Bad Blood:

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L'orologio fissato alla parete segnava le 6:00 in punto quando, con un sobbalzo, gli incubi decisero di strappare il mio corpo al sonno. Il cuore batteva forte nel petto, ogni respiro sembrava un atto forzato, come se l'aria stessa fosse densa e difficile da inalare. Non riuscivo a calmarmi. Cercavo di ricordare tecniche per riportare la pace, ma la verità era che non mi sentivo al sicuro. Non qui. Solo tra le mura di casa potevi trovare un minimo di serenità. Mi limitai a fissare il soffitto, sperando che quell'angolo di intonaco potesse scacciare via la tempesta interiore.
Ma fu peggio quando: il flashback innescato dall'incubo mi travolse, come un'onda troppo forte per essere fermata.

FLASHBACK:

«Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Efrem...»

Era il giorno del mio ottavo compleanno. Il coro familiare risuonava nell'aria, accompagnato dai sorrisi che tutti si aspettavano di vedere in un'occasione simile. La stanza era addobbata con palloncini colorati e festoni sgargianti, eppure dentro di me c'era solo una sensazione di vuoto. Un sorriso forzato si dipinse sul mio volto, un'espressione che cercava di nascondere quanto fossi lontano da tutto ciò. Era una scena che si ripeteva ogni anno, ma nessuno sembrava notarlo.

Molti bambini a quell'età si sentono in imbarazzo durante il classico momento della torta, oppure sono così estroversi da battere le mani e cantare in coro con gli invitati. Ma avete mai visto un bambino di otto anni preferire essere ovunque tranne che alla sua festa di compleanno? Non era normale. Eppure, spensi comunque la candelina. Il momento era arrivato: «Esprimi un desiderio»mi dissero. Lo feci, come ogni anno, e come ogni anno, il desiderio rimase sempre lo stesso. Uno che sapevo non si sarebbe mai avverato.

«Grazie a tutti» dissi, educato, come mi avevano insegnato. Ma il mio sguardo vagava, scorrendo tra le persone presenti. Pochi amici, se così potevano essere chiamati. Era estate e come al solito, quasi tutti erano in vacanza o impegnati altrove. Restava la mia famiglia. E poi c'era lui.

Il carnefice.

La sua sola presenza bastava a congelare ogni possibile emozione positiva. La paura si insinuava in me come un veleno, soffocando tutto il resto. Non era una paura normale, quella che si prova da piccoli per i mostri sotto il letto. Era una paura viscerale, profonda, quella che ti paralizza e ti costringe a rimanere immobile, incapace di reagire. A otto anni avrei dovuto preoccuparmi solo di giochi e risate. Invece, conoscevo fin troppo bene un gioco insulso, crudele, che avevo imparato troppo presto. E la paura era lì, come un'ombra costante, a ricordarmi che non c'era via di fuga.

FINE FLASHBACK.

Il ricordo mi travolse con una violenza inaspettata. Mi alzai di scatto e corsi in bagno. Il mio corpo reagì come poteva: vomitai tutto ciò che avevo ingerito quella sera. Il sapore amaro e la sensazione di soffocamento erano nulla in confronto a ciò che provavo dentro. Sentivo il bisogno disperato di pulirmi, di scacciare via quella sensazione di sporco, di impurità che sembrava avvolgermi come una seconda pelle. Iniziai a strofinarmi le mani su braccia e viso, sfregando fino a quando la pelle non si arrossò. Ma non era sufficiente. Non poteva mai esserlo.

Una volta uscito dal bagno, un rumore insolito mi immobilizzò. Il corridoio era buio e non riuscivo a capire cosa avesse provocato quel suono. Stavo decidendo se andare a controllare o meno, quando una conversazione mi trattenne.
Maledetto io e la mia curiosità.

«Non ora, non possiamo dirglielo...» La voce, un sussurro appena percettibile, era preoccupata, ma non riuscivo a capire a chi appartenesse.

«Sono stufa di aspettare, non ce la faccio più!» Questa invece era Eloise, riconoscevo la sua voce, più squillante rispetto all'altra. Incuriosito, decisi di avvicinarmi, ma nel farlo sbattei il mignolo del piede contro un mobile. Mi contorsi dal dolore, zoppicando fino alla mia stanza, dove mi chiusi dentro, pregando che non avessero sentito le mie imprecazioni. Se "sbadato", fosse stato un titolo nobiliare, io sarei stato il re.
Durante il tragitto per il ritorno in camera la mia testa si riempì di domande, ad esempio: Cosa nascondono?Era Edvin l'altra persona?Arrivai in camera e mi diedi una tregua, ero fin troppo stanco.
Mi gettai sul letto, afflitto da quella nottata turbolenta, e, nonostante tutto, riuscii a riprendere sonno per circa due ore.

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