Prefazione

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Questa è una storia vera. 

E vi racconto come ne sono venuta a conoscenza, tanti anni fa.

La prima persona che mi ha preso in braccio pochi istanti dopo la mia nascita è stata una suora: mia madre mi raccontava che mi piaceva stare con lei, passavo minuti interminabili a fissarla e a succhiare i suoi baffi.

Ho trascorso la mia infanzia e la mia adolescenza tra le suore, ne ho conosciute talmente tante che potrei fondare la Congregazione delle sorelle spaiate da quanto sono uniche e variegate.

Poi, una volta cresciuta, ho lavorato per loro per un po'.
Non mi è venuta la vocazione, e meno male perché sarei stata una pessima suora per motivi che preferisco tenere per me.
Ma le stimo e le ringrazio: non sarei stata quella che sono ora senza il loro contributo, nel bene e nel male.

Oggi posso dire di conoscere con chiarezza la loro realtà, un micromondo fatto di sole donne con storie e personalità molto diverse, costrette a vivere insieme senza essersi scelte, forti e determinate per il percorso drastico che hanno intrapreso, ma anche fragilissime e piene di difetti.

Da loro ho imparato immensi valori che purtroppo ormai sono di poco conto per la nostra società.

Con loro ho riso e pianto, imprecato e dubitato, pregato e glorificato.
Tra loro ho incontrato donne felici e appagate, altre scontrose e frustrate, alcune sconnesse e sottomesse, certe carismatiche e intraprendenti, poche generose e sensibili, due o tre trascinanti e travolgenti, solo una speciale.

Si chiamava suor Lucia.

Il viso magro e scavato, le profonde pieghe sulla fronte e lungo le gote, i grigi occhi acquosi velati dalla cataratta e nascosti da due spesse lenti, le ciocche di capelli bianchi che le sfuggivano ribelli dal velo, testimoniavano la sua età avanzata già allora. Adoravo trascorrere i pomeriggi nella sua portineria a mangiare mentine e ad ascoltare i suoi racconti. Aveva passato gran parte della sua vita in Africa come missionaria e le storie che mi narrava parlavano di persone, luoghi e vicende del continente nero. Erano racconti avvincenti, emozionanti, incredibili ma di vita vera.

Ricordo ancora la prima volta che suor Lucia mi parlò di Miracle: fuori diluviava e io smangiucchiavo un dolcissimo fico. Rimasi stregata da quella storia. Quel giorno mi mostrò anche una foto ingiallita e spiegazzata, forse per dimostrare la veridicità del suo racconto. In essa due giovani ragazze sorridevano. Una era sicuramente suor Lucia, bassa e mingherlina come lei, con un naso aquilino molto pronunciato e con parecchi decenni di meno. L'altra fanciulla era più alta e slanciata, di una bellezza angelica, ma con un'espressione indecifrabile sul volto, come se il suo sorriso nascondesse un'anima ferita e un cuore ammaccato: Miracle.

Oggi, a distanza di tanti anni, mi ricordo ancora molto bene di lei, ciò che ho saputo della sua esistenza mi ha colpito, impressionato, commosso, a tratti sconvolto.
Ho finalmente deciso di raccontare la sua storia anche se opportunamente romanzata. Ho cambiato tutti i nomi dei personaggi per ovvie ragioni, ma molti di loro sono realmente esistiti. Samuel, per esempio, non si chiamava così e il suo background è totalmente inventato, ma è un ragazzo autentico. Anche Miracle è un nome di fantasia, ma rappresenta molto bene l'essenza della ragazza reale a cui mi ispiro. Ho eliminato ogni possibile riferimento, ma molte vicende sono vere, altre del tutto inventate.

Ultimamente mi ritrovo spesso a pensare a quella giovane donna così indomita, coraggiosa e genuina.

Ovunque lei sia ora, spero sia felice.

E a tutti voi, cari lettori, auguro di non smettere mai di credere nella speranza perché i miracoli accadono quando più ne abbiamo bisogno.
Fidatevi.


Keira🩷

















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