Capitolo 9

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Una decina di minuti dopo raggiunsero un edificio nel centro di Londra, che Lydia riconobbe come una delle sue caffetterie preferite.
I due entrarono silenziosamente, avvolti nel buio del locale.
"Sherlock?" Una voce femminile emerse dalla cucina, e fu confermata dall'arrivo di una donna.
"Come mi avete riconosciuto, Edith?" Domandò il detective
"Avete delle spalle estremamente riconoscibili" esordì la donna, lanciando un sorriso malizioso a Lydia
"Oh, non pensavo che il rinomato Sherlock Holmes avesse tempo per pensare all'amore" la ragazza comprese immediatamente ciò che Edith aveva capito e si affrettò a sottolineare che lei e l'investigatore non erano legati in maniera romantica nè tantomeno sposati. Erano semplici...amici.
"Ohh, capisco. E cosa fa un'...amica di Sherlock qui?" Chiese lei, lanciando a Lydia uno sguardo che le fece intendere che la donna non credeva ad una singola parola di quello che aveva detto
"È la migliore amica di mia sorella. Siamo qui per lei, in effetti" chiarì Sherlock, che in poco tempo riassunse a Editch ciò che era successo. La donna lo ascoltò in silenzio, annuendo.
Quando Sherlock concluse il suo racconto, lei si limitò a sedersi su una delle tante sedie della sala, mentre nel suo viso si faceva strada un'espressione pensierosa.
"Ho un'idea" esordì poi Edith, dopo almeno cinque minuti buoni di silenzio "Ma per la vostra incolumità, è bene che nessuno di voi due ne sappia nulla. Tornate a casa vostra e dormite, fra poche ore sarà l'alba". La donna non volle sentire scuse e in quattro e quattrotto lì lasciò sul marciapiede di fronte alla caffetteria. I due chiamarono una carrozza e, una volta saliti, si lasciarono entrambi andare ad un sospiro. Era stata davvero una serata faticosa.
"Che ore sono?" Chiese Lydia. Sherlock tirò fuori il suo elegante orologio da taschino placcato con l'oro e gli lanciò un occhiata
"Le due e mezza" dichiarò, riponendolo poi nella tasca. La giovane annuì e si concesse la confidenza di appoggiarsi delicatamente alla spalla di Sherlock, esausta.
"Domani devo aprire il negozio alle nove" avrebbe preferito morire piuttosto che svegliarsi alle otto, in quelle circostanze
"Come mai così presto? Di solito non aprite mai prima delle dieci e mezza" disse il detective,cingedole delicatamente le spalle con un braccio. Quel gesto a Lydia non passò inosservato
"E voi come siete a conoscenza degli orari di apertura del mio negozio, di grazia?" Chiese lei, incarcando un sopracciglio
"Il vostro negozio ha un'ottima posizione. Il centro di Londra è molto trafficato" cercò di sviare lui
"Ad ogni modo, domani pomeriggio c'è il funerale di mio padre e dovrò chiudere alle tre. Due delle mie commesse sono in ferie, una è in malattia e l'ultima si è licenziata poco tempo fa per via del suo matrimonio con un insegnante benestante. Quindi nessuno potrà essere al negozio" spiegò Lydia
"Sono desolato per la vostra perdita, Lydia. Anche se...comprendo che di certo il vostro rapporto con vostro padre non doveva essere facile. Ho perso mio padre molto tempo fa, ma a me sembrano passati solo pochi giorni. Ovunque guardo lo vedo. Era un uomo brillante, o mia madre non l'avrebbe sposato. Lo avreste adorato, e anche Enola." Dichiarò, fissando per tutto il tempo un punto indefinito nello spazio. Lydia gli accarezzò piano una spalla.
" Vi prego Sherlock, salvate vostra sorella. È tutto ciò che di più caro ho al mondo, assieme a mio fratello" lo pregò Lydia, disperatamente. Enola per lei era tutto. Era come la sorella che non aveva mai avuto.
"Lo farò. Ve lo assicuro" le sorrise e lacio un occhio al finestrino "Siamo arrivati."
Il giovane detective scese per primo e aiutò miss Stafford a fare lo stesso. Pagarono il cocchiere ed entrarono nel palazzo. Una volta davanti al 221a, i due si salutarono e Sherlock si avviò verso la prima rampa di scale delle due che separavano i loro appartamenti. Tuttavia, una volta superata quella, non continuò, bensì si fermò e lanciò uno sguardo a Lydia, la quale era rimasta tutto il tempo a fissarlo. I loro occhi si incrociarono e in quel momento, illuminati solo dalla luce fioca delle candele e dai pallidi raggi lunari che filtravano dalla finestrella, si scambiarono un miliardo di parole mai dette.
"Al diavolo il mondo" sussurrò Lydia, a voce bassa ma non abbastanza da non essere udita da Sherlock. La ragazza si afferrò in fretta i lembi del vestito e corse su per i gradini, raggiungendo Sherlock, il quale, comprese le sue intenzioni, le corse incontro a sua volta. Il detective le strinse la vita e l'attirò a sè, mentre il desiderio si faceva prepotentemente strada nel suo corpo.
Lydia incrociò le braccia dietro al suo collo e le loro labbra si scontrarono, fameliche di quel contatto tanto agognato e finalmente avuto. Il famoso investigatore si staccò improvvisamente, suscitando un'espressione sconcertata sul volto di Lydia. La giovane non fece in tempo a riprendere fiato che subito si sentì afferrare da due braccia possenti. Sherlock l'aveva presa in braccio e adesso stava salendo le scale verso il suo appartamento. Lydia tirò un sospiro di sollievo e assestò un leggero schiaffo sul braccio di Sherlock, che rise insieme a lei. Il famigerato detective si affrettò ad aprire la porta di casa e, una volta che furono dentro, mise Lydia a terra e chiuse la porta con un calcio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 02 ⏰

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