.5.

76 13 11
                                    



Alla fine non è così brutto ammettere
di aver bisogno di aiuto.

MADISON

Era passato qualche giorno dal giro in moto con Elijah. Mi aveva mandato la foto del tempo che ci aveva impiegato a tornare, e come immaginavo ci aveva messo di più.

Aveva perso la scommessa.

Non capivo cosa mi stava succedendo, ma il fatto che dopo quella sera non mi aveva più scritto nulla, mi faceva infuriare.

Il momento prima si comportava come se volesse provare a conoscermi, e quello dopo spariva.

Inoltre se ripensavo al fatto che eravamo così vicini la sera della festa, mi ribolliva il sangue nelle vene.
Non sarebbe capitato mai più.

Scacciai via quei pensieri e mi concentrai sul fatto che quella mattina sarei dovuta andare al mare.

Mi serviva staccare un po' da tutto, e immergermi in quella distesa d'acqua fredda e salata, mi avrebbe aiutata molto. Inoltre avrei visto anche Christine e i miei cugini.

Mi incamminai per andare alla spiaggia più vicina dove dovevamo incontrarci, e misi le cuffiette per ascoltare una canzone. Lose yourself, di Eminem.

Era il mio cantante preferito insieme a Lana Del Rey e molti altri. Sicuramente i miei gusti musicali comprendevano generi molto, e dico molto, diversi tra loro.
Eminem era per quelle giornate in cui serve la carica. Lana Del Rey per quando avevo voglia di riflettere e magari di sfogare con un pianto tutto quello che ogni giorno nascondevo dietro ad un sorriso falso. Dopotutto nessuno è perfetto, e chiunque ha bisogno di una valvola di sfogo. La mia a volte era la musica, altre i libri, altre ancora l'arte.

Pensando all'arte mi ricordai che da lì a due settimane avrei dovuto partecipare ad una mostra d'arte moderna nel centro di Wilmington, nel North Carolina.

Era lì che abitavo. Vicino al mare e leggermente più lontana dal centro. Per questo, dato che mia madre non riusciva ad accompagnarmi, ci avrebbe pensato Alex.

Non vedevo l'ora perché a differenza di molti, l'arte moderna mi affascinava moltissimo.
Era molto di più di uno schizzo di tempera, o di pennellate confuse. Bisognava solo saperla interpretare, guardarla con occhi diversi e rendersi conto che dietro celava molto di più di una semplice macchia di colore.

Dopo poco arrivai alla spiaggia.
L'odore del mare investì le mie narici, e il vento mi solleticò il viso. Provavo sempre una sensazione di appartenenza a quel posto, e ogni volta mi sentivo davvero a casa.

Le onde altissime avevano attirato dei surfisti, e sorrisi alla vista del mare agitato. Ci saremmo divertiti molto. Per il resto sulla spiaggia non c'erano famiglie o turisti, quindi era pressoché vuota.

Mi guardai intorno, ma non vidi gli altri. Pensai che forse ero in anticipo, dopotutto l'appuntamento era alle otto in punto e mancavano ancora dieci minuti.

Tolsi le scarpe e camminai a piedi nudi sulla sabbia, la cosa che preferivo di più. Trovai un punto esposto al sole, abbastanza da potersi abbronzare, e cercai di sistemare il telo, ma il vento non giocava a mio favore.

La sabbia mi finì più volte negli occhi e proprio quando stavo per mollare tutto e tornare indietro sentii una voce che mi chiamava.

«Madison!» mi voltai e vidi mia cugina che sventolava la mano. Le feci un cenno con la testa e lasciai cadere il telo a terra, dato che mi ero arresa.

Lei mi venne in contro e mi chiesi che fine avessero fatto gli altri. Mi ripulii le mani dalla sabbia e rivolsi un sorriso a Jenna che era abbastanza vicina da poter vedere il suo viso preoccupato.

MoonlightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora