò senza però guardarlo in faccia. - Stavo pensando ca forse nnon dovrei vivere qui, con tutte voi», disse mentre con un dito disegnava delle forme circolari sul petto del riccio tenendo però un tono di voce molto neutro.
«Ma che cosa stai dicendo? Perché hai pensato questo?» Simone commentò con un velo di preoccupazione, mischiato alla sorpresa, nella sua voce.
«Nulla, stavo solo pensando.» Fece una pausa, «se ce pensi voi qui, in nu modo o nell'altro, site na famiglia. Poi ce so' io. So' nu po' fuori posto, non pensi anche tu?»
Il ricciolino lo guardò in faccia, ma Mimmo sembrava essere tranquillo. Portò lo sguardo sul soffitto e riprese a fare i grattini al biondo, ancora sdraiato su di lui. «Io trovo che questa sia una famiglia così strana che non so neanche se può essere chiamata tale. Tu qui dentro hai il tuo posto come tutti. Un posto strano, ma lo hai.»
«Ma almeno ve volete tutte bene tra di voi.»
«Che intendi?» Simone alzò un sopracciglio, non capendo a dove volesse arrivare l'altro.
«Nnon te preoccupare», si limitò a rispondere.

Alcuni giorni prima Manuel aveva fermato Mimmo a scuola.
Era entrato nella biblioteca, con passo deciso e una faccia che quasi spaventava. Si era diretto verso Mimmo e lo aveva fermato in un angolo, così che non potesse scappare dal confronto.

A Mimmo, Manuel, non faceva paura.
Ne aveva ricevute tante di minacce in carcere, ben peggiori e soprattutto da persone che quello che dicevano l'avrebbero fatto davvero.
Infatti, quando venne bloccato nell'angolo, non si scompose di un millimetro. Guardò in faccia il ragazzo e aspettò che iniziasse a parlare.

Come si aspettava, non disse nulla di diverso da quello che già aveva ripetuto un'infinità di volte, ma aggiunse un piccolo dettaglio: si soffermò su quanto Simone potesse avere chiunque se solo avesse voluto, ma non si spiegava per quale ragione era rimasto con Mimmo.
All'inizio non diede importanza alle parole di Manuel, non era raro che lo cercasse di convincere ad allontanarsi da Simone. Ma questa volta era diverso.
Pensandoci a mente lucida, non accecato dalla rabbia, le parole di Manuel sembravano anche avere un senso.

Pensandoci, Simone era il ragazzo che molti avrebbero descritto come "perfetto". Era di buona famiglia, bello, gentile e premuroso.
Un ragazzo che avrebbe fatto di tutto per la persona amata e che riusciva a far sentire il partner la persona più amata del mondo.
Mimmo era il suo contrario. Mimmo una famiglia neanche ce l'aveva e, quel poco che l'ha conosciuta, non gli avevano insegnato altro che come rubare senza farsi scoprire. Era cresciuto in mezzo alla violenza e all'indifferenza ed erano le uniche emozioni che effettivamente sapesse gestire. Nei rapporti con le persone era impacciato e insicuro, spesso non riuscendo neanche a capire nemmeno le proprie emozioni, figurarsi quelle dell'altro.

Non le aveva mai conosciute in vita sua. Prima di Simone, nessuno gli aveva mai mostrato cosa fosse l'amore o la dolcezza. La stava scoprendo adesso, ma ancora non sapeva veramente gestirla, come qualsiasi altro rapporto umano.
Forse Manuel aveva ragione, Simone si meritava di meglio e lo sapeva anche lui.
In cuor suo qualche volta ci aveva già pensato, ma aveva scacciato subito il pensiero vedendo il sorrisone di Simone ogni volta che gli correva incontro a scuola o quel giorno di fronte al carcere.

Ma da quando anche Manuel glielo aveva fatto notare, il pensiero sembrava essere più reale. Non era più solo un presentimento.

Mimmo sentì le braccia del suo ragazzo stringersi intorno al suo corpo, allora alzò la testa e lo guardò in faccia.
Tutto si aspettava, fuorché di vedere i bellissimi occhioni castani del riccio diventare lucidi e trattenere a stento le lacrime.
Gruggiò le sopracciglia e ricambiò l'abbraccio, preoccupato, rendendolo più stretto che riuscisse.
Dopo poco, però, sentì una goccia cadergli sulla maglietta.
Non parlò, si limitò a stringere ancora di più il ragazzo e ad accarezzargli la schiena, come per fargli sentire che lui era lì presente.

Stettero in quella posizione finchè Simone non si tranquillizzò, in quel momento nessuno dei due riusciva a sentire il tempo scorrere.
Quando erano insieme, soprattutto in momenti così delicati e per certi sensi intimi, gli sembrava di essere chiusi in una bolla dove tempo e spazio non contavano più. Sarebbero potuti rimanere fermi lì per ore, senza sentire assolutamente nulla.

Per non dire che una volta era successo veramente: era da poco uscito Mimmo dal carcere ed era una delle prime notti in cui dormivano insieme. Nel cuore della notte il biondo si era svegliato, con il cuore a mille e gli occhi che non smettevano di far uscire lacrime. Lì, Simone lo strinse a sé e gli accarezzò i capelli biondi per ore, finché Mimmo non riuscì a calmarsi. Solo allora si sdraiarono, ma Simone non osò interrompere l'abbraccio fino alla mattina dopo.
Quello era un'altro di quei momenti, ma quella volta a stare male era stato Simone.

Una volta calmato, Mimmo gli portò una mano sul volto e con il pollice iniziò ad accarezzargli le guance con delicatezza. Gli sorrise dolcemente per calmarlo e quando Simone ricambiò il gesto iniziò a baciargli dove le lacrime lo avevano bagnato, scatenando nell'altro un risolino. Si guardarono per alcuni istanti, poi Mimmo portò le mani sulla nuca del ragazzo e si avvicinò piano piano a baciarlo.
Un bacio tranquillo e puro, semplice, a stampo che però durò svariati minuti. Erano forse i loro baci migliori, per quanto semplici erano i più intimi, quelli dove più riuscivano a dimostrare l'amore che provavano. Un amore puro e innocente, come quello dei bambini.
Alla fine quello erano.

Nessuno dei due sapeva veramente com'era essere in una relazione, nessuno dei due aveva mai amato veramente qualcuno prima di allora e soprattutto non avevano mai ricevuto amore prima.
Per entrambi era tutto nuovo, per certi versi spaventoso, ma anche così intrigante e bello. Avevano trovato la felicità dopo anni che l'avevano cercata e tutti e due la vedevano nell'altro.
Si erano salvati a vicenda, anche se da situazioni diverse.

Simone riportò Mimmo alla realtà.
«Mimmo», lo chiamò mentre la voce gli tremava.
«Simò?»
«Promettimi solo una cosa.»
«Cosa?»
«Di non abbandonarmi mai ... ti prego.»
Sembrava quasi spaventato nel chiederlo, come se in qualche modo quella richiesta avrebbe potuto far arrabbiare il ragazzo che lo stava ascoltando.
«Non 'o farò. Te 'o prometto.»
Gli porse il mignolino e Simone glielo strinse in segno di promessa.

Un gesto così stupido ma importante allo stesso tempo. Quella che al di fuori poteva sembrare una presa in giro, in realtà era solo il modo di entrambi di vivere quella relazione: con purezza e nessuna malizia, solo cercando la felicità di entrambi. Esattamente come facevano i bambini.

Nota autrice
(1200 parole)
Scusate per il giorno di ritardo, ma la mia scrittura va molto a ispirazione e preferisco portarvi capitoli buoni, magari un po' più corti come questo, ma con qualche giorno di ritardo.
In realtà questo è un capitolo "soft", giusto l'introduzione del prossimo.

Per Sempre Insieme - SimmoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora