Capitolo 4

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'Oh luna che illumini il cielo
Guardami da lì in alto
Dimmi che va tutto bene
Rasserenami in questa notte tempestosa
I tuoni sono tormente
Che producono scintille nel mio cuore
E la rabbia arde nel mio animo
Spegni quel fuoco!
Te lo imploro! Oh cara luna!
Calma il mio scoperto irrequieto animo
Dalla frenesia della vita
E placa la mia mente
Da pensieri atroci
Te lo imploro! Oh dolce luna!'

Ero davvero brava a scrivere poesie,soprattutto per la luna. Amavo così tanto la luna,ne ero davvero tanto devota! Ogni notte,quando non riuscivo a dormire,andavo sulla balconata di casa e ammiravo la luna dal basso. Da questo infimo balcone ammiravo la meraviglia del cielo che più risplendeva nell'oscurità. Ah quanto avrei voluto qualcuno che mi avesse guardato con gli occhi di chi sa apprezzare la luna! Le stelle attorno alla tenera luna formavano un complesso niente male: era ammaliante quella costellazione! La prima che riuscii a vedere ad occhio nudo! Si trattava dell'orsa maggiore: la costellazione più facilmente riconoscibile. Per osservarla bastava guardare verso nord alla ricerca di sette stelle ben visibili posizionate in modo da formare una sorta di mestolo. Mi sentivo notevolmente appagata! Quando era bella la costellazione e quando erano belle le stelle intorno ad essa! Solo che c'era un freddo glaciale,si vedeva che stava arrivando l'inverno! Era meglio tornare dentro casa, sennò rischiavo di prendermi un accidenti.

Per quanto fossero affascinanti le stelle non capivo il perché fossero tutte 'lontane' dalla luna. Anche la luna meritava un po' di compagnia! Eppure non era male essere soli. In quel periodo mi isolavo molto,mi ritrovavo sola a pensare e ripensare nel mio studio e leggevo,leggevo,leggevo Shakespeare e le sue poesie d'amore che tanto mi appassionavano. La mia preferita era il sonetto 130. Era una lettura recente, ma mi rimase fortemente impressa nel mio spirito:

'Gli occhi della mia donna non sono come il sole;
il corallo è molto più rosso delle sue labbra:
se la neve è bianca, allora perché i suoi seni sono grigi?
Se i capelli devono essere filamenti, fili neri crescono sulla sua testa
Ho visto rose variegate, rosse e bianche,
ma non ho visto alcuna rosa sulle sue guance;
e c'è più delizia in altri profumi
che nell'alito che il mio amore esala.
mi piace sentirla parlare, perché so
che la sua voce, per me, è come musica;
quando la vidi non mi sembrò una dea:
la mia donna, quando cammina, non ha grazia.
E nonostante ciò, il mio amore è così raro
come se lei fosse stata elogiata da falsi paragoni.'

Questa poesia parlava della donna amata da William Shakespeare, però a differenza degli altri poeti precedenti alla sua epoca,che idolatravano la donna come se fosse un angelo,la vera perfezione in ogni attimo,situazione,lui la descrive come se fosse una donna,si, speciale per il suo cuore,ma comune a ogni donna su questo mondo. Come se fosse una tra tante,ma come le altre: si poteva notare il dettaglio della descrizione minuziosa della donna. Occhi neri,capelli corvini,pelle grigiastra e il modo di camminare non tanto aggraziato per una signorina,ma lui amava queste 'imperfezioni'. Diceva che il suo amore era così raro,così speciale per la sua anima che era come se fosse stato elogiato da falsi paragoni,ossia dai suoi predecessori,che descrivevano la donna come se fosse un angelo:perfetta in tutto,occhi azzurri come il mare,capelli dorati come l'ambra e le guance di un colorito roseo che appena la notavi ti scaldava il cuore per la sua grazia e la pelle candida come la neve.

Oh quanto amavo anche l'arte! Adoravo soprattutto i dipinti di van Gogh! Era il mio artista preferito in assoluto! Riusciva in un dipinto a racchiudere la quotidianità della vita del mondo con pennellate piene di dolore per la sua vita travagliata. Mi sentivo come se mi rappresentasse a pieno. Aveva un carattere riservato,selettivo,ma allo stesso tempo premuroso e gentile. Aveva una bella anima,brillante come i suoi occhi azzurro cielo e i suoi capelli rossi erano così luminosi alla luce del sole! Non l'avevo mai visto di persona,anche se abitavo nei pressi di Londra e sapevo che ci andava saltuariamente. Di recente,in quel periodo aveva dipinto un autoritratto nel settembre del 1887. Aveva uno sguardo deciso verso lo spettatore,tanto da quasi spaventare chi lo guardasse: gli occhi erano lo specchio dell'anima e si notava sin dalla prima occhiata al dipinto. I suoi occhi riflettevano un'anima in pena,sofferente ma il suo corpo era tranquillo,pacato,come se non stesse succedendo niente dentro di lui,ma i suoi occhi raccontano altro. Si poteva notare le pennellate furiose,segno del sentimento residente le sue opere,pennellate nervose e frenetiche proprio come il suo animo:il suo stile rappresentava a pieno ciò che provava,tutte le sue emozioni mescolate in un insieme unico che solo il maestro sapeva creare. Non vedevo l'ora che ritornasse a Londra! Magari sarebbe stata la volta buona per uscire da questa casa consumata dalle mie emozioni e incontrare la realtà. Sembrava come se vivessi in un altro corpo che non era il mio,ero strana? Provai a parlarne con mia sorella,ma mi guardò stranita e se ne andò via da me. Pensava chissà cosa,le avevo solo rivolto un quesito! Ah non importava!

Pensai e ripensai nel cuore della notte e mi venne in mente un pensiero di un filosofo morto nel 1860,ovvero Schopenhauer. Lui parlò dell'auto convinzione: nella nostra vita la gente ci faceva autoconvincere di alcuni fatti,come per esempio la mia perfezione solo perché ero docile e tranquilla e facile da stanare. Tutti mi avevano sempre riferito della mia bravura,della mia genialità,ma... Davvero ero così? Mi ero autoconvinta di queste voci: "Ah che brava alunna!'', "che brava ragazza!''. Avevano creato un'immagine di me che non era reale,se non pura perfezione,che alla fine,non era altro che un concetto astratto. Mi sentivo come se chi parlava della mia persona fosse antecedente a Shakespeare,come Petrarca o Dante nella descrizione della 'donna angelo', invece io mi descrivevo come Shakespeare nel sonetto 130,come una donna imperfetta dentro, con un vuoto interiore,il quale non sapevo come colmare. Uscivo pazza per ricercare il motivo di questo vuoto: sentivo come se non avessi un cuore,come un automa freddo e metallico senza un briciolo di emozione. Studiavo in maniera matta e disperata per colmare questo foro nell'anima. Come la luna,il cuore era diventato il buco di luce nel cielo stellato: nei momenti di crisi si illuminava di un azzurro intenso,fino a diventare di un blu oltremare, tipico del Mar glaciale Artico.

𝓝𝓸𝓷 𝓽𝓲 𝓼𝓬𝓸𝓻𝓭𝓪𝓻 𝓭𝓲 𝓶𝓮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora