Riccardo mi chiama nel cuore della notte. Si sentono delle urla di sottofondo.
"Zia... mi vieni a prendere?"
"Certo, arrivo"
Non ho bisogno di chiedere i dettagli, immagino perfettamente cosa stia succedendo in quella casa.
Infatti quando suono il campanello e mio fratello apre la porta, rosso in volto e concitato, non gli dico nulla. Gli passo davanti, vado in camera da letto "mi dispiace molto, è uno stronzo" dico a sua moglie e poi aggiungo "se hai bisogno di tempo per te, o per ammazzarlo, va bene se tengo Riccardo un paio di giorni? Così magari rimane meno traumatizzato".
Il suo sguardo è un misto grondante di tante cose. Ma poi annuisce piano "grazie"
Mio nipote è già vestito, seduto sul letto, con il cuscino tra le braccia.
Quando apro la porta mi corre incontro e mi abbraccia.
"Se tu giocassi a calcio potremmo riempire la sacca con un paio di magliette, il pigiama..."
Lui sorride appena "la custodia della chitarra va bene?"
"Usiamo queste due buste di stoffa, dai e non dimenticare lo zaino di scuola. Almeno i quaderni, poi per i libri ci organizziamo".
In macchina è silenzioso. Me le farà, le mille domande che ha in testa, ma se sono fortunata non lo farà stanotte.
Lo sistemo nella cameretta degli ospiti, ci ha dormito tante volte, ma oggi si guarda intorno come se non la conoscesse.
Sto un po' con lui. "Cerca di riposare" gli accarezzo la testa mentre lui crolla. Perché in fondo è
Poco più di un bambino e il sonno vince ancora su tutto.
A colazione sembra aver resettato la nottata. Ride, scherza, mangia come un lupo. Lo accompagno a scuola e mi domando quando sgancerà la bomba. Mi preparo delle risposte che possano andar bene.
Arrivo in studio infastidita, ci metto un po' a capire che è per colpa dei troppi cambi nella mia routine, ma la consapevolezza non agevola l'accettazione.
Eppure sono così felice di averlo a casa, lui che è un pezzo di cuore.
Mio fratello è un idiota, ha questo tesoro tra le mani e non può far a meno di distruggerlo. Idiota. Non si rende conto di cosa significhi tornare a casa ogni giorno in una casa vuota. Abbracciare un cuscino. Sognare un amore.
Distruggo totalmente il mio schema quel giorno, annullo due appuntamenti e dirigo la macchina verso la periferia della città. Prima di ripensarci. Prima che l'universo ci ripensi.
Quando parcheggio nel grande spiazzo del parco però mi spavento, tanto che quasi scappo. Ma poi la vedo.
La guardo da lontano e lo so. Che o con lei o mai.
Scendo e la raggiungo. Questa volta sembra proprio sorpresa di vedermi. Per una volta l'ho presa io alla sprovvista.
"Ciao"
"Ciao"
Ci sorridiamo. Non mi chiede che fai qui, perché lo sa che la mia presenza è un raro evento da accogliere con le pinze e i guanti.
"Posso fare il tour del parco, un tour privato?"
Mi guarda sempre con stupore, ma che è più un'allegra meraviglia. "Si, prendo la Jeep"
È un'altra Jeep, non la sua. Una verde che profuma di resina e ginepro.
Salgo con lei, guardo il profilo scorrere insieme alla macchia mediterranea dietro il suo finestrino. I capelli castani che ondeggiano con le buche e il maestrale. Le prendo la mano. Non so dove prendo il coraggio. Intreccia le sue dita con le mie e scorre complicità tra i nostri sorrisi, scorre irrealtà, adrenalina... scorrono tutte le cose importanti che fanno scomparire il resto del mondo. Sembra la cosa più naturale di sempre, la mia mano nella sua. Cambiamo le marce con quelle mani intrecciate. Cambiamo la velocità delle stelle e i pianeti che ci osservano. Io non lo so... ma voglio solo essere qui e la paura sembra come liquefatta dal desiderio.
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Diottrie
RomanceSilvia lavora come oculista in una piccola città, ha una vita tranquilla, ordinata, precisa. Non si aspetta di incontrare Valeria e restarne affascinata e dentro di sé inizia a sperarci, in qualcosa che disturbi la prevedibilità delle sue giornate...