3.

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Il viaggio di ritorno verso Roma proseguiva – entrambi avrebbero osato dire stranamente – bene.

Non c'erano stati litigi.
Non c'erano state frecciatine da nessuna delle due parti.

Manuel era concentrato sulla guida – anche se, ogni tanto, la sua mente ci teneva a ricordargli di aver visto Simone a petto nudo – e Simone alternava momenti in cui dormiva a quelli in cui, senza esserne scocciato – scambiava qualche parola con Manuel.

Avevano, poi, di comune accordo, acceso l’autoradio e, come sempre Manuel aveva iniziato a cantare, suscitando, questa volta, l'ilarità di Simone.

«Hai una bella voce» gli disse, non riuscendo a trattenere una risata.
«Me stai a pija’ pe’ ‘r culo, Simò? Te devo lascia’ in mezzo all’autostrada a fa’ l’autostop?»
«Ma no, sono serio. Solo che…ecco, se devi cantare, fallo in italiano che la tua pronuncia inglese è come quella di Gemma del Sud»

E, con il puro intento di infastidirlo – ormai bonariamente, s’intende – Manuel aveva intonato l’inno della Roma, memore anche di quel segreto che Simone ancora non sapeva di avergli rivelato.

Chiunque li avesse visti da fuori, avrebbe pensato che fossero una coppia.

Ché senza dubbio, il modo in cui avevano cominciato a guardarsi, a parlarsi e, molto più semplicemente, ad avere cura uno dell’altro, era cambiato.

Era cambiato per Manuel che, nonostante fingesse, davanti a Simone, di essere ancora l’autista sarcastico che aveva conosciuto il primo giorno, aveva iniziato ad avere un occhio di riguardo verso quest’ultimo.

Era cambiato per Simone che, data la presenza di Manuel, aveva addirittura ignorato chiamate e messaggi di Mattia, e non solo perché era ancora tremendamente deluso e ferito da lui.

Era cambiato per entrambi che, sebbene avessero garantito ai rispettivi amici che non ci sarebbe mai potuto essere nulla fra loro, nessuno dei due era totalmente indifferente all’altro.

E del modo in cui il loro rapporto era cambiato, entrambi ne ebbero conferma quando Simone chiese a Manuel di fermarsi in autogrill per mangiare e Manuel aveva acconsentito senza lamentarsene.

«Tu non vieni?» chiese Simone, vedendo Manuel immobile sul suo sedile.
«’N posso lascia ‘r van incustodito»
«Ah…mi dispiace» rispose Simone, non sapendo bene cosa dire.
«’N te preoccupa’, so’ abituato. T’aspetto qua»

Ma Simone, che di come funzionasse il mondo degli autisti non ne sapeva nulla, nonostante la spiegazione di Manuel, rimase comunque dispiaciuto al punto tale da comprare qualcosa da mangiare anche per il giovane autista.

E quando, dopo un’ora e qualche minuto, Simone uscì dall’autogrill con un sacchettino che, subito, agitò davanti agli occhi di Manuel, lo sguardo di quest’ultimo si fece curioso.

«Alla buon’ora, Simò! Stavo pe’ fa’ ‘na denuncia pe’ rapimento»
«C’era la fila, Manuel e non c’è professione che tenga davanti a vecchiette e bambini che devono mangiare. A proposito, questo è per te» disse, muovendo nuovamente il sacchetto di carta davanti al viso di Manuel.
«Che è?»
«Tramezzino, muffin al cioccolato e un bottiglietta d’acqua frizzante»

Gli occhi di Manuel si illuminarono.

Okay. Okay. Okay.
Io ‘o so che è fidanzato e ‘n me devo fa’ strane idee, ma questa è istigazione a delinquere.

«Grazie Simò, veramente. ‘N dovevi, sei stato ‘n sacco gentile»
«Ma no…cioè, è una cosa normale, no?»
«Diciamo che ne ‘r tempo ho accompagnato tanta gente, alcuni gentili che magari dicevano grazie e per favore, altri che manco salutavano e me facevano percepi’ ‘a differenza che ce sta tra loro e me, ma nessuno m’aveva mai offerto ‘n pranzo»
«Non c’è nessuna differenza tra me e te. Cioè, sì, forse solo una. Tu hai la patente mentre io, il mezzo più potente che ho guidato è la bicicletta»

Portami dove non serve sognareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora