9. Tutti a Teatro

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La musica è la lingua dello spirito. La sua segreta corrente vibra tra il cuore di colui che canta e l'anima di colui che ascolta.
Kahlil Gibran

Andrea's POV

«Cazzo!», afferro la sigaretta e la spengo in maniera energica nel portacenere.

Tra qualche ora passerò a prendere Eva per andare a teatro. La nostra prima uscita ufficiale, ma la mia testa è altrove.

Devo inventarmi qualcosa.

Per quanto questa idea folle del concorso mi possa aprire mille strade; il fatto che Eva possa convincere quella donna, mi mette in soggezione.

Quella donna deve stare lontana da me!

Perché?

Perché quella notte ho avuto una paura tremenda, una fottuta paura del buio e non voglio più vivere una situazione del genere. Ho assistito a cose inquietanti che neanche nei miei incubi peggiori, credo di aver mai visto.

Ho come la sensazione che quella donna porti sciagura.

Per questo motivo prendo chiavi, casco e mi dirigo verso casa sua, devo essere certo che rifiuti la nostra offerta. Troveremo qualcun altro.

Una volta giunto sotto il suo palazzo, citofono prepotentemente il suo campanello.

«Chi è?» risponde dopo alcuni secondi e con l'affanno.

«Sono Andrea», le bisbiglio nascondendomi dai passanti.

«Chi?», ribadisce alzando il volume della voce.

Questa donna è senza speranza!

«Sono.Andrea.Cortese», le dico a rallentatore.

«Oh...» si limita a rispondere.

«Devo parlarti!», dico con enfasi, ormai dandole del tu.

Non accetto un rifiuto! E al diavolo le formalità.

Il mio tono sicuramente ha dato i suoi risultati, perché sento il rumore del portone che si apre.
Salgo una rampa di scale e mi aspetta sull'uscio della sua porta.
Studia la mia espressione, per capire le mie intenzioni.

In effetti quella volta sono scappato senza dire una parola.
Dovrei chiederle scusa?

«Posso entrare, sorella?», dico con un sorriso sfrontato in viso.
Alza gli occhi al cielo, ma lascia libero il passaggio. Entro.

«Sarà una toccata e fuga», affermo cercando il volantino del concorso.

«In che senso?», chiede lei.

Alzo lo sguardo e la sua espressione è seria e quasi indecifrabile...

«Non nel senso che pensi tu», anche se non vedo ombra di malizia nel suo viso.

Forse lo penso solo io!?

«L'unico senso per me di "toccata e fuga" è l'opera in Re minore di Bach», afferma lei serafica.

Resto muto per alcuni secondi, sbattendo le palpebre, sperando che stia scherzando.

Non sta scherzando.
È davvero senza speranza.

«Cosa mi devi dire?»,chiede.

Tiro fuori il volantino e glielo sbatto nel tavolo.

Sobbalza.

«Potresti non rompermi il tavolo, per favore?», il suo tono è infastidito.

Trascino una delle sedie e mi accomodo senza invito. Le spiego quello che lei NON dovrà fare.
Racconto tutto senza seguire un filo logico, soffermandomi su Eva e sul fatto che andremo ad ascoltarla a teatro tra qualche ora...
Deve dire di no per la partecipazione al concorso!!

Non Sarai Mai AbbastanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora