1. Carriera al rovescio

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Shu (dal cinese):
mettere l'altro nel proprio cuore.

🏀COLIN'S POV🏀

Dobbiamo parlare.

C'è chi trema davanti a un messaggio del genere perché è fidanzato, chi perché teme la madre (mi ritrovo in questo gruppo di persone piuttosto bene), e chi ha un manager bastardo come un cane. In questo momento faccio parte dell'ultima categoria di persone.

Sono seduto composto sulla sedia presente nel suo ufficio mentre attendo che Morgan si palesi al nostro appuntamento e mi esponga il problema che lo affligge tanto. La moglie vuole il divorzio e lui mi ha scambiato per uno psicologo? O forse la moglie è incinta e vuole dare la notizia a me per primo perché sono il suo preferito?

Alla sola menzione di un possibile marmocchio il mio cuore compie salti di gioia. Li amo, sono così carini. Immagino però che il bambino di Morgan, se prendesse dal padre, potrebbe nascere con una faccia schifata e guardare male tutti gli infermieri. In quel caso il solo rimedio sarebbe metterlo in braccio alla madre, Morgan è così tanto drogato di quella donna che credo manchi davvero poco dall'andare in overdose.

La porta alla mia destra si spalanca, rivelando la cupa figura del futuro padre. Scatto subito sull'attenti e vado verso di lui per lasciargli delle pacche sulle spalle. «Auguri vecchio mio!», esclamo, lanciandomi in un abbraccio stritola costole.

Morgan si stacca in fretta e furia da me, lanciandomi un'occhiataccia. «Non è il mio compleanno», enuncia, glaciale come il polo nord. Prende subito posto dall'altra parte della scrivania e congiunge la mani davanti a lui. «Devi tornartene per un po' a casa tua», annuncia senza aspettare un minuto in più.

Il sangue si ferma nelle vene, il cervello si ghiaccia manco avessi bevuto una granita tutta in una volta e le gambe cedono. Torno subito a sedermi e lo guardo a metà tra lo scioccato e il sorpreso. «Mary non è incinta?», domando, non trovando qualcos'altro di sensato da dire. Cazzo, questa sì che è stata una vera sorpresa. Non me l'aspettavo proprio.

Non appena sente il nome della moglie Morgan si addolcisce per un millesimo di secondo, tornando quasi subito rigido come un pezzo di legno. «A meno che ieri non sia rimasta incinta proprio su quella sedia, no, non è incinta», dice monotono, stendendosi poi sulla sedia in pelle nera.

Mi alzo di scatto e mi allontano il più possibile dalla poltroncina. «Morgan, e che cazzo!», esclamo, reprimendo i brividi di disgusto e dandomi un'occhiata veloce. Non mi sarò mica sporcato?

Lui esplode in una risata rumorosa, ma si ricompone subito. «In ogni caso, lo stato della mia famiglia non è affar tuo. Devi tornare dalla tua famiglia, adesso».

Nego con il capo, ancora scosso dalla notizia inaspettata. «Non voglio tornare a Padolf», enuncio prima di incrociare le braccia al petto.

Non torno in quella cittadina sperduta in mezzo alla campagna da dieci anni, sicuramente non ci tornerò adesso che mi sto abituando del tutto ai ritmi newyorkesi.

Morgan si massaggia le tempie con un'espressione schifata sul viso. «Dio che brutto nome», sussurra, per poi tornare a guardarmi. «Mi dispiace, devi». Non gli dispiace per niente al bastardo, proprio per niente.

«Io non ci torno. In quel buco non c'è nessuno! Mi piace New York, perché non posso stare qui?», chiedo, aggrottando le sopracciglia. Quando mi accorgo che abbiamo pressoché la stessa espressione la cambio, rilassando i muscoli facciali. Mi sto abituando così tanto a New York che ormai ho acquisito anche il loro carattere scorbutico e la loro continua fretta. Forse è anche un po' colpa del tempo, qui è quasi sempre nuvoloso, mentre a Padolf ogni tanto esce anche il sole.

The ten-years kissDove le storie prendono vita. Scoprilo ora