2. Dante

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Simone era chiuso in camera da un paio di ore a studiare, data l'imminente verifica del professore De Angelis. Mimmo era insieme a Dante sul divano, per guardare una serie TV.

Teneva entrambe le braccia appoggiate a un bracciolo del divano, la testa pizzata su esse e aveva gli occhi che rimanevano aperti a fatica, di tanto in tanto sbadigliava e la sua attenzione per la televisione era pari a zero. Data l'adrenalina e l'eccitazione della sua nuova vita, non era facile dormire o riposarsi veramente.
Dante lo notò e si girò verso di lui, «tra poco io e mia mamma usciamo, Manuel è fuori. Vai a riposarti un po' tu.»
Mimmo annuì.

Dopo un po' i due adulti lasciarono la casa e Mimmo si fiondò, un po' barcollante, in camera. Aprì la porta senza pensare e solo lì si ricordò di Simone che stava studiando. Lo guardò per un istante e poi fece per uscire, scusandosi per averlo disturbato.

Simone allontanò un paio di centimetri la sedia della scrivania e chiamò la sua attenzione, «torna qui. Non mi disturbi affatto. E' tutto apposto?» gli chiese.
Gli si avvicinò nuovamente, annuendo. «Ero solo nu po' stanco. Volevo fare nu riposino ma vista ca stae studiando vado sul divano.»
«Vieni qui, scemo» disse Simone aprendo le braccia, aspettando che il ragazzo gli si mettesse imbraccio. Cosa che fece, stringendosi al corpo di Simone.
Gli mise le braccia intorno al collo e affondò il viso nel collo del ragazzo, chiuse gli occhi per poter godersi meglio quell'odore che conosceva bene. L'odore di casa.

Simone girò la sedia, tornando abbastanza vicino alla scrivania per poter sottolineare i libri e scrivere qualche appunto mentre teneva sulle sue gambe il suo ragazzo.
Con una mano si mise ad accarezzare i capelli biondi di Mimmo, che si addormentò in poco, mentre con l'altra teneva l'evidenziatore giallo fluo che veniva intercambiato con una penna quando aveva bisogno di riassumere paragrafi troppo lunghi da ricordare per intero.
Stettero così per almeno un paio di ore, fino a che la porta della camera non si spalancò.

Simone, troppo concentrato sul libro di latino, non aveva sentito il portone di casa o i passi di suo padre avvicinarsi a camera sua. Dante se ne stava sull'uscio della porta, dopo circa un minuto bussò sul muro per far girare il figlio e fargli accorgere della sua presenza. Sentendo il rumore, Simone spostò il suo sguardo su Dante e, appena connetté di essere stato visto da suo padre con Mimmo imbraccio, divenne rosso sul viso.

«Che facevi?» chiese Dante, con un sopracciglio alzato.
«Studiavo» gli rispose Simone, con un tono calmo.
«Se lo dici tu» Dante commentò, dimostrando di non credere alle parole del ragazzo.

Allora lasciò la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Simone lo guardò allontanarsi, poi si alzò e posò Mimmo sul letto. Lo coprì con la coperta e gli piazzò un dolce bacio sulla fronte, come era solito a fare per dargli la buonanotte, e uscì dalla stanza per andare in salotto. Lì c'erano tutti: Dante, Virginia e Manuel.
Manuel spaparanzato sul divano col telefono e il computer, Dante sul tavolo a correggere delle verifiche e Virginia in cucina che trafficava con la spesa.

Nessuno fece caso a Simone, ma notò che qualcosa era strano. L'aria sembrava più pesante e una chiacchierata sarebbe dovuta arrivare quella sera. Lo leggeva sulla faccia di suo padre, fin troppo concentrato sulla pila di fogli a fianco a lui. Erano verifiche che aveva somministrato da poco, non più di una settimana, ma già si era fiondato a correggerle. Solitamente faceva tutto all'ultimo e, se anticipava, era per non pensare ad altre cose che aveva per la testa. Per qualche motivo, Simone credeva di centrare con quei pensieri.

Dopo un po' li raggiunse anche Mimmo, completamente ignaro di ciò che provava Simone. Non era ancora stato lì abbastanza tempo da notare l'atmosfera più pesante del solito, non estremamente ma tanto da far capire a Simone che qualcosa sarebbe arrivato.
Dante lo salutò distrattamente, non sollevando gli occhi dai fogli.

La cena quella sera fu strana. Nessuno parlò, se non per le solite domande di Virginia a tutti e tre i ragazzi. Ma anche lì, le risposte erano diverse dal solito, più fredde e distaccate del solito. Questo Mimmo lo notò, ma non volle osare a fare domande.
Per quanto vivesse lì, sapeva bene di non far parte della famiglia. Non che quella fosse una famiglia classica: la casa era della ex-moglie di Dante, che viveva lì col figlio e la mamma, poi ospitavano il migliore amico nonché primo ragazzo di cui Simone ha avuto una cotta e la madre con cui Dante aveva una relazione.
Non era una classica famiglia, ma qualcosa che li legava c'era. Mimmo non si sentiva parte di quella famiglia.
Simone lo amava, lo sapeva, Dante gli voleva bene, ma come lui voleva bene a tutti i suoi studenti. Per il resto, lui era uno in più.

Finito di mangiare, Dante si alzò e chiamò Simone con lui. Il ragazzo era confuso, ma non volle fare nessuna domanda preliminare e lo seguì senza fare niente.

«Simone, dobbiamo parlare. - Iniziò Dante. - Capisco che tu ti sia preso una cotta per Mimmo, so che vi volete bene... ma devi stare attento. Devi tenere a mente ciò che ha fatto in passato, dopotutto lui è sempre quella persona. Non voglio spaventarti, ma solo metterti in guardia per non farti mettere in pericolo.»
Simone lo guardò, perplesso e deluso dalle parole che aveva appena sentito. Credeva che suo padre, conoscendo Mimmo da più tempo di lui, sarebbe stato uno dei più comprensivi con loro, ma così non era stato. Sapeva ciò che Mimmo aveva fatto, ma sapeva che non era cattivo. Era cresciuto in quel contesto: da piccolo gli avevano insegnato come sopravvivere difendendosi con unghie e denti per non venire ferito lui stesso.
Lui non aveva scelto di prendere la strada che si era trovato a percorrere, se l'era trovata davanti senza sapere che ci fossero altre possibilità. Adesso, finalmente, aveva avuto la possibilità di cambiare e ci ha provato con tutto quello che poteva. E ci era riuscito.
Simone questo lo sapeva.

«Papà, ma cosa stai dicendo? Conosci Mimmo meglio di me, lo sai anche tu che lui non è cattivo» sottolineo il "non" con un tono amaro.
«Si, Simone, ma...»
«Niente ma. Cosa c'è in Mimmo che non va? Che è stato in carcere? Ti vorrei ricordare di tutti i crimini che ha fatto Manuel, ma lui non ha avuto nessuna conseguenza solo perché gli vogliamo bene-», Dante lo fermò.
«Con Manuel non ci stai insieme.»

Simone prima sgranò gli occhi, poi si lasciò scappare una risatina. Il problema non era Mimmo, il problema era il suo essere omosessuale. Una lacrima gli scese sul viso, ma venne immediatamente nascosta e asciugata dalla manica della sua felpa.
Uscì dalla stanza senza dire nulla e tornò in camera. Mimmo notò gli occhioni lucidi del ragazzo e lo seguì.

Bussò gentilmente sulla porta e come risposta ricevette solo un mugolio. Aprì lentamente alla porta e vide Simone sdraiato sul letto, con il viso nascosto in un cuscino.
Gli si avvicinò e si sedette a fianco a lui, in silenzio. Le parole erano inutili in quel momento, erano bastati due sguardi per far capire a Mimmo che, in quel momento, Simone aveva bisogno che gli rimanesse accanto. Portò una mano fra i ricci di Simone, li iniziò a delineare uno a uno con le dita mentre con lo sguardo restava fisso sul poco viso che spuntava.

Si sdraiò affianco a lui, portò una mano sulla schiena di Simone e iniziò ad accarezzarlo, sperando di sollevargli un po' il morale.
Vide un sorrisino spuntare sul volto del castano e, d'istinto, sorrise anche lui a specchio. Spostò la mano sotto la felpa del ragazzo, iniziando a fargli i grattini.
Sapeva quanto Simone li amasse, glielo aveva detto giusto un paio di volte ma Mimmo se lo era segnato bene in mente già alla prima.
Simone alzò la faccia dal cuscino, mostrando gli occhioni lucidi e le guance rigate dalle lacrime che, però, ospitava un sorriso rivolto al ragazzo accanto a lui.

Mimmo avvicinò il viso a quello dell'altro ragazzo, fino a piazziargli un dolce bacio sulle labbra. Un semplice bacio a stampo, solo per rassicurarlo e fargli sentire che lui era lì. Portò la mano libera sulla guancia di Simone, che sorrise e prolungò il bacio finché i due non si dovettero staccare per riprendere il respiro.
Simone lo guardò negli occhi e sussurrò un flebile «grazie».

Mimmo gli diede un bacio sulla punta del naso, delicato come se avesse potuto fargli male, e poi gli sorrise senza azzardare alcuna parola.
Simone non aspettò un altro momento e si fiondò ad abbracciarlo, stringendogli le braccia intorno alla vita. Si girò sulla schiena mentre lo stringeva forte a sé, portando Mimmo sopra di lui mentre teneva le braccia avvolte intorno al collo di Simone.

Nota autrice
(1500 parole)
Buon Natale a tutti! Prendete questo capitolo come regalo da parte mia.
In solo un giorno siamo arrivati a 100 visualizzazioni e per me è davvero tanto. Ci tengo a rintatzije chiunque abbia anche solo letto, votato e commentato la storia.
Vedo che sta piacendo, quindi, finché ho tempo, aspettatevi i capitolo abbastanza spesso

Per Sempre Insieme - SimmoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora