10. Poi

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If you remember me,
then I don't care if  everyone else forgets.

🎨CHLOE'S POV🎨

Con il passare dei giorni mi sono resa conto che accettare l'uscita con Colin fosse in parte un motivo per redimere me stessa. Un po' come se dicessi alla me diciottenne che continuava ad affermare che un giorno sarei stata degna di stare con uno come lui che quel giorno è arrivato, che è oggi.

E non perché io abbia subito dei cambiamenti fisici enormi, il mio aspetto mi è sempre piaciuto, era la mia mente il problema. Mi sentivo troppo stupida in confronto a lui, leggevo e scrivevo con troppa lentezza mentre Colin, quando aveva in mano un libro o una penna, sembrava non aver fatto altro in tutta la sua vita.

Quella era la parte sbagliata di me, il mio intelletto. Quel bastardo lo puoi nascondere finché le persone guardano solo il tuo lato estetico, quando invece la finite studiando insieme il problema lo devi affrontare, e ci sono due modi per farlo: il primo è il classico gioco di "punta il dito contro…", al liceo era il mio preferito; il secondo è il più difficile ed è la sfida di "accetta di avere una difficoltà e chiedi aiuto", questo era quello che preferivo meno.

Oggi non sono "più degna" della compagnia di Colin, ho semplicemente deciso di scegliere la seconda opzione.

«Hey Siri, che ora è?», grido dal bagno nella speranza che la voce raggiunga il telefono.

«Sono le nove e quindici», risponde la sua voce robotica.

Annuisco fra me e me e sistemo la felpa verde che ho indossato. Continuo a chiedermi se si abbini ai jeans blu e alle sneakers bianche, ma c'è qualcosa nell'outfit che non mi convince per niente. Saranno i capelli? Quando oggi mi sono svegliata erano tremendi e al solo vederli mi è peggiorato l'umore. Sì, è sicuramente colpa loro.

Opto quindi di fare una coda alta, ma anche quest'opzione fallisce quando iniziando a farmi male le braccia e abbandono l'impresa.

Se prima avevo l'umore a cinque, adesso è al di sotto dello zero.

«Capelli di merda. Uno di questi giorni mi faccio pelata», sibilo, gettando alla rinfusa la spazzola, il gel, e il pettine dentro il cassetto del bagno.

E adesso cosa faccio? Mi è rimasto il segno dell'elastico e non sono per niente dell'umore per piastrarmi i capelli: li brucerei apposta solo per far loro un dispetto.

Prendo un grande respiro e mi dirigo in salotto, stendendomi sul divano e iniziando piano piano a districarmi i capelli. Se voglio uscire di qui illesa e senza un pianto liberatorio alle spalle, devo calmarmi.

Dieci anni prima

Non so come, e sinceramente ho il timore di sapere anche il perché, ma Colin ha iniziato ad aspettarmi davanti ai cancelli scolastici sia all’inizio che alla fine delle lezioni, finendo ogni volta per accompagnarmi fino a casa. È successo ormai così tante volte che la mamma ha iniziato a chiedermi chi sia il ragazzo che torna con me, ho evitato una spiegazione elaborata dicendole che era un mio compagno di scuola con cui dovevo svolgere un progetto.

Oggi sono in ritardo perché ho perso l'autobus e ho dovuto aspettare dieci minuti in più per l'altro, quindi finisco per camminare veloce verso l'entrata mentre una figura che ormai ho imparato a conoscere mi si avvicina. «Chloe! Ma dov'eri finita?», domanda, affiancandomi e adattando il suo passo al mio.

«Ho perso l'autobus», spiego veloce mentre allungo la mano per aprire la porta già chiusa dell'ingresso.

Il braccio di Colin mi precede e mi invita a entrare. Non mi dilungo in convenevoli e lo supero, tendendo allo stesso tempo l'orecchio in attesa della chiusura della porta. Quando è di nuovo accanto a me riprendo a camminare.

The ten-years kissDove le storie prendono vita. Scoprilo ora