6. A lezione d'inglese

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Un mese dopo...

"Che bello che sei, posso avvicinarmi? Ecco... così... non ti faccio niente, sei stupendo! Ora posso accarezzarti? Cielo, che begli occhi azzurri, che hai. Sei una creatura meravigliosa. Ci sono quasi... ancora un passo..."

«Hey...dico a te... hey!»

Apro gli occhi di colpo. Chi osa interrompere il mio incontro col leoncino bianco nel mio sogno di poco fa?  Il leoncino l'ho incontrato davvero stanotte alla pozza d'acqua che ho scoperto durante una delle mie solite scorribande notturne. Era insieme ad alcune leonesse e stava bevendo guardingo.

«Piacere, mi chiamo Ilona... suor Ilona.»

Giro leggermente la testa ancora appoggiata sul banco e cerco di mettere a fuoco il volto di colei che ha disturbato il mio sogno. Un viso lentigginoso e paffuto, incorniciato da un velo grigio da cui spuntano ciocche di capelli rossi, è proteso verso di me. Due enormi occhi verdi mi fissano.
La ragazza mi sorride placida.

«Scusa se ti ho svegliato, ma cominciavi a russare e ormai la lezione sta iniziando, volevo evitarti una figuraccia.»

Ma farti gli affari tuoi? Ho dormito neanche un'ora stanotte, cosa vuoi che mi interessi della lezione d'inglese e di fare una figuraccia con quel vecchietto arteriosclerotico che ci fa da insegnante!  Ormai sono sveglia, quindi mi siedo composta sulla sedia, ma non prima di essermi stiracchiata rumorosamente per rigenerare le mie membra indolenzite.

«Ciao, io sono Miracle, ma tutti mi conoscono come Mira, suor Mira. E tu? Come hai detto che ti chiami?»

«Ilona.»

Conosco questo nome.
L'ho sentito tanto tempo fa da tre operai venuti a ristrutturare il monastero. Mentre consumavano il loro calorico pasto durante la pausa pranzo, ridacchiavano leggendo un giornaletto e nominavano lei e altri due suoi colleghi. Io ero appollaiata tra i rami di un grande castagno e loro erano seduti sull'erba del cortile interno, a pochi metri da me. Parlottavano e ridacchiavano passandosi il giornale. Quando hanno ripreso a lavorare spostandosi in un'altra zona del monastero e lasciando a terra rifiuti e rivista, sono scesa dal mio nascondiglio e mi sono fiondata tra gli avanzi del loro pasto. Ho afferrato il periodico e ho cominciato a sfogliarlo. Ma vedendo quelle foto oscene di uomini e donne nudi in posizioni impensabili e in atti altrettanto inimmaginabili per una mente pura come la mia, l'ho lanciato a terra e, col volto in fiamme, sono scappata nella cappella per chiedere perdono per me e per loro.

«Ilona?»

«Sì, mio padre era un fan accanito di un'attrice che portava quel nome.»

Spero non sia quell' Ilona che conosco io.

Così chiedo:

«Ma intendi Ilona... Staller, detta anche Cicciolina?»

«Sì sì, proprio lei! È stata un'attrice molto famosa!»

Ah certo, conosciutissima da tutto il genere maschile per le sue gesta estreme.

«Da quello che so, ha visto tutti i suoi film... e voleva per la sua primogenita un futuro da attrice, proprio come lei.»

Sgrano gli occhi e spalanco la bocca.

«Beh, qualcosa deve essere andato storto evidentemente.»

«Evidentemente...» ribatte lei imbarazzata.

«Sai, dopo di me sono arrivati quattro maschietti, a distanza di un anno l'uno dall'altro.»

«Ma dai...»

«Già! Non sai la gioia di mio padre! È talmente orgoglioso di loro! Li chiama i suoi quattro moschettieri!»

«Ma dai, che cosa carina...»

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