My Dear Melancholy,

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Sotto le palpebre stanche di Niccolò Tasso scorrevano innumerevoli istanti impossibili da afferrare.

Aprendo gli occhi stanchi, tanto fragili da essere pronti a versare lacrime, il cui verde aveva smarrito il proprio colore, Tasso tornò nella propria realtà, fragile come si mostrava. Una pelle mediterranea, non priva di imperfezioni, gli colorava il volto fanciullesco, tanto giovane dal dirottare chiunque tentasse di indovinarne l'età. Un paio di occhiali tondi, sottili, color oro nascondevano gli occhi tristi. I capelli erano castani, folti e tanto spettinati da offuscargli la vista.

Stava aspettando in silenzio, le mani impegnate a strofinare con insistenza gli occhi arrossati.

Le orecchie di Tasso iniziavano a percepire un lieve tacchettio di tacchi, un suono lontano, il cui ritmo spedito si avvicinava sempre più, diventando in pochi secondi non più suono, ma materia. La porta dietro il giovane si aprì.

L'ufficio piccolo in cui sedeva gli trasmetteva insicurezza. Le mura intorno a lui gli davano la sensazione di comprimerlo. Il soffitto era basso, le finestre piccole, le cui persiane bloccavano la veduta del paesaggio. La sedia sottostante era rigida e scomoda, il pavimento di marmo bianco rifletteva la luce con tanta forza da stancare l'occhio e niente dell'arredamento presente poteva ricordare casa. 

- Niccolò. –

La donna, i cui occhiali erano troppo grandi per il suo viso piccolo, allungò la mano in avanti, posando di fronte a Tasso un bicchiere di acqua. Quella donna gli era famigliare, e per un lungo momento Tasso faticò ad attingere alle sue memorie, poi si ricordò: era la responsabile con cui aveva comunicato nell'ultimo mese per l'iscrizione all'università.

- Immagino che il tuo arrivo qui ti abbia scombussolato parecchio. Bevi, prenditi un momento, abbiamo tutto il tempo necessario. –

Bevve un sorso d'acqua: scendeva giù con fatica, aveva il sapore di acqua da rubinetto. Estrasse dalla tasca dei pantaloni una piccola boccetta di vetro e ne versò alcune gocce all'interno del bicchiere, poi lo svuotò, assetato. I mesi passavano, il sapore non lo continuava a supportare.

Rimase in silenzio diversi minuti, gli occhi fissi sulle proprie scarpe, rigido sulla propria sedia, lontano da quello studio. Il cuore stringeva nel petto, si accartocciava attimo dopo attimo, e più piccola diveniva, maggiormente percepiva quel specifico dolore che al cuore attribuiva. Il respiro era rapido, scoordinato, sentiva che l'aria non arrivava nei polmoni. Presto iniziò a non percepire le dita delle mani.

Tasso doveva ricordare come calmare sé stesso, ma aveva paura, e quella paura lo rendeva incapace.

" - Devi respirare piano. Respira piano. Piano. -" di disse nella propria mente. 

La razionalità gli tornò, si lasciò cullare dall'idea che nel suo corpo stava già iniziando a far effetto quelle cinque gocce di alprazolam. Ci volle più di quanto sperato per riprendere consapevolezza, per proiettarsi nuovamente nella realtà. La sua mente era in totale subbuglio.

Niccolò, - disse quella donna ora affianco a lui, la sua mano sulla spalla, in viso pallida. - Devo chiamare qualcuno? -

Scosse solamente la testa, non si sentiva di aprir bocca.

- Ti capita spesso? - domandò con gentilezza lei.

Questa volta fu costretto a parlare, le parole uscivano deformate. - Sì, ma arriva e passa, ora sto meglio. Mi scuso per l'inconveniente. -

Continuò a grattarsi gli occhi, il sonno era stato quasi nullo, e quella situazione non aiutava di certo.

- Hai bisogno di qualcosa? - le domande della signora Ward, e questo ve lo dico io, erano lecite. Niccolò Tasso era una sua responsabilità, lei si doveva occupare di lui come di tutti quegli studenti stranieri iscritti all'anno accademico 2023/2024 lì alla Duke.

- No, ma grazie per la sua disponibilità. -

La signorina Ward non insistette più del dovuto. Era chiaro che se anche ci fosse qualcosa, ed era evidente che qualcosa lo aveva turbato, Tasso non aveva piacere nel comunicarlo. Non lo conosceva in maniera adeguata, i colloqui erano stati pochi, limitati dalle questioni burocratiche, e non poteva certo mettersi a procedere in maniera totalmente non inerente al suo ruolo.

C'era qualcosa in Tasso che gli faceva tenerezza, forse erano quegli occhi carichi di una tristezza palpabile che non spesso di riuscivano a vedere tra i suoi coetanei. 

Guardò l'orologio, e in quell'istante sentì qualcuno bussare alla porta: lei era arrivata.

- Camilla, prego, entra - disse senza nemmeno accertarsi che fosse realmente lei.

Tasso non si voltò a vedere chi fosse entrato, rimase fermo, finalmente tornato in equilibrio. Di fronte a lui, la signora Ward si sedette di nuovo.

- Io sono Emma Ward e come sai io sono la tua responsabile per il percorso accademico qui alla Duke. Qui con me oggi ho chiesto la partecipazione a Camilla Willow. Lei studia il tuo stesso indirizzo ed è del secondo anno; ti aiuterà con lo studio. Ho ritenuto importante per te possedere una figura quanto più appropriata alla tua età, affinché risulti meno difficoltosa la comunicazione. Ritengo però importante sottolineare che per quanto riguarda problemi di qualsiasi ambito, la mia email e la mia porta sono sempre disponibili. –

La cordialità e la sua capacità di apparire quanto più rassicurante erano certamente qualità su cui si era soffermata molto nella sua carriera.

Tasso annuì, voltandosi in direzione di quella sconosciuta seduta al suo fianco, il cui respiro si percepiva appena, così come la sua presenza. Un viso asciutto, maturo, su cui non si accennò nemmeno l'ombra più remota di un sorriso. Due occhi grandi, verdi come i suoi, incorniciati da occhiaie mascherate in maniera frettolosa e mal riuscita, che non riuscivano a trasparire niente della sua persona. Tanto erano suggestivo il suo sguardo da non riuscire a mantenerlo.

- Piacere di conoscerti, – disse con tono piatto, da prassi.

Tasso le tese la mano, e quando le toccò la pelle, ebbe la sensazione di star toccando un morto. – Il piacere è mio. –

- So che non ne avevamo parlato, è stata una mia aggiunta all'ultimo momento. Spero che questo non ti turbi - aggiunse la signora Ward, conscia di aver sbagliato a non informarlo prima. Era stata una decisione sconsiderata, eppure non si pentiva.

Il ragazzo non aveva le forze per ragionare in maniera adeguata. - No, assolutamente, lei sa meglio di me quel che è giusto. -

Con la coda dell'occhio Tasso osservò il profilo di quella studentessa: il naso piccolo e le labbra arcuate sembravano gli unici due elementi fuori luogo nella sua intera figura, tutto il resto apparivano rigidi, pur non perdendo la sfumatura di un'eleganza non totalmente omogenea, quasi non di sua natura. 

- Le lezioni sono iniziate, sull'app troverai tutti gli orari. Ho avvertito i professori sul tuo arrivo e informato loro su tutto il necessario. Non ti sforzare, lascia che tutto prenda il ritmo in maniera quanto più naturale possibile. Questo è l'inizio di un nuovo percorso scolastico, certo, ma anche una nuova fase di vita, una possibilità di sperimentale qualcosa di differente, di nuovo. Dai tempo al tempo e vedrai che tutto inizierà a sembrare meno complesso e difficile. – Finì il suo discorso con tenero nei suoi occhi. – Fisso già da ora un appuntamento con te per la prossima settimana, venerdì, così mi aggiorni e insieme vediamo come poter migliorare, ovviamente se si presenta la necessità. –

Tasso annuì, rigido come la sua compagna.

- Va bene allora, vi lascio andare. Lascio tutto nelle tue mani Camilla, so che non mi deluderai. -

Mentre la signorina Ward frugava tra i cassetti della propria scrivania, Tasso si mise a leggere i diversi titoli della pila di libri di fronte a sé, trovando tra di essi l'Eneide di Virgilio, tutti gli altri non ne aveva mai sentiti nominare. 

La donna diede una chiave a Camilla, poi parlò: – Ora andate. La tua valigia Niccolò si trova nel tuo dormitorio, Camilla ti accompagnerà. Noi ci vediamo qui venerdì alle 11:00. Ti scrivo un'email per ricordatelo il giorno precedente. Mi auguro che tu ti possa sentire quanto più a casa possibile. Arrivederci ragazzi. – Furono le ultime parole della signora Ward. 

Accompagnò i due ragazzi alla porta, lo sguardo atterrito di fronte alla figura traballante di Tasso, il cui malessere sembrava averlo nuovamente colpito. La consapevolezza che Camilla fosse lì la rassicurava, conscia di non poter far altro che aspettare, sperare che quel giovane ragazzo trovasse da solo la forza di continuare.

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