LE VICENDE DI QUESTO CAPITOLO SONO AMBIENTATE NEL PRESENTE
EMANUELE
La mia prima notte in terra albanese non sta andando come speravo. Pensavo che lo stress del viaggio inducesse il mio organismo a una necessità di riposo, e invece la botta di adrenalina che mi ha dato l'incontro con Eleonora non ha fatto altro che acuire la mia già scarsa propensione al sonno.
Neppure l'alcol del fornitissimo minibar della suite è riuscito a fare effetto.
Dopo un breve e agitata parentesi di torpore, durata appena un'ora, ho deciso di trascorrere il resto della notte in veranda. Il posacenere pieno di cicche e le bottigliette in miniatura di porto, gin, whisky e vodka, vuote e disposte in ordine di gradazione, sono lì a testimoniarlo. Il solo risultato ottenuto è un mal di testa lancinante.
Se la mia psichiatra potesse vedermi ora, avrebbe per me solo parole di biasimo. Si convincerebbe che gli anni di terapia non sono serviti a nulla e che con me ha solo sprecato tempo.
Il mio rapporto con l'alcol, nell'ultimo decennio, ha vissuto fasi alterne.
Due volte ha toccato l'apice: i primi tempi del matrimonio con Tiziana, e poi tre anni fa, quando Sole se n'è andata.
Tre anni, e quella cazzo di parola non riesco a pronunciarla. Uso sinonimi, come se potessero ferire di meno, perché accettarlo è impossibile.
È morta. Mia figlia è morta.
Bere fino a stordirmi, fino a star male, è stata l'unica soluzione, che il fallito che c'è in me, è riuscito a trovare per fuggire a una realtà che non mi piaceva, e che continua a non piacermi.
Mi sono aggrappato alla bottiglia quando sono stato così debole da accettare un matrimonio che non volevo, a cui mi sono piegato solo con la speranza di poter regalare a mia figlia una vita serena.
Lei è stata la mia ancora di salvezza. Dopo la sua nascita, quando l'ho vista per la prima volta, ho capito che dovevo piantarla di ubriacarmi. Dovevo essere vigile e attento per lei, così piccola e fragile, perché aveva bisogno della mia protezione e del mio aiuto. Il mio ruolo di padre non poteva conciliarsi con quello di beone strafatto.
Non è stato semplice, ma ci sono riuscito. Per molto tempo ho rigato dritto, soprattutto per amore della mia Sole.
Ho scelto io il suo nome. Tiziana voleva chiamarla Jasmine. Che scempio. Anche oggi, a distanza di anni, il solo pensiero mi fa inorridire.
Sole, perché ha illuminato la mia vita dal primo istante in cui l'ho tenuta tra le braccia. Lei è stata il raggio di luce che ha spazzato via l'oscurità che si era fatta strada dentro di me e che cercavo di soffocare con il bere.
L'unica cosa che ancora non riesco a perdonarmi è di non essere stato presente al momento del parto. Da perfetto immaturo quale ero, ho preferito uscire a bere con gli amici. È stato un gesto da coglione, e il solo errore che non riesco a lasciarmi alle spalle.
Ogni notte rivivo i pochi anni della vita di mia figlia.
I primi periodi sono stati i più belli, quando ancora eravamo ignari del futuro che ci aspettava. I suoi sorrisi, le sue prime parole... Io e lei vivevamo quasi in simbiosi. Mi dedicavo a lei totalmente, escludendo intenzionalmente Tiziana. Era il mio tacito modo per punirla, per avermi imposto un matrimonio che non volevo.
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Vita sbagliata - L'età della maturità
Romansa* Sequel di Vita sbagliata-L'età dell'adolescenza * E se la vita ti offrisse una seconda opportunità per non sbagliare di nuovo, tu saresti disposto a coglierla al volo? Sono passati dieci anni da quella notte di settembre che fu la fine e l'inizio...