3. Incontri e scontri

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Eccomi davanti al portoncino di legno scuro, liscio e scolorito ai bordi. Sullo stipite superiore qualcuno ha inciso l'intestazione: Nostra signora della perpetua sofferenza. L'autore è un genio assoluto, soprattutto perché è impossibile cancellare la scritta se non eliminando la porta.
Faccio un profondo respiro, di nuovo, e busso delicatamente. Dall'interno una voce profonda, rauca, cavernosa sibila un "avanti" solenne. Apro il portoncino e mi ritrovo in una cella spaziosa adibita a studio. Una grande scrivania di ebano occupa il centro della stanza da una parte all'altra. Una scaffalatura nera ricopre la parete dietro il tavolone ed è piena di libri. Sul muro destro si apre una minuscola finestra a forma di ogiva che è l'unica fonte di luce insieme a una lampada a led posta sulla scrivania.
Su uno scranno di pelle scura che si trova dietro lo scrittoio è seduta una creatura avvolta in una tunica nera e col capo ricoperto da un lungo velo dello steso colore della veste. Appena mi vede, l'esserino si alza, ma sparisce dietro il tavolo, viste le sue dimensioni minuscole. Ricompare dopo una frazione di secondo davanti a me. In un silenzio assoluto alza il viso verso il mio e pianta i suoi occhietti stretti e azzurrissimi nei miei.

«Buongiorno, Madre, voleva vedermi?»

Silenzio.

La superiora comincia a camminare avanti e indietro davanti alla scrivania e ogni tanto schiocca la lingua contro il palato. Mi sembra di essere sul set di un film horror.
Di colpo madre Antonietta si ferma e col suo vocione quasi maschile tuona:

«Ti ho fatta chiamare, devo parlarti.»

Già sudo, ma il fatto che debba parlarmi e non malmenarmi mi rincuora leggermente.

«Tra poco più di una settimana professerai insieme alle altre novizie i primi voti, mi chiedo se tu sia pronta...»

No, per niente!
Ma non posso confessare i miei dubbi proprio a lei. Così tento di rassicurarla con un falsissimo "sì, lo sono", ma vengo anticipata.

«Certe volte mi sembri totalmente fuori luogo, come ora che ti presenti al mio cospetto scalza come una selvaggia.»

Scalza? Abbasso gli occhi e in effetti non indosso le scarpe. Non indosso le scarpe? O santissimo cielo!Non le metto quasi mai perché proprio non le sopporto: mi fanno sudare i piedi e mi imprigionano le dita in una morsa fastidiosa, ma come spiegarlo alla madre superiora? Madre Antonietta, che se sgarri ti colpisce con l'accetta non accetterebbe nessuna giustificazione. Ma, visto che ormai non ho niente da perdere, tento l'impossibile: sdrammatizzare per provare a farla sorridere.

«Mi scusi, Madre, le devo aver perse per strada... sa, come Cenerentola dopo il ballo, e magari il principe me le riporta.»

Silenzio. Assordante.
La creaturina nera e perfida gironzola per l'ufficio e si ferma alle mie spalle. Ecco, ora estrae l'accetta... sono finita!
Ma la sua voce profonda mi fa sobbalzare.

«Stamattina ho fatto un sopralluogo nella tua cella e ho trovato alcune cose interessanti, come questo...» e appoggia rumorosamente ai miei piedi lo specchio crepato che ho raccolto chissà dove durante una delle mie scorribande notturne.

«Lo sai che è vietato dalla Regola della nostra Congregazione tenere in monastero oggetti che istighino alla frivolezza e alla vanità? Ma forse tu non c'entri, potrebbero essere stati i topini di Cenerentola a trasportarlo sotto il tuo letto senza che tu te ne accorgessi... può essere, sai!»

Rabbrividisco.

«E poi ho trovati questi... sono davvero squisiti, ma non riesco a capire come siano finiti nella tasca della tua veste da notte... ipotizziamo: sempre i topolini?»
E con una mezza piroetta si posiziona di fronte a me con le mani sollevate verso il mio viso e i palmi spalancati.
Due stupendi fichi rosei torreggiano tra le sue grinfie.
Mi sento male. E ora cosa mi invento?
Inaspettatamente Madre Antonietta addenta un frutto e mugola di piacere.
Ricomincia a camminare avanti e indietro terminando anche il secondo fico e pulendosi la bocca e le dita sul bordo del lungo velo nero.
Che classe!
Poi si siede sullo scranno e comincia a ticchettare sulla scrivania.
Che ansia!
Infine si appoggia all'alto schienale della sedia e mi fissa, seria.

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