V. Digara

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Ezlyn non sapeva esattamente quando fosse successo. Forse era capitato quella notte stessa, quando aveva visto il volto esanime del suo amato padre, o magari erano state la fame e tutte le botte che aveva preso dagli abitanti di confine quando aveva tentato di supplicarli per un solo misero pezzo di pane. L'unica cosa di cui poteva essere certa, tuttavia, era il modo in cui il mondo aveva preso sfumature diverse per lei, più cupe, più...reali. Ad un certo punto, la bambina che amava la neve e correva spensierata per le montagne, era diventata la donna in cui vene scorrevano le fiamme. Le sue lacrime si erano trasformate ben presto in rabbia e la rabbia in un odio puro e logorante, che la divorava e la distruggeva notte e giorno come un veleno senza cura. Da allora Ezlyn aveva fatto una scelta: non avrebbe più temuto la morte e non si sarebbe mai più tirata indietro. La sua anima avrebbe continuato a vivere e lottare finché la sua amata terra non fosse tornata ad essere libera.

Il Ceyos la spaventava, era una maestosa creatura senza tempo, ma Ezlyn gli andò in contro con un sorriso sotto la maschera. Il fuoco delle sue katane prese a sfrigolare non appena le lama lasciarono le fodere; l'esagono si illuminò immediatamente di una malsana luce cremisi.

Il suo corpo poteva anche morire lì quel giorno, certo, ma il suo spirito avrebbe trovato il modo di risorgere dagli inferi l'indomani.

Il demone ruggì di nuovo a pieni polmoni, la sua cresta di aculei distrusse un lato del soffitto, ma le rocce che gli crollarono addosso non scalfirono neppure le sue squame. Ezlyn respirò profondamente, l'aria intorno a lei puzzava di devastazione e rabbia, una rabbia cieca che riusciva quasi a strisciarle sotto la pelle. Era una sensazione nauseante. L'adrenalina le correva in corpo come un mare in tempesta, poteva sentire le onde furiose vorticare e fluire nei meandri più oscuri di sé stessa.

Non temo la morte!

Né oggi, né mai.

Bai emise una fiammata incandescente. La lama bianca e rovente si scontrò contro la solida pelle del Ceyos; il fragore si riverberò sulle pareti della caverna facendole vibrare. Eppure, quando Ezlyn ripose gli occhi sulla bestia, neppure un misero graffio decorava le sue squame. Le fiamme di Bai, per quanto infernali, non erano riuscite a scalfirlo.

Ezlyn fece due passi indietro, i suoi piedi colpirono malamente le rocce che giacevano in terra, ma non si allontanò. Doveva esserci qualcosa che poteva fare!

Pensa!

Si disse.

Dei Ceyos sapeva fin troppo poco, quel che veniva narrato dalla gente erano per lo più storie di fantasia. Non aveva elementi su quella bestia demoniaca, non aveva nulla. Era sola contro una creatura che si dicava fosse capace di spazzar via interi eserciti. Le gambe le tremarono, brividi freddi corsero come saette sulla sua nuca ora madida di sudore. Aveva promesso a Maliah che avrebbe consegnato quella lettera, ma non aveva sinceramente pensato di poter morire nel tentativo. Il distino sapeva ancora sorprenderla, dopotutto.

Il Ceyos si dimenò d'improvviso ed Ezlyn fu troppo lenta ad intercettare il suo movimento, un'ala sanguinosa le andò addosso con la forza di un uragano. La centrò in pieno, scaraventandola contro la parete rocciosa come se fosse un pupazzo senza vita. Ezlyn emise un gemito profondo. Il dolore accecante e viscerale le tolse il respiro, i suoi organi interni tremarono come se stessero per implodere, mentre un fiotto di sangue amaro le risalì su per l'esofago andando a bagnarle le labbra. Digrignò i denti cercando in tutti i modi di rimanere cosciente. Alla fine, crollò a terra in ginocchio, il palmo premuto sul petto.

Un misero colpo l'aveva ridotta così, ma la triste verità era che se Ezlyn fosse stata una semplice umana quel misero colpo l'avrebbe di certo uccisa.

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