Capitolo 7

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Le donne sposate, e in generale tutte le donne, non vestivano mai completamente di nero. Se non per un'occasione. Una soltanto. E Lydia la conosceva molto bene. Tremando, si avvicinò lentamente alla porta e, girando la chiave, la aprì. Si fece subito da parte, lasciando entrare sua madre. Poi accostò la porta. La tensione nella stanza aumentò, a tal punto che sarebbe stato possibile tagliarla con l'ausilio di una forbice. La giovane tornò dietro il bancone a sistemare, quasi come volesse ignorare totalmente la presenza della donna.
" Lydia, figlia mia..." sussurrò lady Stafford. Lei si fermò per un momento, lanciandole un'occhiata vuota, per poi tornare a ciò che stava facendo.
" Tacete madre, vi prego. Se siete venuta qui per riportarmi a casa, sappiate che non ho alcuna intenzione di venire con voi. Ho una vita qui e non ho nessuna intenzione di sposare quell'uomo ripugnante che non voglio neanche nominare. Pertanto, se questo è il vostro scopo, quella è la porta" dichiarò a denti stretti Lydia. Non amava usare quel tono, ma doveva farlo. Sua madre avrebbe dovuto capire, una volta per tutte, che non avrebbe mai sposato lord Capiell. Lei era padrona della sua vita, e questa era la sua decisione. Gli altro avrebbero dovuto rispettarla. Joanne tacque per un po', mordendosi l'interno guancia.
" Non sono qui per questo, mia cara Lydia. Sono anzi molto orgogliosa della donna che sei diventata. Sono venuta qui per darti una notizia, ma credo che tu possa intuirla da sola." Dicendo le ultime parole, si tirò sul capo un velo nero, molto spesso, che rendeva i suoi occhi verdi molto più scuri. Ma non era quello su cui la giovane Stafford si stava concentrando.
Una notizia. Vesti nere. Velo. Donna sposata. Lydia non ci mise più di pochi secondi a collegare il tutto. Alzò lo sguardo dalla stoffa che teneva in mano e cercò quello di sua madre. Nei suoi occhi non c'erano lacrime. Nonostante avesse appena perso suo marito, le guance di lady Stafford non erano rigate nemmeno da una lacrima.
Sua figlia si limitò ad annuire, ancora in stato di shock. Non aveva mai voluto bene a suo padre, anzi, lo aveva sempre odiato con tutta sè stessa. Tuttavia, era pur sempre suo padre. Come poteva non essere almeno destabilizzata dalla sua morte?
" Quando sarà? Il funerale, intendo" chiese la ragazza a sua madre
" la prossima settimana, alla St. Paul's Churchyard. Spero di rivederti lì" e dicendo quelle parole, Joanne uscì, lasciando Lydia più confusa che mai. Ella chiuse velocemente il negozio e si diresse a passo spedito verso casa. Arrivata nella sua umile dimora, si immerse nella vasca d'acqua calda che Tracy le aveva preparato e pianse. Pianse tutte le lacrime che aveva, per tutti quei momenti in cui era stata forte e non aveva permesso a quelle goccioline maledette di solcarle le guance. Ma adesso il dolore era davvero troppo per poter essere sopportato. Un padre rimaneva sempre un padre. Restò a mollo per almeno una trentina di minuti. Poi, spinta da qualche forza a lei sconosciuta, si tirò su e, dopo essersi vestita con un semplice abito grigio talpa, si diresse al grande tavolo della cucina, dove Tracy le aveva già preparato un brodo caldo e della verdura.
Mentre la ragazza stava consumando il cibo preparato dalla domestica, qualcuno bussò alla porta:Tracy si affrettò ad aprire, e Lydia cominciò a sparecchiare, per alleggerire il carico di lavoro della donna. Quando però la giovane vide la porta della cucina aprirsi, la sua espressione si fece sconcertata: Sherlock Holmes si trovava sulla soglia, alto, bello, ma con un espressione preoccupata in volto. Tracy gli ripetè per l'ennesima volta:
" Milord, vi ho già detto che miss Stafford non riceve oggi" il detective ignorò le parole della donna e si avvicinò alla padrona di casa, la medesima espressione in viso.
" Enola è stata arrestata."
Lydia dovette aggrapparsi ad una sedia per non crollare a terra. Diamine, suo padre doveva aver cominciato a mandarle maledizioni dall'aldilà!
La castana si sedette e si massaggiò le tempie, stressata fino al midollo.
Non bastava la morte di suo padre, ora anche Enola ci si metteva!
Non capiva perchè la sua amica fosse uscita da casa di Sherlock: se fosse rimasta lì, nessuno l'avrebbe trovata.
" Dove l'hanno trovata?" Chiese lei
" al ballo delle fiammiferaie di Londra" la ragazza scosse la testa. Enola era un caso perso.
Sherlock si mise in ginocchio di fronte alla ragazza e le afferrò delicatamente un braccio, affinché lo guardasse negli occhi:
" Si trova alla centrale di Londra. Venite con me, vi assicuro che riuscirò a farla liberare" Lydia fissò intensamente il detective, rendendosi conto in quello stesso istante del perchè Enola non avesse più sofferto, una volta cresciuta, della mancanza di suo padre. Lei aveva suo fratello. Il suo punto di riferimento focale. Sua madre naturalmente era presente, e lord Tewksbury avrebbe fatto di tutto per aiutarla in qualsiasi modo,per non parlare di Lydia, ma l'unica persona che la sosteneva davvero in ogni singola cosa era suo fratello. Lydia sapeva che non avrebbe esistato nemmeno a cedere tutto quello che possedeva e che si era guadagnato faticosamente per sua sorella.
La ragazza sorrise al giovane Holmes:
"Credete che lascerò la mia migliore amica in mano a quegli agenti bigotti? Tracy, dov'è la mia carrozza?" La domestica la guardò incredula
" Signora, il vostro vestito non è propriamente..." fece intendere lei. A Lydia bastò un'occhiata veloce ai suoi vestiti per intendere. Sherlock la guardò confuso, ma la ragazza lo ignorò e si rivolse alla domestica, rimanendo ferma sulla sua richiesta della carrozza. Tracy a quel punto tacque e preparò la carrozza in pochissimo tempo.
I due montarono sopra e partitoro verso la centrale. Sherlock tornò a guardare Lydia:
" Che cosa intendeva la tua domestica prima?"

IL CASO DELLA VITA//Sherlock HolmesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora