4. Cravatte, cioccolato e Strillettere

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Giovedì 2 settembre 1971

Nonostante la mancanza del tubolare dei gufi, Sirius si svegliò per primo e la prima cosa che decise di fare non fu rimettersi a dormire, bensì alzarsi e vestirsi silenziosamente e uscire dal dormitorio per andare nella guferia e spedire la lettera che aveva scritto la sera prima, perché no, non era per sé come aveva detto a Remus.
Anche se quella che aveva detto a Remus si poteva dire una mezza verità, considerando quanto Regulus fosse una parte di Sirius: l'unica di cui era sicuro, l'unica che ancora riconosceva, la sua parte migliore. Ma questo, a Remus, non l'avrebbe di certo raccontato.
O almeno, non subito. 
Per quanto quel ragazzo potesse sembrare interessante, avrebbe dovuto aspettare a raccontargli qualcosa di così importante come Regulus.

Si avvicinò a un gufo e gli legò la lettera alla zampa. Poi, per sicurezza, gli indicò di lasciare la lettera sul davanzale della finestra del terzo piano, quella che dava sul giardinetto di rose. Chissà se sua madre già sapeva, chissà cosa avrebbe fatto per una delusione così grande in famiglia.
Sirius decise di non pensarci, o meglio, ci provò. Non era la prima volta che faceva disperare sua madre, certo, ma un conto era farla arrabbiare e beccarsi le sue punizioni per qualcosa che aveva fatto appositamente e per una buona ragione, come coprire l'ennesimo tentativo di fuga di Dromeda o far divertire Reggie, un altro deluderla senza aver fatto nulla se non dubitare dei valori della nobile casata della famiglia Black e della sua stessa appartenenza a questa.
Sperava che questo, almeno, non lo allontanasse da Regulus, ma aveva un cattivo presentimento che lo faceva dubitare.

Tornando al dormitorio scoprì che James era già sveglio e pimpante, attivo come una cavalletta.

"Dov'eri finito?" Gli domandò non appena mise piede nel vano della porta. "Sei uscito così, senza nemmeno avvisare o rifare il letto."

"Avevo troppo caldo, così sono sceso in sala comune per aprire una finestra. Non volevo svegliarvi, né tanto meno farvi morire congelati."

Era strano mentire a James, lo faceva sentire in colpa, anche se lui non sapeva che fosse una bugia. Ci credeva, si fidava di lui. Nessuno l'aveva mai fatto prima. Forse non avrebbe dovuto mentirgli, ma serviva per mantenere il suo segreto. Ed è normale avere dei segreti, con tutti, anche con quelli che si amano. Così gli aveva detto Remus.

Sirius amava solo due persone: Reggie e Dromeda. Con loro non aveva segreti di nessun tipo. Erano troppo importanti per avere una versione incompleta di Sirius, erano gli unici a meritarne una completa.
Però James non era nessuno dei due, era solo James Potter, un ragazzo dal quale sarebbe dovuto restare alla larga ma con cui, invece, condivideva il dormitorio.

"Che dici, svegliamo gli altri? Tra mezz'ora sarà pronta la colazione, e Peter resterà scontroso tutto il giorno se non la mangia."

Mentre James si avvicinava al letto del suo amico, lasciando intendere a Sirius di doversi occupare di Remus, questo aprì gli occhi, li stropicciò un attimo e si mise a sedere.

"Dormito bene?"

"Abbastanza, tu?"

"Tutto bene."

"Che ore sono? E perché sei già vestito? Sono in ritardo?"

"No, sei in perfetto orario. Sono solo una persona mattiniera."

"Oh, fantastico."

Remus quindi si alzò in piedi, si stiracchiò e andò a lavarsi i denti, poi lasciò il bagno a Peter e si vestì in camera, nascosto dietro alla pesante tenda scarlatta del baldacchino per non ricevere domande sulle sue cicatrici.

C'era però un problema che non aveva mai affrontato in vita sua: indossare una cravatta.
Suo padre le metteva quasi ogni giorno per andare al lavoro, ma non aveva mai pensato di insegnare al figlio come legarne una. D'altronde, a cosa sarebbe mai potuto servirgli?

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