Jeff- Il mio passato

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Jeff

Merda, questa volta l'ho fatta grossa! Speriamo che Slender, Clok, Toby e Laughing Jack siano abbastanza forti da trattenerla finché non si sarà calmata... pensai mentre sul viso di Amatis si ingrandiva un ghigno diabolico, probabilmente scaturito dalla mia espressione leggermente terrorizzata.
Quando ero uscito non pensavo veramente che lei potesse arrivate a tanto! Insomma, vivevo con lei da quando avevo tredici anni e mi aveva sempre detto che non mi avrebbe mai fatto del male, ma forse questa volta avevo davvero passato il segno...
L'avevo conosciuta per caso, mentre andavo in giro per scaricare la rabbia che mi avevano fatto salire gli insulti di mio fratello Liu.

*Flashback*

Eravamo a casa da soli, mia madre era andata a fare la spesa e mio padre era a lavoro, come sempre. Ero steso in camera mia, a leggere un libro di fantasia, che tanto mi piacevano. Ero tornato da poco a casa dall'ospedale, la mia pelle era diventata completamente nivea e non era cambiata solo lei, anche i miei capelli, neri come il carbone. Oramai mi ero abituato al mio aspetto, anche al sorriso che mi avevano inciso quegli stupidi tre bulletti (NdA lo so che non l'avevano fatto loro, ma preferisco questa versione, che quella "reale". Ho cambiato anche il fatto che si era bruciato le palpebre e in questa storia le ha sane. Non uccidetemi! *comincia a correre inseguita da una folla inferocita*) che ora avevano ricevuto la giusta punizione. Sorrisi a quel pensiero ma smisi quando entrò il Cretino.
"Beh, che cavolo guardi, Mostriciattolo? Ammiri la mia perfezione? Se vuoi te ne presto un pò, Obrobrio vivente." Esclamò ridendo, come se avesse fatto una battuta splendida.
"Senti, se sei qui solo per fare lo sbruffone fai prima ad andartene!" Gli urlai contro, aggiungendo uno stronzo appena mormorato, che credevo non avesse sentito, ma mi stavo sbagliando.
"Ripeti quello che hai detto, se hai coraggio, coglioncello!" Mi ringhiò contro, prendendomi per i capelli, che erano cresciuti fino ad arrivarmi alle spalle.
"Mollami! Mi fai male!"
"Ripeti e ti molleró" mi urló contro strattonadomi e continuando a tenermi per i capelli. Oramai le lacrime avevano cominciato a farsi strada sul mio viso, per colpa del dolore e della rabbia.
"Ho detto che sei uno stronzo, va bene?!? Mollami!" Mi sbattè la faccia contro il muro, facendomi uscire del sangue dal naso e non contento mi prese per il collo e, portandomi davanti al suo viso mi sibilò:" Guai a te se mi chiami ancora così, Mostro. Se osi di nuovo farlo ti ucciderò, hai capito?"
Gli risposi uno strozzato sì, mentre la vista cominciava a scurirmisi e in quel momento tornò nostra madre ma ovviamente non vide nulla. Aveva lasciato la porta aperta e colsi quell'occasione per correre via.
Sentii che mi chiamava ma non pensai minimamente di girarmi e tornare in quell'Inferno.
Correndo mi tirai su il cappuccio della mia felpa preferita, bianca come la mia pelle ma inciampai e caddi, slittando a terra e arrivando ai piedi di una ragazza, ad occhio e croce di sedici o diciassette anni con una lunga mantella nera.
"Ehi, piccolo, stai bene?" Mi aiutò ad alzarmi e stranamente sorrise quando vide le mie cicatrici sul viso, che non avevo fatto a tempo a nascondere con il cappuccio.
Quando fui in piedi quasi caddi nuovamente, abbassai lo sguardo e vidi che il ginocchio si era quasi totalmente rovinato e i miei vecchi jeans erano da buttare.
La ragazza si chinò e, osservando la mia gamba esclamò :"Hmm... vieni a casa mia, così posso medicarti per bene." Ma vedendo la mia espressione dubbiosa si mise a ridere.
"Tranquillo, piccolo, non ti voglio uccidere! Sei al sicuro con me!" Mi prese la mano "La mia casa è a due minuti da qui. Come ti chiami?"
"Mi chiamo Jeff... non ti fanno paura le mie cicatrici? Fanno paura a tutti..." le dissi abbassando lo sguardo a terra
"No, non mi fanno paura, piccolo Jeff, anzi, ti stanno anche piuttosto bene! Ah, io sono Amatis." Esclamò ridendo e io la guardai stupefatto. Nessuno mi aveva mai trattato così bene, tutti mi davano del mostro o comunque facevano commenti non positivi contro di me.
"Eccoci arrivati. Entra pure!" Mi disse sorridendo lei.
Prima non me n'ero accorto ma eravamo entrati in un bosco dove tutto d'un tratto era spuntata una villa coloniale, come per magia.
Appena entrato mi guardai intorno meravigliato, cavolo, quanto avrei avuto vivere in una casa perfetta come quella! Era fantastica!
"Jeff? Vieni, siediti qui." Mi chiamò Amatis e notai che non aveva ancora tolto il lungo mantello nero.
Mi alzò la gamba dei jeans, finchè il ginocchio non si vedeva totalmente. Prese un panno e cominciò a pulirlo, per poi passarmi dell'alcool, una crema e, alla fine, fasciarlo.
Dalla velocità sembrava che avesse passato tutta la vita a fare medicazioni. Per spezzare l'inquietante silenzio che aleggiava nella stanza le cominciai a farle delle domande.
"Ammy? Posso farti delle domande?" Sorrise a quel nomignolo che le avevo appena dato.
"Dimmi pure, piccolo."
"Vivi qui da sola? Quanti anni hai?"
Mi rispose continuando a sorridere, sembrava quasi felice che io fossi lì con lei.
"Allora, vivo qui da circa dieci anni con un... amico e ho diciassette anni, circa."
"Come circa, non sai nemmeno tu la tua età?" Le chiesi confuso. Lei scoppiò a ridere divertita, come se avessi appena fatto una battuta.
"Beh, Jeff, sai chi è Jack lo Squartatore? Diciamo che lui è stato il mio maestro e mi ha insegnato tutto quello che so."
Ero sempre più confuso. "Ma lui non è vissuto più di cento anni fa? Com'è possibile che tu sia così v..." mi fermai appena in tempo, avevo paura di offenderla.
"Vecchia? Beh, diciamo solo che Jack sapeva molte cose e ha fatto in modo che io potessi sempre insegnarle a tutti." Mi rispose vaga. Si alzò.
"Bene. Penso che sia meglio riportarti a casa. Fuori è scuro e non vorrei che la tua famiglia si preoccupasse troppo!" Esclamó e mi cominciarono a salire le lacrime al solo pensiero di tornare da loro. Amatis se ne accorse subito e si preoccupò. Si portò alla mia altezza.
"Jeff, cosa succede? Va tutto bene?"
Senza sapere il perchè la abbracciai e le raccontai tutto quello che loro mi avevano fatto sussurrando alla fine :"Vorrei che morissero... tutti... soffrendo come hanno fatto soffrire me..."
"Pagheranno per quello che hanno fatto, tranquillo piccolo, da domani sarai libero e potrai venire qui con me e con il mio amico a vivere. Ti va? Diventerai come noi, ti insegneremo tutto, va bene?"
Mi staccai da lei e annuii.
"Ora però devo riportarti a casa tua, ma domani notte tornerò e faremo finire tutto, ok?" Annuii nuovamente.
"Bravo piccolo." Mormorò e mi prese in braccio per riportarmi a casa. Non sapevo come facesse a portare in braccio un tredicenne, sì, ero uno scricciolo ma pesucchiavo. Dopo pochi minuti arrivammo davanti a casa mia e Amatis mi riappoggiò a terra, mi prese per mano e suonò il campanello. Dopo pochi secondi comparvero mia madre e mio padre che la ringraziarono e per me ricomiciò l'incubo ma, per una volta, sapevo di dover sopportare ancora per poco tutto quello.

LA NOTTE DOPO

Era finalmente arrivata la notte e io aspettavo che la mia liberatrice arrivasse. Sentii bussare alla finestra e con un gigantesco sorriso andai ad aprirla, facendo entrare Amatis. Si era messa un mantello nero e aveva dei pugnali -sei, credo- e due spade appese ai fianchi, sembrava l'eroina delle storie che leggevo. La abbracciai e lei ricambiò.
"Piccolo, vuoi davvero eliminare il tuo problema dalla radice?" Annuii serio. Non ce la facevo più a resistere con quella vita.
Lei mi portò in cucina, dove mi porse un coltello affilato e, seria, mi disse :"Jeff, ora dovrai uccidere la tua famiglia. Se vuoi potrai anche togliere la vita ad uno solo di loro, agli altri due posso pensare io."
"Non ho problemi ad uccidere mio fratello e mio padre ma mia madre non ci riuscirei..." mormorai abbassando la testa. Temevo di deluderla. Lei mi abbracciò e ci avviammo verso la camera di Liu. Entrammo. Lui era steso sul letto che dormiva e sobbalzò quando sentì la porta che si chiudeva, a quanto pare aveva il sonno leggero.
"Mostriciattolo, che cavolo ci fai qui e perchè sei sveglio?" Si stopicciò gli occhi e vide Amatis disse, cominciando a spaventarsi :"Chi diavolo sei tu?" C'era una frase che mi diceva sempre la notte prima di picchiarmi : Vai a dormire, Jeff
"Và a dormire, Liu." Gli dissi prima di affondare il coltello nel suo petto e lui, con una faccia stupefatta, cominciò ad urlare dal dolore. Subito accorsero anche mia madre e mio padre. Non persi tempo e accoltellai anche quest'ultimo.
"Mi dispiace per quello che ti abbiamo fatto, Jeff..." queste furono le ultime parole che disse pentita mia madre, prima di essere trafitta da una spada ed abbandonarsi alle braccia della Morte.
Sentimmo delle sirene e Amatis mi prese velocemente in braccio, tenendomi ben stretto e saltando dalla finestra, distruggendola, ma non fu abbastanza veloce. Un poliziotto appena entrato in camera del mio defunto fratello, fece in tempo a spararle alla spalla ma lei non se ne curò cominciando a correre nel bosco ma la polizia non era troppo distante.
Mi nascose e mi disse :"Jeff, tesoro, stai qui e non uscire finchè non sarà tutto finito, ok?"
Non attese una mia risposta, si mise una maschera nera, da cui sembrava uscissero delle lacrime di sangue dagli occhi e con decori in oro -almeno penso che fosse oro- che la faceva somigliare ad un teschio di carbone.
Estrasse le due spade nel momento in cui arrivarono i primi poliziotti, che le ordinarono di abbassarle, puntandole la pistola addosso, mentre un'altra dozzina di loro correvano dai colleghi.
"Te lo ripeto ancora, abbassa le armi e identificati."
Una risata si scaturì dalla sua gola, terrificante, distorta dalla maschera, e i poliziotti cominciarono ad indietreggiare.
"Chi sono? Oh, sono il vostro peggior incubo, colei che prenderà la vostra anima e la separerà dal vostro corpo!" Un uomo le sparò ma lei non era più lì. Era due metri piú in su, a mezz'aria e due enormi... ali? ALI, le spuntavano dalla schiena.
"Io sono l'Angelo della Morte!" Disse e poi attaccò i poliziotti.
Avevo paura, molta, avevo paura che lei morisse. Per tutta la durata dello scontro tenni gli occhi chiusi e mi coprii le orecchie.
Sentii due braccia che mi sollevavano dal mio nascondiglio e finalmente aprii gli occhi. La vidi e la abbracciai stretta.
"Ora ti porto a casa." Mi sussurrò e da lì cominciò la mia nuova vita. Amatis e Slenderman mi insegnarono ad uccidere e, anno dopo anno, anche molti altri cominciarono a vivere con noi tre e diventammo gli assassini più temuti e famosi al mondo.

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Cominciate ad amarmi, per un capitolo cosí lungo. O almeno non uccidetemi se non seguo per filo e per segno la vera storia delle creepypastas. Beh, non ho altro da dire...
Che la fortuna sia sempre a vostro favore,
SoulEater

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