10. Mrs Doubtfire - Joanne

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𝄞 Everglow - Coldplay

«Stai davvero suonando al campanello?» chiesi divertita a Karter.
«Sì. Non ho mai visto mio padre flirtare con una donna, figuriamoci se me lovoglio ritrovare a...»
Il signor Hill apparve sulla porta con un sorriso genuino. «A?»
«Ciao papà!» Karter lo salutò.
«Papà Devin», alzai una mano e sorrisi. Non ricordavo il giorno in cui avevo iniziato a chiamarlo in quel modo, ma non era importante in fin dei conti, perché noi ci sentivamo a nostro agio nel nostro legame.
Devin abbracciò Karter e poi me, sollevandomi dal pavimento per un istante. «Di cosa stavate confabulando voi due?» chiese, facendoci cenno di raggiungere la sala da pranzo. Un profumino delizioso mi solleticò le narici, Devin era un ottimo cuoco. «E perché non hai usato le chiavi?» Si rivolse al figlio che si lanciò su una sedia e rubò una patata dall'arrosto.
«Abbiamo trovato mia madre a fare sesso in cucina», spiegai sedendomi accanto a Karter. «Non voleva che accadesse lo stesso con te.»
Devin scoppiò a ridere, letteralmente. Si dovette tenere la pancia e gli occhi iniziarono a lacrimargli, talmente rideva.
Karter inarcò un sopracciglio. «Papà?»
«Che ti salta in mente?» sbuffò tra le risa.
«Ti sei congelato l'uccello senza dirmi niente?» rimbeccò Karter. «Perché, a meno che non sia così, dubito fortemente che ti sia concentrato su una donna solo per creare questo tocco di gnocco che hai come figlio.»
Devin bevve un sorso d'acqua, asciugandosi gli occhi umidi. «Non posso certo dire di essermi concentrato abbastanza, dopo di te. Non avrei più saputo ricreare un essere perfetto come lo sei tu.»
Karter nascose un sorriso e rispose: «Papà, qui sono io il musicista, le sviolinate lasciale a me.»
«Non sto mentendo.»
Karter sapeva che non lo stava facendo. Devin si era preso cura di lui da sempre. Non aveva mai ingaggiato una baby-sitter per cambiargli i pannolini o per cullarlo durante le notti interminabili di coliche. Era sempre stato un padre presente, nonostante portasse avanti i suoi affari con estrema diligenza, suo figlio aveva la precedenza su tutto e tutti.
Abbassai gli occhi senza volerlo. C'era stato un tempo, molti anni prima, in cui vedevo Devin come una sorta di angelo sceso dal cielo, una rarità. Mi chiedevo sempre cosa avessi fatto di sbagliato per indurre il mio papà ad andarsene e mia madre a odiarmi tanto, e poi guardavo Karter sulle spalle del padre e lo invidiavo per il modo in cui condividevano il mondo. Erano parte di qualcosa ed erano fortunati a esserlo.
«Piccola J, tu come stai?» chiese Devin, sollevandomi il mento con una mano; con l'altra mi stava riempiendo il piatto.
«Bene», mentii.
«Signorina, da quanto tempo dici bugie al tuo povero vecchio?»
«Papà, non è il caso di parlarne», mormorò Karter, posandomi un braccio sullaspalla.
Devin mi accarezzò una guancia. «Giusto. Prima mangiamo. Le cose si vedono diversamente con la pancia piena.» Poi, avvicinò i flaconi con le salse al mio piatto e sorrise: «Le ho preparate con queste mani qui, solo per te!»
Sorrisi intenerita e ne versai una dose generosa sulle fettine di carne irresistibilmente morbida.
«La cocca di papà», brontolò Karter, fingendosi offeso.
«Sta' zitto tu», lo rimproverò Devin, sempre col riso sulla bocca. «Ti ho preparato il tiramisù.»
«Mi spieghi come hai fatto a fare tutto questo, se ti ho avvisato solo stamattina?» domandò Karter, iniziando a rifocillarsi di cibo, così da terminare il più in fretta possibile per dedicarsi al dolce.
Devin si alzò e si mise al centro tra la mia sedia e quella di Karter, ci strinse in un unico abbraccio. «Un padre che vuole rendere felici i proprifigli, diventa un super eroe.» Lasciò un bacio sulla nuca di entrambi e tornò a sedersi al suo posto.
Io sorrisi commossa e mi avventai sul piatto, rimanendo ad ascoltare Karter e Devin che parlavano dei Giants. A Karter scappò anche un commentuccio poco casto sui genitali di Darren Waller che Devin accolse con quattro colpi di tosse e un: «C'è una signorina qui davanti!»
Karter mi guardò, imitando il segno di un'aureola angelica e mi spinse, facendomi quasi cadere dalla sedia. Per fortuna lui riuscì ad afferrarmi prima che la mia faccia schiantasse contro il tappeto Hermès da quasi ventimila dollari; sarebbe stato un peccato macchiarlo con il mio sangue.
«Ti sei fatta male?» domandò allarmato Karter.
«Vado a prendere il ghiaccio», si affrettò ad aggiungere Devin.
«Sto bene!» li fermai, mostrando la mia faccia intatta.
«In questo caso, vado a prendere il tiramisù», ritrattò Devin, scompigliandomi i capelli, più di quanto non lo fossero già.
Karter mi strinse la faccia al suo petto e mi accarezzò un fianco. «Ti avrei ucciso se mi avessi costretto a rinunciare al mio dolce preferito per portarti in ospedale.»
Era il suo modo carino per dirmi che era contento di non avermi deturpata. «Ma come farei senza di te?» chiesi sollevando il viso verso di lui. Il mio mento era premuto sul suo petto e i miei occhi incollati a suoi. Avevo sempre ammirato la sua diversità e ancora di più apprezzavo il suo modo di fregarsene dei commenti all'esterno. Era un americano con tratti coreani ed era gay, la gente era cattiva e davvero inopportuna, ma lui si lasciava scivolare via tutto il marcio, trattenendo il sole dentro di sé.
Karter racchiuse il mio viso con le sue mani e strofinò il naso contro il mio. «Temo che saresti già bella che morta senza di me, Jo. Non riesco più a contare le volte che ti ho impedito di sfracellarti al suolo.»
«Hai ragione. Ti devo la mia vita, Karter.»
«Non esagerare. Mi basta la tua fetta di tiramisù, come ringraziamento.» Sorrise e mi lasciò un bacio veloce sulla bocca, prima di girarsi e afferrare il piatto con il mio dolce che Devin aveva appena portato in tavola.
«Brutto. Sporco. Troglodita.» minacciai seguendolo all'altro capo del tavolo.
«La smettete di comportarvi come due bambini?»
«Lei ha preso più salsa», obiettò Karter. «Io voglio più tiramisù.»
«Ma non me ne stai dando nemmeno un po', così», replicai con le mani sui fianchi.
Devin si passò una mano sui capelli neri e scosse la testa. «Ragazzi, in frigo c'è abbastanza dolce per una squadra di football.»
Karter allargò gli occhi e mi consegnò il piatto, correndo in cucina.
Io mi sedetti e assaggiai quella squisitezza home made, gustandola a occhi chiusi.
«Allora», iniziò Devin, posando una mano sulla mia. «Come ti senti davvero?»
Lasciai cadere la forchetta e presi una boccata d'aria, prima di sollevare lo sguardo su di lui. «Mi sento spaventata. Mia madre non sente la mia mancanza; la scuola, beh, non è facile. Non mi aspettavo che lo fosse, stiamo parlando della Juilliard, accidenti!»
«Hai passato tre settimane insonni per le prove d'ammissione, l'anno scorso.»
«E adesso che ci sono dentro, non riesco nemmeno a stare al passo.»
«Lavori troppo, ragazza mia. Lascia che io...»
Scossi la testa. «No, ti prego. Non voglio che tu lo faccia.»
«Voglio prendermi cura di te.»
Iniziai a torturarmi le dita. «Dovrebbe farlo qualcun altro, capisci? Qualcuno a cui non importa.»
«Tua madre ti vuole bene. Altrimenti non ti avrebbe cresciuta, nonostante tutte le difficoltà. Ti avrebbe data in adozione o avrebbe interrotto la gravidanza, se non provasse quello che prova ogni madre con in grembo suo figlio.»
«Come ha fatto mia madre?» commentò Karter, spuntando all'improvviso con la teglia in mano e il labbro sporco di crema. «Cosa ha provato lei, con in grembo suo figlio?»
«Per lei è stato complicato. Era fuori...»
«Dal suo paese, dalla sua casa. Lo so, papà.»
«So che non posso parlare per l'umanità intera e so che non posso fare a te da madre,» guardò Karter e poi me, «so che non posso fare a te da entrambi i genitori. Ma concedetemi di provarci. Concedetemi di essere il vostro Mrs Doubtfire.»
«Permesso accordato. A patto che tu faccia più teglie di questo», rispose Karter, più rilassato.
«Grazie», riuscii a dire io.
Devin allargò le braccia e ci accolse, stringendoci con tenerezza. «Non posso crederci che a vent'anni mi sbrodoli ancora le camicie», commentò divertito, guardando la macchia di tiramisù che Karter aveva trasferito dalla sua bocca alla camicia di lino del padre.
Karter rise innocente e ci strinse più forte. «Shh, rovini il momento.»

Firts Girly LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora