10. The End.

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Louis appoggiò il bicchiere sul bancone con un sonoro tonfo. Manson... Mason... quale che fosse il suo nome, gli lanciò un'occhiata con un sopracciglio inarcato. Prese uno strofinaccio e se lo fece volare sulla spalla, con gli occhi verdi fissi su Louis. «Che c'è?» gli chiese infine.

«Niente.» Mason lucidò il bancone e passò una birra a un altro cliente. Dato che era una serata infrasettimanale, non c'era un gruppo a suonare. La musica però riempiva comunque la sala, ma senza i bassi pesanti, riversandosi dalle casse appese al muro.

Eh. Non che avesse voglia di parlare con l'uomo in ogni caso.

Louis fece girare il liquido nel bicchiere. Ma non aveva neanche voglia di prendersi una brutta sbronza. Quello non era il suo stile, ma stare seduto a casa lo rendeva troppo nervoso. Gli faceva vagare la mente su troppe cose a cui non voleva pensare. «Vuoi altro?» gli chiese Mason. «Coca?» «Non vendo droga qui.» «Ah ah. Molto divertente.» Mason gli fece un sorrisetto e gli riempì il bicchiere con una bevanda gasata. Louis ci impiegò quasi un'ora per berlo tutto. Quando finì, il bar si era ormai svuotato, eccetto per lui e Mason. «Louis, giusto?» chiese l'uomo. «Già.»

«Vuoi giocare?» Fece un cenno verso il tavolo da biliardo. Non avendo di meglio da fare, Louis si alzò e disse: «Certo.» Mason aprì il tavolo e prese le palle.

«I benefici dell'essere il proprietario?» chiese, ridendo. «Già,» replicò, ricalcando la risposta che Louis gli aveva dato poco prima. Mason sistemò le palle nel triangolo e Louis spaccò con il primo tiro. A lui toccarono le biglie a strisce. Dannazione. Aveva sempre giocato meglio con quelle intere.

«L'aria depressa non ti dona,» disse Mason, nel bel mezzo della partita. «Non te l'ho chiesto.» Decisamente non era dell'umore per quello. Non conosceva nemmeno quel tizio e non aveva voglia di parlargli di sé. «Non vuole che me ne vada. So che non vuole. Ha dato di matto ma non so perché. So che ha dei problemi, ma li stavamo superando.» Fortuna che non voleva parlare.

«Il ragazzo sexy e dagli occhi tristi con cui stavi ballando l'altra sera?» Mason si appoggiò contro il tavolo. «Non ha gli occhi tristi. Non sempre.»

«No, quando balla con te, non sono tristi.»

«Ricordami, chi sei tu?» Louis prese la mira e colpì.

«Sono il barista. Tutti parlano con il barista, ricordi?» Rise. Louis non riuscì a mandare nulla in buca. «Non io. Tocca a te.» Mason mandò due palle in buca, prima di mancare l'ultimo colpo. «Se non vuoi parlare, scopa. Aiuta sempre.»

Prima di aprir di nuovo bocca, liberò il tavolo. «Non sto cercando una scopata.»

Che diavolo di problema aveva Harry? Louis aveva frainteso? Non sentiva le stesse cose che Louis provava per lui? Mason scoppiò a ridere. «Sei abituato a essere desiderato o cosa? Sì, sei sexy, ma non mi stavo proponendo. Non scopo con tizi già innamorati di qualcun altro. È un casino, e io non faccio casini.» In quel momento si sentì uno stronzo. «Hai ragione, mi dispiace. Solo... Pensavo che le cose stessero andando meglio, non capisco come possa essersi allontanato così.»

«Pensavo che non lo stessimo facendo. Tu non parli coi baristi, ricordi?» Doveva ammettere che quell'uomo era divertente e se non fosse stato di così pessimo umore, avrebbe riso. «Non lo stiamo facendo.» Giocarono per qualche minuto e poi fu Mason a parlare di nuovo. «Cosa è successo?»

«Che diavolo ne so. Ha perso la testa. Gli ho detto di aver ricevuto una proposta di lavoro e mi ha detto di andare.» Mason aggrottò la fronte. «Forse è la cosa giusta. Non sembra che nessuno dei due lotti molto per l'altro.» «Senza offesa, ma non sai un cazzo. Non ci conosci.» Ma una piccola voce nella sua testa sapeva che Mason aveva ragione, eppure a Louis sembrava di aver lottato per entrambi per tutto il tempo della loro relazione. Era Harry a non amarlo abbastanza per fare lo stesso.


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