Chapter 3: Pagare

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Pioveva con non mai.

L'alba era scura, il cielo era nero come quello durante un'eclissi solare. L'odore di umidità impregnava l'aria che sembrava riscaldarsi sempre di più.

La tensione era così palpabile da poter tagliare in due un foglio di carta.

Eijiro Kirishima, anzi, Red Riot attendeva in silenzio il segnale prima di poter fare irruzione in un edificio molto deteriorato. Era l'unico in piedi e a sorgere al centro di una piazza abbandonata. Le case più basse erano state distrutte e ridotte in macerie dalle continue guerriglie di band mafiose molto pericolose e con Quirk piuttosto potenti.

«Il soggetto non si ancora mosso. E' al secondo piano».

Eijiro non ebbe bisogno di voltarsi. Le parole stoiche di Real Steel, dietro di lui, gli erano penetrate con facilità nel cuore. Prese un profondo respiro dal naso.

Controllò il cellulare dove l'immagine di sua figlia spiccava come sfondo. Una chiamata persa di Katsuki lo impensierì.

«Faccio una telefonata» mormorò.

Il Pro Hero uscì da quello che una volta era stato un garage di esposizione di motociclette. Si appoggiò a una trave crepata di cemento armato, con il dispositivo all'orecchio sinistro, quello senza ricetrasmittente.

«Perché non hai risposto?».

«Sono in missione. Non posso tenere
la suoneria alta. C'è qualche problema
con Chihaya?».

«Non smette di piangere.
Facciamo una videochiamata,
magari si calmerà».

Il cuore di Eijiro spremette nell'angoscia mentre obbediva. Il faccino rosso e pieno di lacrime della sua bimba comparve nell'inquadratura dello smartphone.

«Chi... non piangere, amore mio!
Papà tornerà presto, te lo prometto!».

La sua cucciola si arrestò di colpo. I singhiozzi ancora scuotevano il suo piccolo corpo, le lacrime colavano sulle guancine paffute e rosate.

Katsuki stava osservando curioso la scena.

Chihaya aveva iniziato a piangere ininterrottamente verso le sei e trenta del mattino e dopo svariati tentativi andati in fumo per calmarla aveva deciso di chiamare il rosso crinito.

«Katsuki c'è un pupazzo nell'armadio. Quando Chihaya piange perché gli manco, puoi metterglielo vicino. Di solito funziona. Per favore, quando si addormenta, riponilo nel sacchetto e mettilo subito via».

Al biondo non sfuggì l'espressione cupa e triste nè il tono con i quali erano giunte quelle parole.

«D'accordo».

«Come va la tua gravidanza?».

«Io sto bene.
S
mettila di preoccuparti per me.
Pensa a tornare tutto intero, piuttosto!».

Una lacrima striò la guancia dell'Alpha. Scoccò sul vetro del dispay un bacio virtuale al faccino della sua bimba.

«Papà ti ama, tesoro mio.
Tornerò presto a casa ma fino ad allora,
resterai con Katsuki».

Il cuore dell'Omega si scaldò un po'.

Era la prima volta che un Alpha pronunciava parole simili nei suoi confronti. Per la prima volta, si sentiva una persona e non un oggetto o un animale in grado di sfornare marmocchi. Distrattamente si accarezzò la pancia ma poi pensò che fosse più equo camuffare il rossore alle guance con la mano. E così fece.

KiriBaku: Io, tu, NoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora