I tre mesi successivi furono, per Alberto e Francesca, il classico periodo "gioie e dolori". Il loro rapporto procedeva a gonfie vele. Man mano che scorrevano le settimane, lei passava sempre più tempo alla baita. Oltre al sesso, sempre di pregevole fattura, amavano chiacchierare, parlando di tutto e di niente, scoprendosi anche ottimi amici.
Ai primi di maggio, quando il sole cominciò a fare sul serio, presero l'abitudine di fare lunghe passeggiate, spesso verso la famosa radura, speranzosi di trovare qualche nuovo dettaglio, o indizio, o qualsiasi cosa potesse aiutare in previsione dell'ipotetico arrivo del fratello distruttore, evento che il loro cervello, almeno la parte più istintiva, continuava con ostinazione a derubricare nella lista delle "cose improbabili, se non impossibili". Non trovarono mai nulla di nulla alla radura, ma quelle camminate si rivelarono particolarmente piacevoli, sia per il clima, sia per il paesaggio, ma soprattutto perché erano insieme. All'inizio Francesca era contraria al fatto che Alberto uscisse così allo scoperto, ma si fece convincere che ormai non correva più grossi pericoli. In effetti nessuno lo stava più cercando.
A poco, a poco Francesca cominciò a restare anche qualche notte. Le cose all'abbazia procedevano bene e il clima era molto più disteso ora che era stata rimossa la presenza di Masi. Era riuscita a ottenere ancora più fiducia dalle guardie, dando loro molta più responsabilità e poteri decisionali durante le sue assenze.
«Dovrò star via per due giorni questa volta» disse, la prima volta che decise di passare la notte alla baita con Alberto.
Karl e Burci, gli interlocutori del momento, avevano annuito senza domande. Si era più volte chiesta se avessero avuto dei sospetti ma, nel caso, non erano mai sembrati interessati. Con le nuove regole, aveva reso l'ambiente di lavoro molto più sereno e, a loro, sembrava bastare.
René e Masi erano rinchiusi nei loro buchi e nessuno aveva intenzione di aprire le porte. A turno le guardie portavano i pasti e questo era l'unico contatto che avevano con qualcuno. I primi giorni Masi aveva alternato suppliche e minacce poi, col tempo, aveva smesso, chiudendosi nel più assoluto mutismo, sebbene di continuo incalzato da René, desideroso almeno di parlare con qualcuno.
«Li abbiamo sotterrati e non ci daranno più fastidio!» rispose Francesca ad Alberto, quando le chiese che fine avevano fatto.
Purtroppo, però, non tutto era rose e fiori.
La salute di Franco, in primis, peggiorò e, a fine marzo, temettero seriamente di perderlo.
Una notte ebbe una grave crisi respiratoria e fu trasportato d'urgenza all'ospedale, dove rimase in coma farmacologico per due giorni, circondato dal pessimismo dei medici che lo davano per spacciato. Francesca restò con lui tutto il tempo (l'unica volta per cui non inventò scuse per l'assenza dall'abbazia), ed era presente quando, in modo del tutto inaspettato e contro ogni previsione, Franco riaprì gli occhi.
La guardò fissa per un attimo, poi le chiese: «È arrivato il fratello?»
Nonostante la grande felicità e il sollievo di tutti, l'incidente lasciò strascichi. Franco passava la maggior parte del tempo a letto, troppo debole, al momento, anche per stare seduto sulla carrozzella.
«Mi raccomando, assoluto riposo per almeno un mese» aveva ordinato il medico. «Evitategli qualsiasi cosa possa procurare emozioni, agitazione. Anche che siano belle notizie. Deve starsene tranquillo, capito?»
Monica, ovviamente, seguì alla lettera le indicazioni del medico, e proibì a Francesca e Alberto di parlare con lui di tutto quello che riguardava la storia del fratello, dell'energia e delle loro ricerche. Le insistenze di Franco, a volte, rasentavano l'ossessione, ma la donna lo zittiva sempre con la stessa frase.
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VuEffe (parte 2) - L'abbazia
AventuraNove mesi prima dei terribili eventi di Bologna, Alberto, un ergastolano colpevole di un atroce delitto, viene trasferito senza nessun preavviso in una misteriosa abbazia, nascosta tra le montagne del Trentino, creduta da tutti disabitata da ormai m...