L'indomani mattina dimentico la borsa sul tavolo di cucina e devo risalire a prenderla. Giro la chiave di una tacca per accendere il quadro, mi metto la cintura, accendo il motore e poi tolgo il freno a mano. Riccardo si spalma sul sedile del passeggero. Lo lascio a scuola, non ne ha voglia, ma si tira su dritto ed entra. Io arrivo in studio, appendo la giacca, metto il camice, accendo il computer, controllo l'agenda. Non ne ho voglia nemmeno io, ma mi tiro su dritta e faccio accomodare il primo paziente.
Vittorio ha poco più di trent'anni, ma porta addosso quei gesti lenti e composti di un uomo d'altri tempi.
Ha preso un appuntamento per l'ultimo controllo, dopo due settimane dovremmo averla avuta vinta su questa congiuntivite. Lo vedo già, il suo sguardo azzurro che è tornato limpido.
"Prego, si accomodi"
"Grazie"
Mi avvicino per controllarlo "molto meglio si, molto meglio" poi torno alla scrivania "metta ancora questo collirio, solo per cinque giorni. Poi ci sentiamo solo se ha necessità"
Lui piega il foglio con la prescrizione con cura, sorride, lo mette nella tasca interna della giacca, proprio dove mio nonno teneva le cose importanti.
"Grazie, dottoressa" si alza e fa un mezzo inchino con la testa e si avvia alla porta.
Su ogni paziente ci si potrebbe girare un film. Già me lo immagino, lui tutto composto, che fa la spia per i servizi segreti britannici. Il lungo cappotto col bavero, i pedinamenti lungo il fiume.
Mi alzo per far accomodare la signora Martini, che ormai avrà 65 anni per gamba, una cataratta per occhio. Cammina con un bastone, anche se in effetti il bastone non lo usa per camminare, più per sicurezza, lo tiene appeso a un braccio.
"Come va, signora?" Le dico alzando un po' il tono di voce, lei mi guarda le labbra quando parlo, non ha un orecchio che le funzioni bene.
"Eh, invecchiando, che ci vuole fare?"
"Le ho preso i contatti per la clinica, per l'intervento. Con gli esami dovremmo essere a posto"
"Ohi, menomale, grazie dottoressa. Quando devo andare? Che mi accompagna mio figlio e lui deve sempre lavorare"
"Può far chiamare lui in clinica, così prende l'appuntamento in un giorno in cui gli vien bene"
"L'appartamento?"
"L'appuntamento, signora"
"E quando è"
"Faccia chiamare suo figlio!" E le porgo il biglietto
"Ah! Lui chiama, ma deve sempre lavorare! Chiamo io"
Si metterà d'accordo con se stessa, prima o poi.
"Che lui lavora all'università, lavora tanto sa, è un bravo ragazzo"
Annuisco. Già.
"Allora, chiamo questo numero e loro mi dicono quando andare?"
"Si" alzo un pollice su. Mi alzo per accompagnarla prima che ci ripensi e inizi a raccontare dei nipoti o di quello che ha cucinato ieri. Era già successo.
Riccioli di permanente che ondeggiano verso l'uscita su ginocchia da sistemare. La vecchiaia è così, tanti pezzi da aggiustare e molte cose da raccontare.
C'è un altro paziente in sala d'attesa. Uno nuovo che ha preso l'appuntamento ieri sera. Occhi in fiamme dopo un pomeriggio di saldature. Ne arriva sempre uno, che pensa che ci si possa mettere a saldare dopo aver visto un tutorial, senza avere mai parlato con un esperto.
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Diottrie
RomanceSilvia lavora come oculista in una piccola città, ha una vita tranquilla, ordinata, precisa. Non si aspetta di incontrare Valeria e restarne affascinata e dentro di sé inizia a sperarci, in qualcosa che disturbi la prevedibilità delle sue giornate...