Rinascere e morire

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Entrò nell'edificio con passi striscianti, il corridoio desertico risuonava sotto il suo peso, ogni passo amplificava il dolore pulsante alla testa. Si vide costretto ad appoggiarsi al grosso muro per assicurarsi di riuscire a mantenere quell'equilibrio penzolante. Doveva resistere ancora per poco, era questione di pochi metri. Tasso risultava scadente quando si trattava di farsi forza, e infatti si abbandonava all'idea di mettersi seduto, rimanere lì, da solo, e rialzarsi quando avrebbe ritrovato la capacità. Tuttavia il vedere di fronte a sé una coppia venire nella sua direzione, lo portò obbligatoriamente a persistere nella camminata. Il corridoio non era abbastanza ampio per lasciar passare tutti e Tasso si fece di lato, dando ai due la priorità. Non si soffermò sui loro dettagli, si limitò ad annuire quando i due lo ringraziarono.

Proseguì la ricerca della sua stanza, lo sguardo fisso sui numeri delle porte alla sua destra. La consapevolezza che da un momento all'altro qualcun altro potesse uscire fuori lo turbava. Arrivato al tre, bussò educatamente, aspettando un invito che mai arrivò. Aprendo la porta inciampò sui suoi stessi piedi, e ignorando tutto quello che non fosse il suo letto, lo raggiunse. Cadde come corpo morto sul letto, sprofondò finalmente nella quiete, e si augurò di non riemergere mai più.

Si dimenticò di mettere in carica il cellulare, di impostare la sveglia per domani e persino di chiudere totalmente la porta, lasciata in uno spiraglio.

Era finalmente tranquillo, senza pensieri a tormentarlo, libero dalla propria mente. Amava dormire tanto quanto amava rimanere da solo, e se avesse avuto la possibilità avrebbe fatto solo quello, ma non era possibile. Egli necessitava più di chiunque altro il contatto con l'esterno, la visione di una prospettiva differente dalla sua, da quella a cui era sempre stato abituato. Era una questione oggettiva per lui: l'essere umano necessita la socializzazione, e lui in quanto tale quello doveva ricercare. Poco importava se gli piaceva o meno, andava fatto, era un altro compito da svolgere, come alzarsi la mattina, respirare, rispettare le regole.

Non sognò quel giorno. Si ritrovò per la prima volta a non ricordare niente di quello che succedeva la notte, a non alzarsi in orari scoordinati, a non faticare nel riprendere sonno. Dormì tanto profondamente da non sentire le chiamate sul cellulare, da non udire il rientro del compagno e nemmeno i tentativi goffi di svegliarlo la mattina seguente.

Divenne dipendente da quella pace, da quel distacco dalla realtà, dove nulla esisteva, dove il tempo veniva fermato in un eterno silenzio e niente andava fatto.

Riemerse dal sonno lentamente, passo dopo passo; prima percependo dei forti dolori alle braccia dovuti al suo bizzarro modo di dormire, seguito da lontani voci di sottofondo, bisbigli a lui sconosciuti. Aprì gli occhi venendo abbagliato dalla forte luce del mattino. Tentò, in maniera fallimentare, di mantenere gli occhi aperti, di capire chi fossero le figure di fronte a lui, sagome sbiadite prive di volto, la cui voce arrivava a echi.

-Niccolò, - disse una voce femminile - stai bene? -

Trovò quella domanda peculiare. Riuscì a mettersi seduto sul letto, a mettere a fuoco quella stanza tutta nuova, caotica, sotto lo sguardo di quelle due figure. Era stordito, percepiva i suoi movimenti al rallentatore, quasi si trovasse nel suo mondo onirico, ancora lontano dal svegliarsi. Si sentì prendere la mano, un tocco gelido lo travolse, e senza la necessità di voltarsi, capì che chi aveva poco prima parlato era Camilla.

- Cos'è successo? - domandò lui, rinviato. - Perché sei qui? -

- Ti ho chiamato più volte, mi ha risposto il tuo compagno di stanza dicendomi che dormivi. Sono venuta a svegliarti, ma non rispondevi. Per fortuna stai bene. -

Tasso si stropicciò gli occhi brucianti, poi guardò l'orologio al polso: segnava le 14:12. Fu chiaro il motivo per cui si fosse preoccupata. Permise alla propria mente di riprendersi, di tornare a funzionare come doveva. Aveva la fronte sudata, i capelli incollati ad essa. I vestiti di ieri ancora addosso, le braccia intorpidite e una pulsante emicrania. Si mise a osservare la stanza intorno a lui. La sua parte era spoglia, la valigia e lo zaino giacevano ancora vicino al suo armadio, integre. Dall'altra parte regnava un caos enorme, tra scarpe, scatoloni vuoti e vestiti ammassati sulla scrivania. Poi incrociò lo sguardo di un ragazzo parecchio alto, scuro di pelle, dal corpo atletico interamente ricoperto di tatuaggi in piedi vicino alla porta, le braccia conserte al petto. Aveva l'aria preoccupata, eppure sorrise gentilmente quando Tasso lo guardò.

My Dear Melancholy,Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora