Capitolo 4

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Vik e Ismara erano in cucina, parlavano di qualcosa.

Isotta si era chiusa in bagno, seduta sul davanzale interno della finestra, i capelli ricci e corvini erano disordinati e caotici, di chi aveva passato la notte insonne.

Il libro sulle regole della statistica la stava annoiando. Lo aveva letto così tante volte che rischiava di conoscerlo a memoria.

Anni prima Ismara le aveva chiesto di darle una mano con il gioco d'azzardo e così si era messa a studiare. La donna giocava da anni, ancora prima che sposasse suo padre, professore di matematica in un liceo di Berlino. L'obiettivo era tenere nascosta la sua ludo-patia al marito, quindi aveva chiesto aiuto a Isotta meno brava del professore ma, comunque, d'aiuto.

Gettò il libro a terra e diede un'occhiata fuori dalla finestra. Il panorama la disgustava, quel quartiere era un ammasso di catrame, non esisteva un singolo fiore.

Era come se le stagioni avessero abbandonato quel sobborgo. Tutto così atono.

Non sentiva Hänsel da settimane, probabilmente l'aveva abbandonata in quella situazione senza voltarsi indietro. Perché avrebbe dovuto aiutarla?

Sospirò, cercando di non pensarci. La catena era ancora lì. Non aveva tuttora la più pallida idea su come uscire di casa senza fare rumore. Un complice non sarebbe stato scomodo ma non esisteva un modo per mettersi in contatto con l'esterno.

Saltò giù dal davanzale e quel tintinnio le diede fastidio. Riprese il manuale e, camminò verso la cucina. Quanto assurda doveva essere la sua testolina del cazzo per non provare disagio a camminare con una catena alla caviglia?

Forse, la cosa giusta era chiedersi quanto fosse stata umiliata nel corso di quegli anni, dopo la morte di suo padre, per trovare quasi normale quella condizione.

Viktor era seduto al tavolo rotondo, Ismara non c'era più. L'uomo stava contando dei soldi, con un bilancino accanto e delle bustine di qualcosa.

< Dovresti legarli i capelli, sai? > disse senza guardarla < hai un visino bellissimo, non vedo perché coprirlo >.

Isotta posò il libro sul tavolo, ignorando il complimento < Ho fame, è rimasto qualcosa? >

< Carne credo, controlla in frigo > continuava a smanettare con la roba senza alzare lo sguardo.

< Dov'è Ismara? >

< Nello studio, prepara la lezione di domani, le toccherà stare tutta la giornata a scuola >

Isotta si bloccò sul posto per un attimo, con il piatto freddo in mano ed il frigo ancora aperto < Domani saremo da soli quindi. >

Per quanto la presenza di quella donna fosse inutile alla sua salvaguardia, a causa della depressione che l'aveva portata al totale disinteresse per la sua vita e quella degli altri, aveva notato che in presenza della madre Viktor era meno aggressivo del solito.

< Avremo ospiti. >

Fece fatica ad assimilare quella frase. Ospiti?

< Chi? >

< Amici. > quella parola nella sua mente si tradusse in "clienti". Era raro che Vik si portasse il lavoro a casa. Doveva essere qualcuno di speciale.

O magari era soltanto una di quelle ragazzine che prendeva a frequentare di tanto in tanto.

< Girerai libera per casa. Ma non farti strane idee. Sarò presente ogni secondo. >

Non si era posta il problema, aveva dato per scontato che non sarebbe uscita dalla sua stanza. La voleva presente?

Si sedette davanti a lui e iniziò a mangiare. I pensieri si accumularono alla ricerca di motivi per cui sarebbe dovuta essere presente a quell'incontro ma non ne trovava mezzo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 04, 2024 ⏰

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