Le librerie. Parliamo di quanto fossero belle le librerie? C'era silenzio, calore e vita. Pagine e pagine di storie, vere o meno, che ti davano forza quando la realtà era tutto tranne che vivibile. Inspiravo l'odore delle pagine, del nuovo, dei libri; scegliendo la prossima sfilza di essi da portare a casa, optando per vari generi e molti classici. Arrivai alla cassa con 15 libri nuovi, un acquisto equo e appagante, dovevo dire. Ero entrato e non volevo più uscire, ma purtroppo dovevo.
Una cosa che odiavo? I sacchetti della libreria: rischiavano di rompersi ogni due secondi. E siccome io ero sfigato, avevo appena preso in pieno una ragazza e il mio sacchetto aveva deciso di far cadere tutti i miei libri, poiché si era appena strappato in due. No, non era una scena da libro romantico; io volevo solo bestemmiare e urlare come un folle perché non ne potevo più.
«Hey, posso darti una mano?» disse una voce tenera che mi fece alzare di scatto il capo per incontrare gli occhi di colei che stava parlando.
«Ti ringrazio, non serve» mi limitai a dire in modo più che distaccato, ma non sgarbato. Ma a lei non fregò, prese i libri e li mise in una sacca di tela che aveva in mano.
«I libri si rovinano facilmente e mi sembri una di quelle persone che ne ha molta cura. Ti regalo la borsa, straniero.» affermò, passandomela tra le mani mentre io restavo fermo a fissarla, sconvolto per la gentilezza ma anche per la bellezza che emanava.«Banana Yoshimoto? Hai buon gusto, è una delle mie autrici preferite.» continuò a conversare, probabilmente aspettando una mia risposta.
«Ti ringrazio, sconosciuta. Posso ricambiare questa gentilezza in qualche modo? Ti ringrazio anche per il complimento sui gusti. Sì, leggo i libri di Banana Yoshimoto e ho cura dei libri come se fossero miei figli» risposi con un tono più docile, questa volta.«Oh, non serve ricambiare! Sei straniero, vero? Si sente dall'accento.» chiese, ed io mi affrettai ad annuire, già sentendo il fastidio per la troppa socializzazione e invadenza.
«Già! Ora si è fatto tardi, devo andare. Grazie ancora e buona giornata!» salutai in modo banale, ma la ragazza ricambiò subito senza trattenermi, ringraziando il cielo. Mi incamminai verso la macchina e, una volta dentro, misi in moto fino alla mia dolcissima dimora.Circa mezz'ora dopo, ero finalmente seduto davanti a un buon piatto di tagliatelle al ragù che avevo orgogliosamente ordinato su Glovo. Non avevo voglia di cucinare, figuriamoci di mangiare. Non riuscivo a non pensare a quella ragazza e a come fosse riuscita a farmi parlare senza farsi mandare a quel paese. Non ero maleducato, ma odiavo conversare. Non mi ero nemmeno accorto che, a forza di pensare a quello che era successo oggi, avevo praticamente finito di mangiare e stavo provando a prendere il nulla con la forchetta, visto che il piatto era ormai vuoto.
Ridacchiai lievemente alla mia sbadataggine e sparecchiai, mettendo tutto nella lavastoviglie. Io ero un principino e non c'era cosa che mi faceva più ribrezzo di lavare i piatti, oltre le carote. Poi mi ricordai della borsa di tela e del fatto che dovevo mettere i miei amati libri in ordine, quindi mi incamminai verso la libreria con essa in mano, pronto a sistemare tutto correttamente e con attenzione.
Dopo una decina di minuti, la borsa era finalmente vuota. La piegai con cura, in modo tale da conservarla, ma un piccolo particolare mi fece cadere l'occhio sul bordo: c'era cucito sopra un nome. "Scarlet Leister". Preso dalla curiosità, entrai su Instagram e cercai il nome. Era la ragazza di oggi.
Ma chi cavolo metteva il proprio nome su una borsa? pensai. Volevo seguirla, ma avevo paura pensasse fossi pazzo e quindi... lo feci comunque. Avrei usato come scusa la borsa e il fatto che volevo restituirgliela. La vita era una, no?
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Polluce, splendi per primo!
RomanceEfrem Relish intraprende un viaggio alla ricerca di una nuova esperienza, deciso a lasciare alle spalle la sua famiglia e la sua città natale, nella speranza di dare una svolta alla sua vita. Determinato a costruirsi un nuovo presente, cerca di sfug...