Poteri

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PoV Shade

Quando rientrai nella camera che Laila mi aveva gentilmente offerto, sul letto, intento a medicarsi e fasciarsi il braccio sul quelle faceva mostra una piccola ferita, vi era Derek. Normalmente il suo corpo avrebbe rimarginato subito le ferite, ma questa volta sembrava diverso; forse, poiché a inferirgli le ferite non erano stati semplici demoni come gli altri che aveva incontrato prima d'ora. Senza far rumore mi avvicinai e gli presi la benda che teneva tra le mani e che cercava di farla passare intorno al braccio. La ferita non era grave, ma bisognava prevenire una possibile infezione.
-Sei ancora arrabbiato?- mi chiese mentre tentavo di rimediare al disastro che aveva combinato, la benda era troppo larga e fasciata come meglio poteva l'altro con una sola mano. Derek tentò di stabilire un contatto visivo con i miei occhi verdi, che però fuggivano ai suoi cremesi. Mi sentivo ancora geloso, arrabbiato e tradito; eppure, mi sentivo anche grato e amato. Non risposi alla sua domanda, mi limitai ad accarezzare quella ferita con un dito, incurante se avessi provocato all'altro dolore. Il mio dito si tinse del suo sangue e mi sentii male, in colpa per aver causato tutto questo.
-E' tutta colpa mia. Se non ti avessi incontrato, se non fossi mai nato o morto quella notte al posto dei miei genitori, tutto questo non sarebbe mai successo- la mia voce era bassa, un sussurro, mentre cercavo di trattenere le lacrime che volevano scendere e mostrare il dolore che provavo dentro.
Ero stanco di piangere, di rimanere immobile davanti a quella distesa di fuoco e sangue che si stagliava davanti e dietro di me. Sentivo le braccia delle tenebre accarezzarmi, invitarmi a seguirle e abbandonare la luce, che mi sembrava sempre più distante.
-Smettila- mi ordinò Derek costringendomi a guardarlo, prendendo il mio mento fra le sue dita. I miei occhi cercarono di fuggire nuovamente, ma quegli occhi rossi che brillavano austeri non mi lasciarono fuggire. Erano la mia medicina, il mio tramonto personale. Due gocce fatte di sangue scarlatto, sempre caldi e pronti ad ammaliarti e a non lasciarti più andare. Sarei morto per avere quello sguardo per sempre su di me, sempre a osservarmi anche di nascosto, mentre dormivo.
-non devi sempre pensare che la causa di ogni dolore sia tu. L'abbiamo voluto entrambi e gli altri, se non volessero, non ci aiuterebbero- disse continuando a guardarmi severo, ma addolcendo lievemente la voce. Chiese gli occhi e unì le nostre labbra.
-Ti amo- mi rivelò ancora a pochi millimetri dalle mie labbra. Strano come solo due parole potessero far fermare il tempo per un attimo, allontanare ogni paura e far battere il cuore così forte da rimbombare nelle tue orecchie, come se all'improvviso l'intera stanza avesse iniziato a pulsare.
I miei occhi erano spalancati dalla sorpresa, sentivo il sangue fluire sulle mie guance rendendole bollenti. Boccheggiai qualche volta, cercando di dire qualcosa, ma la mia voce sembrava essere scomparsa, ferma all'interno della mia gola.
-Io...- tentai di dire, ma il suo dito indice si posò sulle mie labbra fermandomi dal dire qualsiasi cosa. I suoi occhi rossi brillavano emozionati, nonostante non avessi risposto alle sue parole. Scosse la testa e mi sorrise dolce.
-Non importa, me lo dirai quando sarai pronto- disse comprensivo baciandomi la fronte -Saprò aspettare, cucciolo- a quel nomignolo, a quella voce suadente sussurrata al mio orecchio e a quelle labbra che mi facevano il solletico, dei brividi mi colsero lungo la schiena e automaticamente chiusi gli occhi e mi ritrovai a socchiudere le le labbra, come a gustare meglio quelle sensazioni che stavano percorrendo tutto il mio corpo. Derek si chinò verso di me, che ero inginocchiato sul pavimento davanti a lui, e posò le sue labbra sulle mie; baciandomi nuovamente, con trasporto.
La benda che tenevo tra le mani cadde a terra, mentre le mie mani andavano a posarsi dietro la sua schiena, sulle sue spalle, e mi protendevo verso di lui, avvicinandomi ulteriormente. Le nostre lingue danzavano senza tregua, sembrava che all'improvviso entrambi non avessimo più bisogno di respirare. Le mie mani, iniziarono ad accarezzare quella pelle nuda, dalle spalle iniziai a farle scorrere sulle braccia, ignorando quello strano formicolio che sentivo, non vedendo quella strana luce bianca e dorata che circondava le mie mani e stava rimarginando ogni ferita capitasse sotto di essa, come se non fossero mai esistite. Il moro cinse la mia vita e mi portò con sé, sopra di sé, mentre si distendeva sul materasso senza interrompere il nostro bacio. Dalla vita, quella mano ambrata e ruvida si insinuò sotto la mia maglietta bianca a maniche lunghe e con il collo a "V". Potevo sentire un leggero gonfiore all'interno dei miei pantaloni e qualcosa di duro contro la mia gamba. Mi mossi sfrusciandomi contro l'altro, in cerca di sollievo, ma quello fu un grosso errore. Mugugnai nel bacio e morsi il labbro inferiore dell'altro prima di interrompere il contatto fra le nostre labbra. Non sapevo cosa fare, come comportarmi.
La parte razionale di me mi imponeva di alzarmi e scappare, mentre quella irrazionale guidata dai miei ormoni, mi suggeriva di lasciarmi andare e continuare a provare quelle strane sensazioni, molto piacevoli. Il demone dovette leggere la confusione nei miei occhi, perché mi sorrise e mi accarezzò la guancia.
-Non sono ancora pronto- dissi con le guance in fiamme, mi sentivo un codardo. Lo volevo con tutte me stesso, ma ancora non riuscivo a fidarmi completamente di lui e questo mi faceva male, perché sapevo di poterlo fare.
-Non importa- mi consolò baciandoli sullo zigomo -lascia solo che faccia qualcosa per questa- disse muovendosi contro la mia erezione e provocandomi un nuovo gemito, che cercai di reprimere.

When falls the nightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora