Ho appena trascorso un weekend davvero strano.
Forse 'strano' non è l'aggettivo migliore, potrei dire 'particolare', ma nessuna parola può spiegare ciò che ho visto e provato. Ecco il limite della lingua italiana:le parole hanno un limite, non sanno descrivere tutto.
Sabato sono andata al concerto di Tiziano Ferro, é stato magnifico; chi prova una vera e propria sorta di venerazione e ammirazione senza limiti per un artista può capirmi. 35'000 persone di cui una piccola parte svenuta prima del concerto, vittima del caldo e della mancanza di spazio vitale o semplicemente aria.
Il concerto, per i superstiti, é stato bellissimo, un vero e proprio spettacolo fatto di cambi d'abito, scenogtafie in 3D curate nel minimo particolare e una scaletta cucita addosso ai più affezionati.
Siamo tornati a casa all'una e mezza, stanchi per le 11 ore in piedi, prima sotto il sole cocente e poi iimmersi nella folla; ma allo stesso tempo felici, felici perché ogni minima attesa é stata ripagata dal concerto e dalle lacrime versate per l'emozione di trovarsi a pochi metri dal proprio idolo.
Detto ciò, non é stato questo che mi ha fatto destare nella mente la parola 'strano'.
Fu quello che piuttosto accadde il giorno seguente.
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Storie di ordinaria monotonia
Non-FictionIn queste pagine digitali che purtroppo cartacee non sono scriverò un po' di me, di quel che mi accade e che vedo.Prendetelo come un blog non così personale da non essere pubblicato.