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Da quella strana e spiacevole conversazione con Husk era passata una gran bella nottata, durante la quale io avevo rimuginato su come agire dopo che mi ero svegliato per la quarta volta nel bel mezzo del mio sonno, tormentato dalle sue parole che non volevano lasciare la mia mente. Dopo svariate conclusioni, delle quali nessuna abbastanza convincente per recuperare sicurezza in me, mi ero semplicemente deciso di lasciare tutto alle spalle e di non dar peso a un brontoloso gatto che non scopava da tempo: era per quello che era così scontroso, la frustrazione lo stava divorando. Sì, creai quella storiella per convincermi che ciò che mi aveva spiccicato in faccia era solo figlio di un'alta insoddisfazione sessuale, nonostante il mio inconscio mi urlasse quanto tutto quello che avevo formulato fosse ridicolo; inoltre, mi ripromisi di non abbattere più nessuna maschera con lui e di procedere con fierezza a mandare avanti la mia "recita".

In quel momento, ero nel mio bagno e mi stavo tamponando sul viso una spugnetta con della cipria per fissare il trucco che copriva i lividi che mi aveva recato Valentino. Ora che ci pensavo, strano che il demone non ne avesse parlato ieri, eppure potevo giurare che quando quella mattina mi sono svegliato quei segni violacei spiccavano ancora sul candore della mia pelle. Un pensiero si introdusse velocemente nella mia testa assicurandomi che il solo motivo per cui aveva taciuto era perchè gli stavo facendo provare un gran disgusto. D'istinto, strinsi lo strumento che avevo in mano in un pugno e serrai le palpebre, pervaso nuovamente da un enorme senso di vergogna.

"Oh, 'fanculo" mormorai alla mia immagine nello specchio di fronte a me. Abbandonai tutto nel lavandino e lasciai la mia stanza insieme a tutti i pensieri negativi e insicurezze di cui era asilo. Se fossi stato ancora a lungo da solo con il mio riflesso non ci avrei impiegato un secondo di più a strapparmi la pelle di dosso. Mi sentivo sporco, lurido, ero sempre sotto il getto d'acqua della doccia cercando di far scivolare via quelle mani che tanto detestavo dal mio corpo ma restavano sempre lì, fisse nella mia memoria a ricordarmi quanto infondevo ribrezzo, mentre mi raggomitolavo dentro un corto accappatoio rosa. Facevo così ogni giorno ma non concludevo mai nulla. Puttana, puttana, puttana. Quella parola, che tanto mi apparteneva, non desideravo altro che diventasse estranea, un incubo ormai passato, ma per le innumerevoli volte che mi era stata affibbiata mi ci ero abituato anche io a definirmi tale. 

Sognavo che un giorno almeno qualcuno avrebbe parlato di me come "il simpatico Angel" oppure "lo scaltro Angel Dust", non solo come il pornoattore bravo a succhiare cazzi. In realtà, l'unica che non mi vedeva come un corpo da violare era la mia cara amica Cherri Bomb, la quale però non incontravo da tempo. L'ultima volta che fummo insieme avevamo combattuto contro un ammasso di cretini e cazzo se era stato entusiasmante... peccato che quel episodio mi era costato una ramanzina da parte di Vaggie e un broncio da parte della sua fidanzata Charlie, nonché principessa dell'Inferno, poiché avevo messo a repentaglio la reputazione, già poco buona, della possibilità di redenzione.

Un sorrisino involontario fiorì sul mio volto a quel ricordo, mentre scendevo le scale e raggiungevo gli altri.

***

"Vagina, smettila di dirmi cosa fare!", urlai contro quella pazzoide della fidanzata di Charlie. Desiderava a tutti i costi di produrre un'ottima pubblicità per promuovere questo hotel, quando la sola ad essere attaccata a questo progetto era la principessa. Perché insisteva così tanto, allora? Per amore? Sì, sicuramente. Oppure... avrebbero scopato magnificamente dopo più plausibilmente.

"E tu smettila di comportarti da troia per cinque minuti!", ribatté lei, sbattendo il piede a terra producendo un sordo tonfo. Sentii Niffty ridacchiare in lontananza, impegnata nella sua caccia alle famiglie di cimici.
"Angel è fatto così, servirebbe qualcuno che lo facesse stare zitto", intervenne Husk. Girai lo sguardo verso il bancone e lo vidi, un ghigno a incurvargli le labbra e intento come di consueto a lucidare i bicchieri. Era da quando avevo messo piede nella hall che aveva iniziato a provocarmi appena ne aveva la possibilità. Trovai assai curioso il suo atteggiamento perchè di solito era burbero e parlava solo se interpellato, rifugiato per la maggior parte del tempo nella parte dell'hotel di cui era padrone: l'angolo bar; ancora meno si concedeva di menzionarmi nei suoi discorsi, consapevole che avrei sempre trovato un modo sporco per ribattere. Come spiegazione a quel mio comportamento, mi aveva incuriosito fin da subito come tipo e quello era l'unico metodo a cui facevo ricorso per ottenere uno scambio di battute con chi desideravo, anche se era evidente che con lui non funzionava. 

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