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ELIJAH

Sentivo che qualcosa non andava. Lo avevo sentito dalla sua voce al telefono quando aveva chiamato Alex. E lo avevo capito già prima quando l'avevo vista in libreria. C'era qualcosa di strano.

Era come se quella maledetta luce che la illuminava sempre fosse scomparsa.
Sembrava preoccupata, stanca.

Dio ma perché mi interessava?

Non sapevo bene cosa, ma qualcosa mi spinse a controllare se andasse tutto bene. In più quando ero in spiaggia avevo trovato il suo telo. Avevo intenzione di darlo a sua cugina, ma quella era la scusa perfetta per presentarmi a casa sua.

E quindi eccomi lì. Di fronte alla porta nera di una villa che conoscevo da un po' di tempo, intento a bussare. Avvicinavo la mano al campanello, ma subito dopo la staccavo come se avessi toccato il vetro fuso. Non capivo cosa mi stesse succedendo, non ero mai stato un tipo timido, ma forse avevo paura della sua reazione.

Avrebbe pensato che mi interessasse sul serio? Se ero lì era solo per fare un favore ad Alex. Anche se non me l'aveva chiesto esplicitamente, ma quelli erano dettagli irrilevanti.

Su forza, cosa potrà mai accadere? Non si presenterà di certo con un fucile pronto a spararmi.

Bussai una volta e non ottenni una risposta. Pensai che forse non era a casa o che era sotto la doccia, ma quello non mi fermò. Riprovai una seconda volta.

Se non risponde me ne vado. Se non risponde me ne vado.

D'un tratto la porta si spalancò ed eccoli lì. Due occhi verde smeraldo che mi scrutavano con diffidenza.
Senza dire una parola le porsi il telo e poi le dissi: «L'avevi lasciato a terra, tutto stropicciato ovviamente» alzai gli occhi al cielo. «Non ti hanno insegnato a piegar-»

«Cosa ci fai qui Elijah?» le sue parole mi arrivarono alle orecchie come tanti aghi che si infilzano nella pelle. Rimasi scioccato dal suo tono. Il modo in cui aveva pronunciato quelle parole fu strano. Non era da lei. Era come se non avesse la risposta pronta. C'era sicuramente qualcosa che non andava. Aveva la fronte corrugata e un espressione sofferente.

«Non è forse ovvio?» le rivolsi un sorriso gelido indicando il telo che ora stringeva nel pugno di una mano.
Il suo viso si rilassò lasciando spazio ad un'espressione di scherno. Scoppiò a ridere. Una risata amara, che non le raggiunse gli occhi.
«Vorresti dirmi che sei qui per ridarmi il telo?»
«Che c'è fiorellino? Ti vedo arrabbiata. Sei ancora gelosa di quella ragazza?»

Fece per chiudere la porta, ma io riuscii ad infilare un braccio per impedirglielo. «Va tutto bene?» le dissi con più serietà. Forse non era il momento di scherzare. Lei spostò gli occhi da me al braccio prima di riaprire la porta. Arrossì non so bene per quale motivo. Poi mi guardò con sfida.

«Prima che un maniaco si presentasse di fronte casa mia, sì, andava tutto bene. Inizi a farmi paura Mr. Darcy»

Aveva capito quanto mi desse fastidio essere chiamato così, perché aveva una faccia soddisfatta. Non la sopportavo. Perché non poteva tranquillamente rispondere alla mia domanda? No, con lei doveva essere tutto difficile.

«Non chiamarmi così» ringhiai.
«E tu smettila di darmi fastidio, ho altro per la testa»
«Ti sto infastidendo?» dissi con aria innocente. Poi mi ricordai che non ero di certo andato da lei per i nostri soliti battibecchi, dovevo capire cosa non andava. Lo avrei fatto per Alex, dopotutto adorava sua cugina.

Mi resi conto che aveva il viso pallido, nonostante l'abbronzatura dorata della sua pelle. La osservai bene. Era diversa, e meno raggiante del solito. Stava male. Si vedeva lontano un chilometro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 21 ⏰

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