Capitolo 8

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Lydia sospirò, appoggiandosi allo schienale della carrozza, e informò Sherlock dell'ultimo avvenimento che l'aveva profondamente scossa. Lui la ascoltò in silenzio:
" Le mie condoglianze, Lydia" disse, posando delicatamente la mano sulla spalla dell'amica. Lei alzò piano la testa e i loro sguardi si incrociarono. Entrambi sorrisero.
"Non preoccupatevi per me: Adesso sono libera. Nessuno potrà più obbligarmi a sposare qualcuno che non desidero" disse la giovane, inspirando il sapore della felicità. Essere liberi era magnifico.

Arrivati di fronte alla centrale di polizia, Sherlock scese per primo e porse la mano a Lydia, che prontamente la afferrò, scendendo a sua volta. La ragazza si sistemò il vestito ed insieme al detective entrò nell'edificio.
La struttura era enorme e molto luminosa, nonostante fuori fosse ormai buio. Il pavimento in marmo nero creava un contrasto con le pareti color beige. Il soffitto era dominato da un bellissimo lampadario di cristallo che si trovava proprio sul centro della sala. Appoggiate alle pareti vi erano numerose sedie. In fondo alla stanza vi era un bancone con dietro 2 poliziotti grossi e forzuti.
Tra il bancone e la parete sinistra vi era uno spazio per passare e raggiungere il corridoio che portava alle celle.
Sherlock si avviò subito verso quella direzione, ma un uomo con un bastone bloccò la sua avanzata. Era alto e magro, il volto allungato ma tozzo, con un naso a punta e un sorrisetto arrogante. Vestiva con abiti di buona qualità, e il cappello nascondeva i suoi capelli (sempre che ne avesse). L'investigatore Holmes sembrò riconoscerlo, e la sua faccia si contorse in un'espressione infastidita:
"Sottotenente Grail" Sherlock pronunciò quel nome con tanto disprezzo che Lydia avrebbe voluto mordersi la lingua al posto suo. Diamine, in quel momento non c'era tempo per pensare ai litigi, dovevano liberare Enola.
"Sherlock Holmes" rispose lui, sghignazzando; poi il suo sguardo cadde su Lydia "E voi sareste?"
La castana pensò istintivamente di usare il suo falso nome, ma poi le venne in mente una cosa: suo padre era morto. Adesso nessuno la stava più cercando. Era libera.
" Miss Lydia Elizabeth Stafford" rispose, alzando il mento come era solita fare. Grail alzò un sopracciglio:
"Stafford? Ho sentito della vostra perdita, mi dispiace" nella sua voce non vi era un briciolo di dispiacere
" Vi ringrazio. Siamo qui per la scarcerazione di Enola Holmes" disse lei, andando dritta al punto. Era una delle sue caratteristiche principali: non si mostrava mai intimorita da niente e da nessuno, e non si arrendeva mai.
Il poliziotto, a quelle parole, sgranò gli occhi, come a voler comprendere se la giovane fosse seria o meno. Quando capì che lei non stava scherzando, scoppiò in una fragorosa risata:
" Miss Stafford, la signorina Holmes è in arresto per omicidio" dichiarò fermamente lui. Pareva si sentisse il re del mondo, con i piedi saldamente incollati al terreno e le braccia dietro la schiena
" E avete le prove?" Chiese con un poco di superiorità Lydia, alzando leggermente un sopracciglio. Grail fece un sorriso di chi ha già la vittoria in pugno.
Il sottotenente si chinò ed estrasse da sotto uno strano marchingegno, rivolgendosi poi a Sherlock:
" Nuova invenzione per il riconoscimento delle impronte digitali. Svizzera. La conoscete?" Chiese sorridente
" Naturalmente" rispose il giovane detective, cercando di capire dove si trovasse la fregatura. Rivolse a Lydia uno sguardo preoccupato.
" Volete dare un'occhiata?" Chiese Grail, allungando la lente d'ingrandimento verso i due. Sherlock l'afferrò e guardò i risultati della macchina. Poi la porse alla contessina.
Secondo la macchina, le impronte della sua amica erano le stesse ritrovate sul coltello del delitto. Sherlock si oppose subito, dichiarando che Enola non aveva toccato il coltello. Ma i risultati parlavano chiaro. Lydia lo seguì a manetta fuori dalla centrale e lo abbrracciò, mentre lui ancora non ci vedeva dalla rabbia.
" Enola non mi avrebbe mai mentito..." sibilò il giovane Holmes. La castana annuì.
" È una fregatura, Sherlock. Enola è innocente" L'investigatore, a quelle parole, strinse la ragazza fra le sue braccia e si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Lydia gli accarezzò dolcemente il capo, sussurrandogli parole di conforto.
Solo quando il giovane si fu ripreso, miss Stafford si accorse della vicinanza fra i loro volti. Le loro labbra non erano più lontane di dieci centimetri. Improvvisamente si sentì avvampare, e provò una strana sensazione che lentamente la spinse verso le labbra piene di Sherlock. Per il detective fu lo stesso. Le loro bocche si scontrarono dolcemente e Lydia chiuse gli occhi, lasciandosi andare al fuoco che bruciava dentro di lei. Il bacio si fece più intenso e profondo, mentre la castana cominciava ad avvertire la mancanza di aria.
Improvvisamente, la ragazza si allontanò, cercando di riprendere fiato.
"Dobbiamo trovare il modo per liberare Enola. O la uccideranno" dichiarò fermamente lei, cercando di nascondere l'imbarazzo per l'atto che aveva compiuto pochi secondi prima.
Il detective annuì, mentre ancora cercava di ricomporsi. Poi un'idea gli balenò per la testa.
Sapeva da chi dovevano andare. Afferrò la mano di Lydia e cominciò a correre.

IL CASO DELLA VITA//Sherlock HolmesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora