7. Green

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Help me/
Oh, please, someone help me/
I don't care, anyone, anything/
'Cause I'm so sick of being so lonely.

Noah Cyrus

Sento gli sguardi su di me prima ancora di vederli. Occhi che mi squadrano come se fossi un'opera d'arte di dubbia reputazione, ma ancora degna di essere esaminata. Riconosco ammirazione, forse un pizzico di invidia, e una punta di qualcosa che potrebbe essere rispetto o sfida.

Mi chiedo se siano tra quelli che hanno letto il commento e mi hanno dato supporto, o se si stiano solo godendo l'anteprima di una morte annunciata.

Non ho modo di saperlo, e in fondo non importa. Accenno un sorriso. Sì, sono qui, ancora in piedi, e me ne sbatto di cosa pensiate o cosa sappiate, non avrete il piacere di vedermi cadere.

Cammino per i corridoi con la precisione di un metronomo. Spalle dritte, petto infuori, sguardo sostenuto - come se potessi attraversare i muri. Perché, sì, il lunedì è cominciato e io sono una versione di Harper in bulletproof.

Intercetto la cricca di Dylan, un nugolo di bellezza tossica e testosterone in fuga, riunita intorno a uno dei finestroni come un branco di aquile sul crinale della loro superiorità. Lui, però, non c'è.

Mentre mi avvicino, si voltano, uno dopo l'altro. Le ragazze, fiamme di rossetto e sguardi appuntiti come coltellini svizzeri, mi scrutano con occhi che potrebbero far appassire cento giardini fioriti. I giocatori di football, montagne di muscoli e sorrisi ebeti, mi dedicano un coretto di fischi e risatine.

Le mie gambe sono pilastri di cemento armato, la mia volontà un filo spinato.

Poi le cose precipitano.

Jeremy scivola nel mio campo visivo con quella sua andatura sciolta, un ghepardo in jeans e felpa, e io vorrei tanto trasformarmi in un'ombra sul muro.

«Harper!» Mi raggiunge, la voce si abbassa a un soffice pianissimo mentre mi stampa un bacio sulla guancia. Il secondo. Inizio a pensare che abbia contratto un virus. «Sei splendida oggi, hai rubato una stella o cosa?»

La frase mi procura un brivido. Di ribrezzo. «Grazie» dico, mentre un conato minaccia di eruttarmi dallo stomaco.

Mi segue come un satellite verso l'armadietto. «Hai visto la nuova serie di Galactic Battles?» chiede ravvivandosi. Ma non sa parlare d'altro?

«Mhmm.» Deposito lo zaino e prendo solo i libri della prima ora. Letteratura con Collins, che gioia. «È mostruosa! Ho binge-watchato tutta la stagione ieri notte. Non ti spoilererò, ma devi vederla.»

«Ok. Lo farò.» Più o meno mai.

Diventa serio, l'espressione un po' più attenta. «Stai bene?»

«Sì, è solo— lunedì» sorrido. Richiudo l'anta con il lucchetto.

«Il più lunedì di tutti i lunedì?» Muove un passo avanti e, dannazione, il suo sguardo sincero mi stringe il petto. «Facciamo qualcosa» prosegue. Solleva una mano, con le nocche mi sfiora uno zigomo. «Dopo la scuola.»

Un altro appuntamento? Così ravvicinato?

«Tipo?» chiedo prudente.

«Un gelato da Gino's. Dicono che il gusto della settimana sia nocciola e cioccolato fondente.»

L'immagine vivida di un gelato che cola su un cono croccante mi attraversa la mente. Sì, è allettante. No, non è nerd. E, sì, è un sollievo. Ma non sono sicura di volerlo. Mi ero fatta una certa idea su Jeremy, me n'ero invaghita pazzamente, ma poi l'ho conosciuto e non è che non mi piaccia, solo non è quello che mi aspettavo. È diventato meno un desiderio e più un'abitudine, una vecchia maglietta comoda ma sbiadita che indossi quando non hai voglia di metterti a scegliere.

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