POV'S DAPHNE
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Era tardo pomeriggio, e la stanza sembrava un caos quasi piacevole, avvolta da una luce soffusa che filtrava dalle tende. Ero sul divano con i ragazzi, tra risate, canne e birre. Sembrava uno di quei momenti che sanno di rituale, ripetuto fino a diventare familiare. Ero completamente immersa nella compagnia e nel rumore, ma il telefono vibrò, squillando deciso e interrompendo quella bolla di tranquillità.
Era mia madre, Zara. La sua chiamata era un evento raro; di solito, dovevo prendere appuntamento per parlarle. Sospirai e risposi con un filo di voce per evitare che il fastidio trasparisse.
"Pronto?"
"Daphne, finalmente! Quando pensavi di rispondere?" disse con tono di rimprovero. La sua voce era come un tuono, sempre pronta a colpire e a scuotere.
"Di’ pure," risposi seccata, ormai abituata al suo modo di fare.
"Dove sei? Quando torni a casa? E mi spieghi perché nessuno di voi guarda mai il telegiornale? Ci sarà almeno una TV a casa di questi tuoi amici, no? Senti, qui dicono che sta per arrivare una tempesta. Preparati: ti mando un Uber."
"Mamma, l'ho già detto mille volte, non serve," replicai trattenendo il nervosismo. "Qualcuno mi accompagna. Non preoccuparti."
"Non voglio che te ne stai lì con quei… pouges," replicò con un tono che conoscevo fin troppo bene. "Ti stanno cambiando, Daphne. Ti rendono... più pesante. La tua energia è completamente sfiancata!"
"Sto arrivando, va bene?" tagliai corto, stanca delle solite critiche.
Ecco, questa era mia madre. Per lei, c’era sempre qualcosa che non andava, sempre un dettaglio fuori posto. Ma quella chiamata mi aveva ricordato perché volevo essere diversa da lei. Non avrei mai voluto finire con una vita che non mi apparteneva, vivere tra obblighi imposti da qualcun altro. Pensavo a mio nonno, a quanto Zara gli fosse stata vicina negli ultimi anni, lasciando il sogno di diventare pittrice per prendersi l'azienda di famiglia. Forse il suo modo di essere mi feriva, ma qualcosa in me continuava a chiedersi se anche lei non si sentisse in gabbia.
Chiusi la chiamata con un sospiro e tornai ai ragazzi. "Ragazzi, devo tornare a casa. Mia madre ha scoperto che sta per arrivare una tempesta e, beh, ora mi aspetta.”
John mi guardò, poi si girò verso JJ. “Daph, ti accompagna JJ. Io non posso, sto aspettando i servizi sociali."
Alzai gli occhi al cielo. "Oh... perfetto," mormorai, consapevole che mille ragioni mi facevano detestare JJ... o almeno così mi dicevo. Poi notai i suoi occhi su di me, la sua espressione sicura e quasi provocatoria.
JJ si avvicinò con il solito sorrisetto. "Allora? Pronta? Prima che cambi idea."
Kie ci osservava con un sorriso divertito. "Fate attenzione, eh. Sta già piovendo forte."
Quando ci ritrovammo fuori, JJ mi allungò una felpa. "Tieni, Stormy. Non vorrei che tua madre mi accusasse per un’influenza.”
"Grazie, ma non mi serve davvero."
JJ alzò un sopracciglio e mi mise la felpa in mano. "Non fare la testarda. Se ti prendi la febbre, a chi vado a rompere le palle poi?"
Scossi la testa, ma me la infilai. "Per una volta, ti faccio contento," mormorai, notando il suo sorriso mentre ci sistemavamo sulla sua moto.
Appena partiti, capii che non sarebbe stato un viaggio tranquillo. Sentivo il vento gelido contro il viso e JJ andava troppo veloce, come se volesse mettermi alla prova. Strinsi i pugni, cercando di mantenere l'equilibrio.
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~Oltre le Onde~
FanfictionDaphne Ophelia Phoenix è cresciuta su un'isola remota con suo padre Jackson, un avventuriero e ricercatore legato alla leggenda del Royal Merchant. Sin da piccola, Jackson le ha insegnato a essere indipendente e a vivere in sintonia con la natura: a...